
I vertici dell’organizzazione rifiutano di essere auditi dal Parlamento con una scusa grottesca: «Dobbiamo proteggere l’imparzialità e l’obiettività». Intanto Lisei & C. vogliono chiarimenti sull’archiviazione di Arcuri.È la commissione parlamentare più frizzante tra quelle in attività. Il gruppo di onorevoli che sta indagando sulla gestione della pandemia da parte del governo e delle sue ramificazioni ogni settimana riserva piccoli e grandi colpi scena. Nell’ufficio di presidenza di ieri è stata resa pubblica la risposta dell’Organizzazione mondiale della sanità alla richiesta di audizione di un suo rappresentante. Nella sua lettera di risposta lo svizzero Gaudenz Silberschmidt, direttore del settore Salute e partnership multilaterali e delle Relazioni esterne, ha ammantato di ipocrita cortesia il netto rifiuto.Scatenando la reazione dei membri di Fratelli d’Italia dentro la commissione. La cui posizione è stata riassunta in una dura nota, dove si legge: «L’inaspettato rifiuto è motivato dal “proposito di proteggere l’imparzialità e oggettività dell’organizzazione”, che invece dovrebbe collaborare con gli Stati membri e dunque le loro massime istituzioni come il Parlamento». I commissari ricordano che «l’attività dell’Oms durante la pandemia ha sollevato forti perplessità» e, come esempio, citano il «documento prodotto da un funzionario dell’organizzazione, Francesco Zambon, che rilevava inadempienze da parte del Governo italiano», un documento che «fu prima pubblicato e poi fatto sparire a seguito di un intervento dell’allora ministro Roberto Speranza».Ma leggiamo la risposta, abbastanza surreale, del medico svizzero. «Cari colleghi, ringraziamo la Commissione d’inchiesta italiana sul Covid-19 per l’interesse dimostrato nel lavoro dell’Oms» è l’incipit, quasi beffardo. A cui segue il «no», seppur diluito in un’ubriacante circonlocuzione degna di un rodato diplomatico: «Durante la pandemia di Covid-19, l’Oms ha ricevuto richieste di informazioni simili da diversi organi governativi e parlamentari. In considerazione del suo status speciale di organizzazione intergovernativa, l’Oms ha una politica che normalmente non coinvolge sé stessa o i membri del suo staff nei processi o nelle inchieste parlamentari nazionali. Questa politica mira a proteggere l’imparzialità e l’obiettività dell’Oms in quanto organizzazione internazionale pubblica». Silberschmidt informa la commissione su quale contributo l’Oms sia disposto a dare: «Pur tenendo presente quanto sopra, sarebbe disponibile a fornire un briefing tecnico scritto in risposta a domande specifiche della Commissione. Si prega di notare che ciò sarà fornito su base volontaria come contributo tecnico e basato sulle prove scientifiche disponibili». L’Oms, bontà sua, fa anche sapere che «non avrebbe obiezioni alla pubblicazione delle informazioni a condizione che non vengano presentate come "prove" fornite da testimoni, ma come informazioni tecniche fornite dall’Oms». Bizantinismi che, in realtà, servono solo a evitare che qualche risposta troppo sincera possa inchiodare alle proprie responsabilità coloro che hanno gestito l’emergenza pandemica. L’Oms, che non accetta di testimoniare in aula per non dover rispondere a bruciapelo a domande sgradite e non precedentemente concordate («Vi saremmo grati se poteste condividere con noi gli argomenti specifici da affrontare e la scadenza prevista» scrivono da Ginevra) non ci sta, però, a passare da organismo censore e annuncia che «nell’interesse della trasparenza e dell’accesso da parte dei suoi Stati membri alle stesse informazioni […] si riserva la possibilità di pubblicare qualsiasi informazione scambiata nell’ambito di questo quadro».Di fronte alla missiva il presidente della commissione Marco Lisei, senatore di Fdi, si è detto «colpito» e non ha nascosto il proprio disappunto: «L’Oms durante la pandemia è stata oggetto di numerose accuse sull’assenza di trasparenza e terzietà. Venire a riferire e rispondere in commissione d’inchiesta sarebbe stata l’occasione proprio per dissipare questi dubbi e