2022-03-06
Con l’embargo l’inflazione va al 7,5%: per l’Italia in vista 71 miliardi di danni
Studio Anpit sull’impatto della guerra nel nostro Paese. Se continuerà il blocco dello Swift, bruceremo 1,5 punti di Pil in tre anni e vedremo azzerarsi l’export. Solo nel turismo, 1,5 milioni di presenze in meno.Dopo due anni di pandemia, il conflitto in Ucraina peserà concretamente sul tessuto economico e produttivo italiano, che sperava nel 2022 come l’anno della ripresa. Oggi a dare i numeri concreti sulle conseguenze della guerra per gli italiani è il centro studi Articolo 46 dell’Anpit azienda Italia, l’associazione nazionale per l’industria e il terziario, e lo fa attraverso un’analisi approfondita su effetti e ricadute sul sistema delle imprese italiano a causa di rincaro energetico, inflazione, blocco di export (che vale 12 miliardi all’anno), commercio e comparto turistico. Due gli scenari. Il primo, nel caso di una rapida pacificazione e l’adozione da parte dell’Ue di sanzioni economiche «soft» o comunque che non determinino una sostanziale rottura delle relazioni commerciali con la Russia, vedrebbe un’inflazione attesa al 5% e un conseguente calo dei consumi fino a 5 miliardi di euro (prezzo del petrolio +22%; gas +48,5%; export verso la Russia - 68%; un punto in meno di Pil nel prossimo triennio). Il secondo scenario, con l’ipotesi di una prosecuzione della tensione militare nelle prossime settimane o mesi, pur senza l’intervento diretto della Nato, e l’adozione di sanzioni durissime come l’esclusione dal sistema di pagamento Swift e l’embargo commerciale, ossia un blocco completo di tutto l’import-export verso e dalla Russia, provocherebbe un’inflazione al 7,5% con un conseguente calo dei consumi fino a mezzo punto di Pil (8-10 miliardi), con prezzo del petrolio a +38%, gas a +70%, export verso la Russia praticamente azzerato e crescita del Pil ridotta di un punto e mezzo percentuale nel prossimo triennio. In totale, un conto da circa 71 miliardi. «Noi speriamo di dover affrontare il primo scenario dell’analisi perché il secondo sarebbe davvero tragico per il tessuto economico produttivo. Per evitare la spirale inflazionistica resta valida la proposta che facemmo per la pandemia anche perché i 5,5 miliardi di euro stanziati dal governo a parziale copertura del carobollette nel primo trimestre 2022 non bastano», spiega il presidente Anpit Federico Iadicicco. L’associazione perciò propone di congelare per quest’anno il differenziale tra i prezzi attuali e i prezzi medi dell’energia fino al 2020, al netto dei costi coperti a fondo perduto dal governo, concedendo così alle imprese la possibilità di rinviare il pagamento del sovrapprezzo. Secondo Iadicicco serve «un’alleanza tra lo Stato, gli istituti di credito e le imprese per fronteggiare l’onda d’urto dell’impennata dei prezzi delle materie prime: lo Stato si impegna a prestare la garanzia pubblica tramite il Fondo di garanzia Mediocredito centrale, le banche si impegnano ad anticipare il differenziale della spesa energetica, insostenibile per le imprese, che a partire dal secondo semestre 2023 restituiranno il debito avvalendosi di un piano di ammortamento su base decennale». Tutto per evitare la stagflazione, ovvero un Pil in calo e un’inflazione che corre non per i consumi ma per il rialzo dei prezzi delle materie prime. Non basta. «Con questa situazione» avverte il presidente, «le risorse del Pnrr saranno bruciate per un terzo: un vero disastro per l’Italia».Dallo studio Anpit l’aumento delle bollette oltre che del petrolio ma soprattutto la crisi russo-ucraina e le sanzioni contro Mosca provocheranno il congelamento dei flussi turistici, voce pesante sul Pil nazionale: 13% per un totale di 230 miliardi. Prima della pandemia, nel 2019, la Russia era il terzo Paese extraeuropeo (dopo Usa e Cina) con più visitatori in Italia, 1,7 milioni l’anno, con la più alta permanenza media e cioè 3,7 notti, per una spesa complessiva di 2,5 miliardi. Dopo due anni di numeri dimezzati, nel 2022 si prevedeva una ripartenza del turismo straniero che però la guerra ha di fatto stoppato. L’assenza dei russi si sentirà già il 24 aprile, la Pasqua ortodossa, quando nel Belpaese si registravano 175.000 presenze russe per un totale di circa 20 milioni di fatturato per le attività ricettive. Nel 2019 la spesa complessiva dei turisti russi (quasi 2 milioni di arrivi) si attestava a 2,5 miliardi, oltre l’1% del valore complessivo derivante dal settore turistico.Oggi le previsioni non sono rosee. L’ipotesi più ottimistica, che considera l’impatto della guerra e delle sanzioni uguale a quello del Covid, prevede la perdita di 900.000 turisti russi e di 1 miliardo di euro. La più pessimistica prevede un tracollo del turismo russo in Italia, con un -80% rispetto al 2019 e quindi la perdita di 1.500.000 di turisti russi, pari a 1,7 miliardi di introiti.«Il turismo russo è un pezzo importante della nostra economia, una criticità forte per le nostre imprese» dice Iadicicco, «Basta questo settore per prendere coscienza delle ricadute economiche nel nostro Paese e pensare bene al nostro ruolo e a quello dell’Occidente per riportare la pace e ripristinare i rapporti con Mosca. Va perseguita la via della diplomazia per mettere fine alla guerra ma temo che manchi un vero mediatore. Intanto è un atto isterico, oltre che velleitario, censurare tutto ciò che è russo».