2024-11-12
Con la scusa Trump ripartono le sirene cinesi
Xi Jinping e Sergio Mattarella (Getty Images)
Il viaggio di Sergio Mattarella è emblematico per i simboli che evoca, come gesuiti e Confucio, e per l’invito a collaborare nei «settori tecnologicamente avanzati». Dietro c’è un modello europeo che userà le sanzioni Usa per dipingere Pechino come il partner ideale.per stimolare accordi con l’Italia nel settore tecnologico, ma al tempo stesso un messaggio di velata lamentale perché le promesse fatte durante la precedente visite non sono state mantenute. Sei anni fa ad accompagnare Mattarella c’era anche Roberto Battiston, il prodiano presidente dell’Asi. Per fortuna quel memorandum non ha avuto seguito, però ora la storia rischia di rinnovarsi tant’è che ieri Mattarella ha ribadito che «è stata registrata ancora una volta sintonia e convergenza», sottolineando la volontà di collaborazione crescente tra Cina e Italia e anche «la volontà di riversare questa collaborazione sui settori tecnologicamente più avanzati». Frase che riguarda i massimi sistemi e chiaramente le attività accademiche. Anche perché il Colle ha sapientemente lasciato l’operatività al ministro degli Esteri Antonio Tajani, concentrandosi non a caso su un altro simbolismo. Ieri mattina, dopo un incontro con il segretario del Partito comunista cinese della provincia di Zhejiang, Wang Hao, c’è stata la visita alla tomba di Prospero Intorcetta. Si tratta del missionario gesuita che nel 1600 è divenuto famoso in Cina sotto la dinastia Qing. Intorcetta ha tradotto i lavori di Confucio e li ha fatti conoscere in Europa. Oggi, se si parla di Confucio non si può non pensare agli istituti presenti nelle varie università e scuole italiane. Istituti spesso finiti sotto la lente di chi si occupa di agenti stranieri. Mentre dall’altro lato Intorcetta ci riporta dritti dritti al Vaticano odierno. Jorge Maria Bergoglio è il primo gesuita divenuto Papa. E a creare il sentiero che legittima il rapporto tra Chiesa e Partito comunista cinese con l’obiettivo di avviare stabili rapporti e condividere la nomina dei vescovi in loco. Insomma, se i due simboli (il suolo lunare e Intorcetta) appiano chiari a noi, figuriamoci ai cinesi che sono maestri di tale comunicazione. Dietro deve esserci stato un lungo e attento studio. A destare interesse però nella visita avviata dal Colle e dal ministro degli Esteri c’è anche il particolare tempismo. È vero, come abbiamo già avuto modo di scrivere, che tali viaggi si organizzano con larghissimo anticipo. Ma i messaggi e la messa a terra durante il viaggio sembrano un chiaro messaggio destinato alla nuova amministrazione americana. Quella che si insedierà a gennaio con Donald Trump. Se il governo a Roma va in una direzione dal punto di vista degli accordi tecnologici, c’è una parte di Italia che non ha mai abbandonato l’idea di tornare a una Via della seta. Non ha mai abbandonato le sirene cinesi. Non si tratta soltanto di interessi di parte o di singoli attori. Ad esempio l’evidente tentativo della famiglia Elkann di aprire nuove strade di relazioni industriali e accademiche affidando la cattedra appena inaugurata a Pechino a Romano Prodi. Tentativo mirato a spostare l’asse dell’automotive da Ovest a Est, sempre che Bruxelles faccia marcia indietro sui dazi appioppati al Dragone. Alla base delle sirene cinesi c’è un pezzo di cultura europea, quella che ha incarnato la Germania nell’ultimo ventennio, durante il regno di Angela Merkel. Non sapendo spiegarlo un modo migliore, citiamo il libro di Alessandro Aresu Geopolitica dell’Intelligenza artificiale: «La forza della superpotenza manifatturiera di Pechino, la presa dei campioni cinesi elettronici e industriali nei mercati fuori dall’Occidente» sono gli elementi che - tanto più con l’avvento dell’Intelligenza artificiale - faranno in modo che «gli europei non potranno abbandonare la sirena del mercato cinese e non si schiereranno mai fino in fondo con gli Usa, mentre l’azione delle aziende statunitensi sarà comunque distante dalla retorica bipartisan di Washington». Esattamente ciò che sta accadendo ora. I filo cinesi si rimettono al lavoro (e il riferimento non è a Mattarella che non si occupa di tali temi ma a una filiera politico industriale) non nonostante alle elezioni della scorsa settimana abbia vinto Trump. Ma proprio perché ha vinto Trump. Le sirene cinesi, come accennato sopra, non sono una prerogativa italiana, ma una costola della struttura che ha permesso l’innalzamento delle politiche industriali di Bruxelles. L’arrivo di Trump porterà una nuova stagione di dazi. Per il mondo socialista si tratta esclusivamente di un male da contrastare e non di un problema da affrontare cambiando ottiche e idee. La rigidità di Bruxelles di fronte alla deglobalizzazione che ci aspetta nei prossimi quattro anni (o forse di più) aprirà altre porte alle relazioni con Pechino. Sarà un nuovo storytelling. Per difenderci dalla morsa Usa servirà più Pechino. Così facendo si aprirà una enorme frattura dentro il Vecchio continente. Da un lato gli autocrati e un pezzo di cancellerie inaspriranno le proprie posizioni sulla transizione green riallineandosi all’asse orientale, cercando di aumentare l’import di tecnologie e dall’altro una parte dei governi locali cercherà di avviare accordi bilaterali con gli Usa magari per dare risposte concrete ai cittadini il cui potere d’acquisto va assottigliandosi. A farne le spese sarà il portafogli di questi cittadini e la stabilità sociale del Continente che rischia di finire schiacciato in un dualismo e una polarizzazione politica senza precedenti. L’Italia forse più che altri Paesi soffrirà le tensioni. Noi viviamo su una Penisola che è anche una faglia tra Est e Ovest, tra Sud e Nord. Né per merito né per demerito nostro, ma la geografia ci ha collocati proprio qui.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.