opacità; respingere la richiesta non farà invece altro che alimentarli ulteriormente». Un comportamento che per Lisei giustificherebbe certe defezioni: «Non ci si può sorprendere poi se alcuni Paesi scelgono di uscire da questa organizzazione internazionale mettendone in discussione la credibilità».Forse a spaventare i capoccioni dell’Oms e i suoi supporter italiani sono performance come quella del professor Alessandro Vespignani, tra i massimi esperti di «epidemiologia computazionale a livello internazionale», il quale, convocato su indicazione del Pd, ha reso dichiarazioni molto critiche su alcune scelte fatte dai nostri governanti durante l’emergenza.Vespignani ha spiegato che l’efficacia dei lockdown in termini epidemiologici va sempre commisurata con gli effetti collaterali, ad esempio quelli sull’economia e sul sistema scolastico. Una buona pratica che il governo Conte non ha applicato. «Le chiusure andavano fatte tempestivamente e in modo selettivo e non tardive in modo indiscriminato» hanno rimarcato i commissari di Fdi, dopo l’audizione.Il senatore Guido Liris ha rincarato: «Il quadro che ha descritto Vespignani è desolante: in piena emergenza sanitaria, mentre l’allora presidente Conte ostentava prontezza, chi doveva gestire i dati epidemiologici, necessari per assumere le conseguenti decisioni, era costretto a lavorare con fogli Excel o persino scritti a mano. Le conseguenze sono state ovvie: i dati raccolti male hanno condizionato negativamente e ritardato le decisioni sulle misure di contenimento. Eppure, come ha sottolineato lo stesso Vespignani, si sapeva da novembre 2019 che avremmo potuto affrontare una pandemia».Intanto la Commissione da oggi inizierà a sentire i membri del Comitato tecnico scientifico e della task force di esperti chiamata, all’epoca, a coadiuvare le decisioni del governo.A maggioranza è stata decisa la segretazione delle audizioni per garantire la genuinità delle testimonianze. Infatti, anche nei processi, i testi prima di parlare in aula non possono prendere parte alle udienze per evitare condizionamenti. I rappresentanti delle opposizioni hanno contestato la decisione, accusando la maggioranza di scarsa trasparenza. In realtà, una volta terminate le audizioni, verranno pubblicate le trascrizioni di tutte le audizioni.In queste ore i rappresentanti del partito di Giorgia Meloni stanno anche approfondendo interessanti filoni di indagine rimasti, a livello giudiziario, in fase embrionale a causa di intoppi burocratici e non solo. Il tema è quello delle indagini sulle forniture truffaldine di mascherine all’inizio della pandemia e in particolare il mega contratto da 1,2 miliardi di euro firmato con tre consorzi cinesi che procurarono dispositivi non certificati e, in molti casi, fallati.Gli intermediari (sotto processo) dell’affare nelle loro comunicazioni parlavano di oltre 200 milioni di euro di provvigioni, ma gli inquirenti capitolini sono riusciti a far sequestrare solo un terzo di quel denaro.Per provare a completare la caccia al tesoro è in arrivo in pianta stabile nella commissione la pm napoletana Paola Izzo, esperta di reati contro la pubblica amministrazione, la quale ha già avuto il via libera per l’incarico fuori ruolo da parte del Csm. Nelle scorse settimane è stato ingaggiato pure un consulente del calibro di Antonio Rinaudo, ex procuratore aggiunto antimafia e antiterrorismo di Torino, una carriera iniziata combattendo le Br e conclusa con i processi ai No Tav violenti. Il magistrato in pensione sta analizzando le rogatorie inviate dalla Procura di Roma in Cina e a San Marino. In quei documenti emerge il ruolo fondamentale nelle trattative e nella gestione dei flussi finanziari del banchiere sammarinese Daniele Guidi, già condannato per complessivi 15 anni di reclusione nella Repubblica del Monte Titano per vari reati e imputato per ulteriori contestazioni, che vanno dall’associazione per delinquere al riciclaggio.Guidi ha emesso fattura ai consorzi cinesi tramite la Bgp & partners limited (di cui erano soci anche Stefano Beghi e Ivano Ferruccio