2020-08-28
Commissario Ue costretto a saltare. Al suo posto il «falco» Dombrovskis
Phil Hogan (Thierry Monasse/Getty Images)
Si dimette il «ministro» al Commercio, Phil Hogan: gli subentra ad interim il vicepresidente e capo di Paolo Gentiloni. L'irlandese azzoppato dall'assembramento a una cena : «Ma non ho infranto le leggi».Alla fine ha ceduto. Nella tarda serata di mercoledì, il commissario europeo al Commercio, l'irlandese Phil Hogan, ha rassegnato le proprie dimissioni. «Ho presentato le mie dimissioni da Commissario Ue per il Commercio alla presidentessa della Commissione Ue, la dottoressa Ursula von der Leyen», ha dichiarato il diretto interessato in un comunicato. «Stava diventando sempre più chiaro che la controversia sulla mia recente visita in Irlanda stesse diventando una distrazione dal mio lavoro di Commissario dell'Ue e avrebbe minato il mio lavoro nei mesi chiave a venire». Il commissario dimissionario ha voluto precisare di non aver «infranto nessuna legge», ma ha anche riconosciuto che avrebbe dovuto essere «più rigoroso» nel rispettare le regole per il contenimento del Covid-19. Ieri, la presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha espresso gratitudine per l'«instancabile e riuscito lavoro» di Hogan, annunciando inoltre che il ruolo di commissario al Commercio ad interim andrà al vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, il capo de facto di Paolo Gentiloni. «Secondo i trattati, ora spetta al governo irlandese proporre candidati idonei. Come ho fatto in passato, inviterò l'Irlanda a nominare una donna e un uomo. Il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis si assumerà la responsabilità degli affari commerciali ad interim», ha dichiarato. Un bel paradosso che il portafoglio sia andato a un falco non esattamente filoitaliano come Dombroviskis: un portafoglio per cui, nel 2019 (ai tempi del governo Conte I) era stato per un certo periodo preso in considerazione il nostro Paese. La von der Leyen non ha comunque ancora deciso se l'Irlanda continuerà a mantenere la delega al Commercio. Per adesso si attende su chi punterà la terra di San Patrizio per la sostituzione: i primi nomi a circolare sono quelli dell'ex premier Leo Varadkar, dell'attuale ministro degli Esteri, Simon Coveney, e della vicepresidentessa dell'Europarlamento, Mairead McGuinness. Negli ultimi giorni, Hogan era finito al centro di una bufera politica e mediatica, dopo che - la settimana scorsa - aveva partecipato a un evento organizzato dalla Oireachtas golf society a Clifden: un evento a cui, come riportato dalla stampa irlandese, avevano preso parte circa ottanta persone, nonostante in Irlanda fossero poco prima scattate misure restrittive per il contrasto alla diffusione del coronavirus. Misure che vietavano formalmente assembramenti così numerosi. Ne era nato un vero e proprio scandalo, battezzato non a caso Golfgate, che aveva cominciato già a travolgere alcuni esponenti della politica irlandese. Le polemiche erano poi arrivate allo stesso Hogan, con vari rappresentanti del governo di Dublino che avevano iniziato a chiedere insistentemente un suo passo indietro dalla Commissione europea. In questo senso, nelle scorse ore, si erano per esempio espressi, il ministro dei Trasporti, Eamon Ryan, e quello della Sanità, Stephen Donnelly. Le pressioni sono progressivamente aumentate, fin quando il commissario ha annunciato l'altro ieri le proprie dimissioni. Una decisione su cui non è escluso possa aver pesato anche l'influenza della stessa von der Leyen che - negli ultimi giorni - aveva fatto sapere di aver preso atto delle irritazioni, espresse dall'esecutivo irlandese. È tra l'altro probabile che la presidentessa non avesse troppa intenzione di lasciare una delega così importante a una figura piombata in una simile bufera. Va anche riconosciuto, a onor del vero, che la Commissione nella sua storia abbia visto scandali ed episodi ben più gravi. Ricordiamo quando, nel 1999, la Commissione, guidata da Jacques Santer, si dimise in massa sotto le accuse di corruzione, abuso di potere e frode. Un altro grattacapo se lo ritrovò poi la Commissione Barroso I, a causa dell'allora commissario per i Trasporti, Jacques Barrot, che nel 2000 era stato condannato in Francia per peculato a otto mesi di carcere: condanna che non scontò, beneficiando di un'amnistia. Peccato che il diretto interessato non avesse rivelato tali informazioni in sede di audizione all'Europarlamento: circostanza che portò da più parti a una richiesta di dimissioni. La bufera alla fine si placò, dopo che l'allora presidente dell'Europarlamento, Josep Borell, dichiarò che Barrot non fosse legalmente obbligato a rivelare la questione dell'amnistia. Un'altra tempesta si scatenò poi sullo stesso Barroso quattro anni fa quando, dopo aver lasciato il suo ruolo di presidente della Commissione, accettò un incarico a Goldman Sachs. Fatto che portò l'esecutivo europeo ad aprire un'inchiesta etica, risoltasi poi in una bolla di sapone. Nell'ottobre 2016, un comitato indipendente dichiarò infatti che non vi fossero «motivi sufficienti per stabilire una violazione del dovere di integrità e discrezione». Problemi si registrarono anche nel 2018, quando venne nominato Segretario generale della Commissione un fedelissimo dell'allora presidente Jean-Claude Juncker come Martin Selmayr. Una mossa che suscitò molte polemiche per la sua opacità.
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