2023-02-15
La Commissione sulla pandemia presieduta da un fan delle iniezioni?
Davide Faraone (Imagoeconomica)
Oggi la prima tappa dell’istituzione dell’organo parlamentare. A dirigerne i lavori potrebbe essere il renziano Davide Faraone, che lodava il green pass. Galeazzo Bignami (Fdi): ci occuperemo pure della campagna di immunizzazione.Ci siamo: oggi parte l’iter istitutivo della commissione d’inchiesta sulla gestione pandemica. Tempi e modi non saranno «americani»: sarà difficile assistere ad interrogatori di politici e scienziati messi sotto torchio come è accaduto a Anthony Fauci, incalzato dai repubblicani al Congresso Usa. «Non è neanche il nostro obiettivo», spiega Galeazzo Bignami, viceministro delle infrastrutture e dei trasporti e primo firmatario alla Camera della proposta di legge per istituire la commissione parlamentare. Tant’è che a presiederla potrebbe essere Davide Faraone, deputato di Italia viva che non si è distinto per particolari battaglie a favore delle libertà fondamentali dei cittadini: fan accanito della vaccinazione di massa, sostenne che il green pass era «sacrosanto» e che la gestione pandemica all’italiana era un modello per gli altri Paesi europei. «Non è un tema che mi appassiona, mi interessa che sia condotta un’indagine completa e seria, senza pregiudizi. Chiunque garantisca questo tipo di approccio può andar bene, indipendentemente dal partito», spiega Bignami. In realtà, Faraone è compagno di partito di quel Matteo Renzi che insiste da mesi sulla commissione d’inchiesta «per far luce sulle mascherine, sulle apparecchiature, sui ventilatori cinesi malfunzionanti ma garantiti da un ex presidente del Consiglio di cui non farò il nome ma il cognome, D’Alema, perché sul Covid sono girati tanti soldi pubblici». Tutto qui? Non si corre il rischio che la commissione si trasformi nell’occasione giusta per un regolamento di conti tra Pd e Italia viva? «Sarebbe un peccato - dice Bignami - perché la commissione d’inchiesta non può essere funzionale a questi giochi tra partiti, ma soltanto a un’esigenza di chiarezza, affinché quegli errori non si ripetano più». Quali dei tanti errori? Oltre agli appalti e alle attività che si sono sviluppate durante la gestione pandemica, una parte della popolazione aspetta risposte sulla gestione della seconda fase pandemica, quella avvenuta quando al governo c’era Mario Draghi. «A noi», spiega Bignami, «interessa che sia presieduta da qualcuno che voglia verificare che cosa è successo a 360 gradi. Quella di Faraone può essere stata una presa di posizione personale, noi dobbiamo analizzare ciò che è accaduto, non commentare l’opinione di un autorevole esponente delle opposizioni». Si profila, dunque, una fredda analisi dei fatti «evidence based», come piace dire agli stessi scienziati? «Dobbiamo fare una after action review: queste azioni», spiega Bignami, «sono previsioni contenute nella regolamentazione sanitaria internazionale ed europea (Rsi). Chi si sottrae alla realizzazione di queste after action review di fatto si sta sottraendo all’adempimento della regolamentazione sanitaria». Sta di fatto, però, che la sola idea di istituire una commissione d’inchiesta sulla gestione pandemica ha suscitato grandi mal di pancia nelle opposizioni. «La cosa sorprendente non è l’istituzione della commissione, ma che non sia stata fatta fino ad ora», osserva Bignami, dichiarandosi «sorpreso» del dibattito sul «processo», auspicato però non soltanto da una parte della maggioranza, ma soprattutto da parte della popolazione che ha ormai perso la fiducia nelle istituzioni politiche e scientifiche. «Tutti hanno pensato a salvare il proprio piccolo interesse, dimenticandosi il presidio dell’interesse pubblico». Certo, c’è anche il rischio che la commissione non riesca a districarsi tra cosiddetti «errori» e decisioni politiche, che hanno avuto dolorose ricadute sulla vita di milioni di cittadini. Il cortocircuito in cui potrebbe inciampare è proprio lo scaricabarile tra scienza e politica. «Era la politica che doveva assumersi le sue responsabilità. Non contestiamo la categoria dell’errore, un errore in quella situazione era ammissibile, soprattutto perché non avevamo il piano pandemico. Sarebbe disonesto intellettualmente pretendere che l’onere di aggiornare il piano pandemico debba ricadere sul solo ministro Speranza, entrato in carica a settembre 2019, perché prima di lui ci sono stati altri ministri che non lo hanno fatto, Grillo e soprattutto Lorenzin. Quand’è che è diventata assunzione di responsabilità politica? Quando Speranza ha detto e rivendicato che non andava attivato». L’attività della commissione d’inchiesta, che potrebbe essere istituita prima della primavera, rischia però di deludere quei cittadini che chiedono risposte sugli eventi avversi e sui diritti negati. «In realtà», assicura Bignami, «non escludiamo di analizzare tutto ciò che è funzionale all’accertamento della verità: dai contratti sui vaccini, che non abbiamo ancora visto, a quelli con le società di consulenza (citofonare Gimbe e Merler, ndr), agli eventi avversi». La commissione non è un tribunale, sarà la magistratura a decidere su illegittimità o illiceità ma «può essere di ispirazione per soggetti terzi, che potrebbero valutare se attivare forme di azione civile». Chi immaginava un burocratico esercizio di buoni propositi per il futuro potrebbe forse avere qualche sorpresa.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)