Fran Poma) per incassare almeno 13 milioni di provvigioni a lui destinate. I compensi sono transitati anche sulle società riconducibili alla moglie Maria Stefania Lazzari e al suo studio di commercialista. Nel mirino sono finite in particolare la Pacific business advisory limited (riconducibile alla donna e registrata a nome di Poma) e la Chenxing management consulting limited, entrambe con base a Hong Kong, dove i coniugi hanno spostato i propri interessi, ottenendo anche un permesso di soggiorno. I due vivono all’estero con i soldi delle provvigioni non sequestrate? I commissari vogliono scoprire questo.Interesse suscita anche la rapidissima archiviazione dall’accusa di corruzione per l’ex commissario Domenico Arcuri. Come ha rivelato a suo tempo questo giornale il manager e il suo braccio destro, Antonio Fabbrocini, sono stati iscritti sul registro degli indagati il 9 novembre 2020. Il 19 e il 20 dello stesso mese La Verità diede notizia dell’affaire delle mascherine e Arcuri inviò alla Procura di Roma una lettera (protocollata il 24) in cui ipotizzava il proprio coinvolgimento in un’inchiesta capitolina e si metteva a disposizione per eventuali chiarimenti. A stretto giro gli inquirenti hanno chiesto al gip l’archiviazione di quella contestazione per i due indagati. Adesso la commissione sembra intenzionata a capire sulla base di quali elementi sia stata presa la decisione, magari acquisendo dal Tribunale l’istanza dei pm.Anche perché, all’epoca, magistrati e investigatori sembravano avere vedute diverse. Infatti la Guardia di finanza l’1 dicembre presentò un elenco di 25 target da perquisire. Tra questi erano indicati Fabbrocini e un altro stretto collaboratore di Arcuri, il magistrato Mauro Bonaretti, ma i pm non concessero la visita alle loro abitazioni. Quegli stessi inquirenti che, 48 ore dopo, come detto, chiesero l’archiviazione dell’accusa più grave per Arcuri e Fabbrocini. Una mossa che, a distanza di quasi cinque anni, potrebbe tornare a far discutere.
Nel 2025 la Bce ha tagliato di 1 punto gli interessi, ma i prestiti casa sono diventati più cari. Su un fisso (9 su 10 lo preferiscono al variabile) da 150.000 euro a 25 anni il salasso è di 600 euro all’anno. Motivo? I mercati non credono possano esserci altre sforbiciate.
La Bce taglia i tassi o comunque non li aumenta e i mutui per comprare casa sono sempre più cari. È questo il paradossale fenomeno con il quale devono fare i conti le famiglie italiane che hanno deciso di indebitarsi pur di coronare il sogno di una vita: l’abitazione di proprietà. Tanto per intenderci: nel 2025, la Banca Centrale Europea ha limato per quattro volte il costo del denaro portandolo dal 3 al 2%. Si poteva sperare in qualcosa in più soprattutto con un Europa che cresce a ritmi lentissimi e con un’inflazione tutto sommato stabile, ma tant’è.
Le fake news russe diventano la scusa per varare il Democracy shield, l’ente per la «resilienza democratica» con cui l’Europa si arrogherà il diritto di controllare l’informazione. Che già influenza coi soldi a tv e giornali.
La Commissione europea si prepara a sferrare un attacco frontale contro quella che definisce «disinformazione» e «ingerenza straniera», ma i suoi piani sollevano gravi interrogativi sulla libertà di espressione dell’Unione. L’iniziativa, presentata come il nuovo «Scudo europeo per la democrazia» (Democracy shield), viene lanciata oggi a Bruxelles. Al centro di questo piano c’è la proposta di istituire una nuova struttura, il Centro europeo per la resilienza democratica, presentata come un polo per coordinare gli sforzi tra l’Ue e i Paesi membri contro attacchi ibridi di disinformazione provenienti, in particolare, da attori stranieri come la Russia.
Antonio Chiappani (Ansa)
Proteste in commissione Covid per l’audizione di Antonio Chiappani, il procuratore che indagò Conte e Speranza per epidemia colposa. Lui cita il codice penale: non impedire un evento evitabile equivale a cagionarlo.
Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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