
Sei in Lombardia e una in Emilia Romagna. Oltre 400 Comuni hanno imposto limiti all’uso dell’acqua Il governo promette interventi: possibili razionamenti in tutta Italia. Le Regioni chiedono lo stato di calamità.Senz’acqua e senza luce, l’Italia è in bolletta (cara). Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, ci ha fatto sapere mentre il Paese boccheggia con temperature da bollino rosso - oggi a Bologna e Bolzano - che «la risorsa idrica è essenziale per le centrali per produrre energia». In effetti già sette turbine sono state spente. Intano agli italiani starebbe per arrivare un annuncio drammatico: razionamento dell’acqua in tutte le città. Perché il governo non sa fare altro che chiudere i rubinetti quando i fiumi ormai si sono seccati. Anche se si annuncia un fantomatico piano nazionale. Cingolani ha però ragione: fermare le centrali idroelettriche significa rinunciare a oltre il 17% del totale energetico dell’Italia e, ora che non c’è il gas russo, è un problema serio. In più i condizionatori stanno andando a palla: li possiede metà degli italiani, il 28% non li spegne mai. Evidentemente l’alternativa proposta da Mario Draghi tra pace, che significa armi all’Ucraina, e frescura con queste temperature e rubinetti a secco non è nelle cose. Non c’è molto altro da dire se si sa che a fronte di incassi puntuali di tasse spesso ingiustificate i Consorzi di bonifica da 20 anni hanno fermo un piano di invasi di soccorso che dovrebbero raccogliere le acque piovane. Non c’è molto altro da dire se l’Istat certifica che gli acquedotti italiani, con tariffe però sempre crescenti, disperdono il 40% della portata. E forse c’è poco da aggiungere se la Coldiretti può dire, non smentita, con il il suo presidente Ettore Prandini: «Si perde l’89% dell’acqua piovana e accanto a misure immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione, appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo». Qualcuno spieghi però al ministro scienziato che forse l’acqua serve anche per l’agricoltura e che il corpo umano è fatto per abbondanti sette parti su dieci di H2O (anche l’idrogeno vogliono cavarlo dal legame con l’ossigeno per farci l’energia), che lo stesso vale per le vacche, che senza acqua l’agricoltura muore. Il governo dei migliori - viene il sospetto - deve essere convinto che alimentarsi di cavallette, che peraltro si stanno mangiando indisturbate la Sardegna, come sostiene Walter Ricciardi - il consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza tifoso del Nutriscore - deve essere un gran vantaggio. Perché per l’agricoltura ieri di provvedimenti si è parlato pochino. Stefano Patuanelli, il ministro pentastellato dell’Agricoltura forse in altre faccende affaccendato, promette un provvedimento a breve e Gian Marco Centinaio, sottosegretario leghista al settore, ha fatto sapere «che si sta pensando a un decreto» come se si potesse far piovere con le carte bollate. Si è accorto che la situazione è gravissima anche Enrico Letta, segretario del Pd, «ero sul Po», ha concesso, «e ho constato con mano l’emergenza, siamo a spingere il governo perché conceda lo stato di calamità naturale». Lo chiederanno oggi le Regioni all’unisono nella loro Conferenza (Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia lo hanno già proclamato), vogliono anche i soldi del Pnrr per fare fronte a una situazione ormai drammatica. Dal ministro dell’Economia Daniele Franco, nessuna risposta. Anche perché ci sono ministri come Mara Carfagna che dicono: «L’emergenza idrica è stata una mia priorità fin dall’insediamento. Non ci coglie impreparati: sono sei mesi che lavoriamo, con tutte le Regioni e diversi ministeri, a un piano acqua che sarà gestito con un contratto istituzionale di sviluppo: l’investimento iniziale previsto è consistente, 1 miliardo a valere sul ciclo 2021-2027 del Fondo di sviluppo e coesione». Ma nel governo non deve essersene accorto nessuno se il sottosegretario alla Salute Andrea Costa sottolinea: «Credo ci siano le condizioni per dichiarare lo stato di emergenza». Ormai sono saliti a più di 400 i Comuni dove le ordinanze anti spreco, le limitazioni al consumo notturno e i razionamenti sono in vigore. Anche Cingolani ha smentito nei fatti la Carfagna: «Abbiamo decisamente un problema. Il flusso d’acqua per l’idroelettrico è cruciale, anche per il raffreddamento delle centrali. Speriamo che sia una cosa contingente. Sono abbastanza preoccupato». Già cinque sono le centrali ferme in Lombardia. A2A ha bloccato anche quella di Sermide, in Emilia è stata fermata quella di Isola Serafini. L’idroelettrico rappresenta il 17% dell’energia prodotta e il 40% di quella da fonti rinnovabili. Con il gas russo che non arriva spegnere anche l’interruttore idrico è un disastro. Senza contare che ci mancherà il 50% del riso, il 20% del grano, un terzo della frutta e almeno il 20% del latte. Tutto questo alimenta il fiume, l’unico che è in piena, dell’inflazione. Ma il ministro Carfagna «non era impreparata e il governo varerà un piano acqua».
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