2024-02-18
Sulle confische degli asset russi dopo lo slancio cominciano i dubbi
Il Consiglio Ue vuole usare per Kiev i 260 miliardi di riserve congelate della Banca di Mosca. Però la società che li custodisce avvisa: «Così destabilizziamo i mercati». I nostri: Usa e Canada ci aizzano, ma non rischiano.Saranno giorni febbrili quelli fino al 24 febbraio, quando Giorgia Meloni per l’Italia presiederà, in videoconferenza, il vertice straordinario del G7.In discussione ci sarà l’impegno degli alleati occidentali a favore dell’Ucraina nel secondo anniversario dell’invasione russa e in un momento molto delicato per quanto riguarda l’entità di quell’impegno, decisivamente condizionato dalle risorse finanziarie disponibili. Il Consiglio europeo è stato per circa due mesi impantanato in aspre discussioni per destinare 50 miliardi a Kiev, nulla di paragonabile ai circa 500 miliardi stimati necessari per la ricostruzione.E qui entrano prepotentemente in gioco i circa 260 miliardi di riserve della Banca centrale russa sequestrati nei primi mesi della guerra. Le riserve delle banche centrali sovrane sono giuridicamente protette, intoccabili.Tuttavia fervono da mesi i preparativi per sottrarre quei fondi ai russi e il Consiglio della Ue ha già varato qualche giorno un pacchetto di norme che prepara la strada per la definitiva confisca. Ma ora serve il passo finale, il tempo stringe, ma una soluzione che non si riveli un boomerang per la Ue e l’euro tarda ad arrivare.Venerdì, il Financial Times ha intervistato Lieve Mostrey, Ceo di Euroclear, la società di diritto belga che svolge il delicatissimo ruolo di depositario centrale di queste riserve. La signora è il custode di 191 dei 260 miliardi russi e ha seminato altri dubbi sui preparativi in corso. Gestisce una massa di 37.700 miliardi di euro in obbligazioni e depositi bancari di istituzioni di tutto il mondo e da 12 anni è il crocevia principale da attraversare per muovere attività finanziarie da e verso la Russia.La Mostrey ha gettato un secchio di acqua gelata sul progetto belga, circolato tra le capitali del G7, per utilizzare i capitali russi sequestrati in Belgio come garanzia per l’emissione di obbligazioni, il cui rimborso dovrebbe avvenire a spese dei russi, eventualmente utilizzando i fondi sequestrati. «Sarebbe l’equivalente di una confisca, seppure indiretta, e avrebbe lo stesso effetto destabilizzante sui mercati di una confisca diretta», ha dichiarato. Ha aggiunto che «è fiduciosa che prudenza e raziocinio prevalgano, perché la confisca avrebbe un impatto significativo sulla fiducia nel sistema Euroclear, nel mercato europeo dei capitali e nell’euro». «Non è possibile che gli impegni giuridici di Euroclear verso la Russia cessino di esistere all’improvviso», ha concluso.La sua opinione è che ci siano molti meno rischi nella confisca dei soli profitti derivanti da quelle attività finanziarie - «una mossa che comprenderemmo» - che nel 2023 sono stati pari a circa 4,4 miliardi di euro e che sono tuttora presso Euroclear. Ma è evidente che si tratta di pochi spiccioli rispetto a 191 miliardi di capitali ed è su quest’ultima somma che il G7 vorrebbe mettere le mani.Euroclear è già impegnata in circa 100 giudizi davanti alle corti russe, molti dei quali conclusi con esito negativo, e altri ancora se ne aggiungeranno.L’importanza della partita che si sta giocando in queste ore che ci separano da sabato prossimo la si avverte leggendo il fuoco incrociato delle dichiarazioni.La portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha reagito alle norme varate da Bruxelles senza tanti giri di parole. «È un furto» e la risposta di Mosca sarà «estremamente dura e ci comporteremo come ci si comporta con i ladri», confiscando a loro volta attività finanziarie Usa ed europee. La canadese Chrystia Freeland, ministro delle Finanze, nelle stesse ore ha invece condiviso le nuove norme Ue e ha promesso che con i colleghi del G7 proseguirà il lavoro per assicurarsi quei fondi.Il messaggio più deciso è arrivato dall’Estonia, dove il segretario generale del ministero degli Esteri, Jonatan Vseiov, ha esplicitamente ammesso che il suo Paese sta spingendo affinché siano confiscati al più presto 150 miliardi di euro di attività russe. La sua preoccupazione è infatti rivolta alle recenti dichiarazioni del molto probabile candidato repubblicano alla presidenza Usa, Donald Trump, circa un relativo disimpegno dalla Nato. «È essenziale che le attività siano confiscate prima della fine dell’anno, preferibilmente prima delle elezioni Usa. Se aspettassimo troppo, potrebbe essere troppo tardi». Il timore è che l’assenza di aiuti a favore di Kiev potrebbe consentire ai russi di annettersi altre porzioni di territorio ucraino. Gli ha subito fatto eco l’ex segretario generale della Nato, Anders Rasmussen, che sempre sul Ft, ha invitato i governi del G7 a non esitare nell’impossessarsi al più presto di tutti i capitali russi. La preoccupazione per la stabilità finanziaria deve cedere il passo a quella, ben più grave, dello sfondamento russo in un’Ucraina lasciata senza risorse.L’ennesimo fronte di scontro è quello tra la Germania e il gigante petrolifero russo Rosneft. I cui legali qualche giorno fa hanno formalmente diffidato Berlino dall’appropriarsi di tre raffinerie del gruppo russo, che dall’anno scorso sono sotto l’amministrazione fiduciaria dell’agenzia federale dell’energia tedesca. Il prossimo 10 marzo tale regime speciale scadrà e il governo tedesco ha il grattacapo di dover garantire la continuità operativa di stabilimenti essenziali per i rifornimenti di carburanti per intere regioni della Germania (una sola raffineria soddisfa il 95% del fabbisogno della regione di Berlino-Brandeburgo). La soluzione è quella dell’esproprio delle azioni in capo a Rosneft e il ministro dell’Economia ha già avviato ufficialmente i primi passi. Definiti dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, niente altro che «l’espropriazione di beni altrui che danneggiano le fondamenta legali ed economiche dei Paesi europei con profonde conseguenze per chi prende certe decisioni».Si deve però denunciare la clamorosa asimmetria di questa guerra economica, dove sulla linea del fuoco c’è sola la Ue e l’euro e gli altri membri del G7, Usa e Canada in testa, sono comodamente seduti al circolo ufficiali. Loro rischiano poco o nulla, anche se si unissero a noi nella confisca, perché detengono una quota modesta dei fondi russi nel mirino. Siamo noi che rischiamo.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.