2023-04-27
Con Sergio bimbi ok, con Giorgia no: lo chiamano giornalismo
Il capo dello Stato festeggia la Liberazione tra scolaresche acclamanti, bandierine e selfie. Ma quando, qualche settimana fa, la Meloni aveva fatto la stessa cosa, si era parlato di figli della lupa e propaganda di regime. Due narrazioni diverse e significative.C’è il martedì fascista e il martedì antifascista. La differenza sta tutta lì, in quell’anti messo davanti all’aggettivo. Da un lato, c’è l’adunata di bambini alla festa dell’Aeronautica militare, che ha suscitato immenso scandalo sulle pagine di alcuni giornali. Dall’altro c’è l’adunata di altri bambini alla festa del 25 aprile, che ha generato invece tanta commozione sulle pagine degli stessi giornali che un mese prima fremevano di indignazione. Due eventi istituzionali, apparentemente simili, ma con una lieve differenza. Al primo presenziava Giorgia Meloni, al secondo Sergio Mattarella. Dunque, il problema sta nell’ospite e ovviamente nel fascismo, che si agita come uno spauracchio a seconda della convenienza. Martedì 28 marzo, il presidente del Consiglio partecipava all’evento organizzato per i cento anni delle nostre forze armate di cielo. I reparti dell’Aeronautica erano schierati, a disposizione di tutti i cittadini, per mostrare «un fiore all’occhiello della nostra nazione». Come si è visto con l’operazione di salvataggio dei nostri connazionali (ma non solo) in Sudan, e come disse in quell’occasione Giorgia Meloni, l’aviazione militare italiana «è una grande ambasciatrice della nostra credibilità, del nostro coraggio, della nostra serietà e della nostra umanità». Ma invece di applaudire, quel giorno di un mese fa la grande stampa, sobillata dall’opposizione, si mise di traverso. Le fotografie con tanti bambini muniti di bandiera italiana fecero il giro delle redazioni. Si vedeva il premier che abbracciava i ragazzini e faceva selfie con loro. Immagini che bastarono a far sollevare il ciglio agli indignati speciali, i quali per l’appunto parlarono di sabato fascista, rievocando le adunate del ventennio con tanti piccoli balilla. Ciliegina sulla torta, Meloni si fece ritrarre seduta al posto di comando di un aereo da combattimento. Una posa «militarista» che fu usata e abusata, in quanto da essa avrebbe traspirato un’aria di regime. Tutto, ribadisco, per uno scatto e via, con tanto di volti dei minori oscurati. Martedì 25 aprile invece, ecco tutta un’altra musica. I bambini in piazza non sono più i figli della lupa, ma quelli della Resistenza. Grande foto in prima pagina su Repubblica, con Sergio Mattarella circondato da un nugolo di ragazzini con le bandiere in mano. Tolto il presidente, lo scatto pare uguale a quello di un mese prima. Qui però non c’è aria di regime, ma fischia il vento della rossa primavera e nel quotidiano della sinistra radical chic non si trattengono. Infatti, riempiono con le immagini di bambini anche le pagine interne, accompagnando le istantanee con un titolo che è copiato da quello uscito il giorno prima sulla testata gemella, vale a dire La Stampa: «Ora e sempre Resistenza». I fanciulli non hanno il fez e neppure la camicia nera, dunque sono iscritti d’ufficio all’Anpi. Anche loro, come quelli di un mese prima, sventolano bandierine dell’Italia, ma in quell’occasione c’era la Meloni e dunque, pur essendo ragazzini sovrapponibili a quelli della piazza di Boves, in provincia di Cuneo, sono iscritti d’ufficio al Pnf. Mussoliniani in erba, per il solo fatto di applaudire Giorgia Meloni, primo premier venuto da destra (lei, più della Schlein, non è stata vista arrivare, prova ne sia che da mesi la sinistra soffre di un gran brutto risveglio). Come partigiani in fasce sono invece trattati gli altri, quelli che martedì hanno battuto le mani a un compiaciuto presidente della Repubblica. Due pesi e due misure della libera stampa, che di libero ormai non ha nulla perché da anni incatenata a una faziosità senza pari? Esatto. Nella versione dei nuovi resistenti non sono ammessi revisionismi né riletture della storia patria, anche se ci sarebbe molto da rileggere e rivedere, come dimostrò vent’anni fa Giampaolo Pansa, l’unico che da sinistra abbia avuto il coraggio di aprire i sepolcri della storia patria e per questo l’abbia pagata cara. Il 25 aprile, Repubblica ha giustamente titolato in prima pagina «Italia divisa». Come può infatti essere unita, se perfino la presentazione di due piazze di bambini è messa al servizio di una sola parte? Come può un Paese avere un’identità se invece di applaudire a un servizio militare per la patria lo si usa strumentalmente per fare campagna politica? So già che le domande rimarranno senza risposta, perché con quei «figli della Resistenza» contrapposti a quelli normali dell’Aeronautica, ci sono già la visione che ha la sinistra del mondo e la divisione che cerca di operare. Un’ultima questione: la prima pagina di Repubblica (ma anche quelle interne della Stampa) dimostra anche che ci sono bambini di serie A e altri di serie B. I primi possono essere mostrati in barba alle regole deontologiche, gli altri no. I primi sono figli della Resistenza e non devono essere censurati. Gli altri, che non sono portatori sani di motivi ideali, vanno oscurati. Anni fa pubblicai il volto di un bambino mai nato, che i nonni avevano rivestito e fotografato nella camera mortuaria. Venni censurato dall’Ordine dei giornalisti perché non si possono pubblicare le foto dei minori. Evidentemente, con una sola eccezione: se sono iscritti all’Anpi si può.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)