
Le motivazioni della sentenza di assoluzione per Salvini chiudono una vicenda giudiziaria che non avrebbe dovuto aprirsi: «Nessun respingimento verso Paesi non sicuri, non toccava all’Italia farsi carico dei migranti».C’è un giudice a Palermo: anzi, ce ne sono tre. Sono i magistrati che hanno assolto Matteo Salvini dall’accusa di aver sequestrato un centinaio di migranti, non avendo disposto, quando era ministro dell’Interno, il loro immediato sbarco dalla Open Arms, nave spagnola che li aveva soccorsi nel Mediterraneo. Ma la notizia non è la sentenza che ha mandato libero il capo della Lega, stabilendo che il fatto non sussiste. Il verdetto è di sei mesi fa ed è già stato da noi commentato quando fui emesso. La novità semmai consiste nelle motivazioni che hanno portato all’assoluzione, perché per la prima volta ribaltano la prospettiva che, da punto di vista giudiziario, ha sempre premiato le Ong e la loro attività rispetto alle leggi dello Stato. Ogni volta che i governi hanno provato a mettere in campo azioni per rallentare gli sbarchi e rendere meno automatica l’accoglienza si sono sempre trovati davanti i giudici che, pezzo dopo pezzo, hanno smontato le norme, con sentenze originali o con ricorsi alla Corte costituzionale o a quella europea. Gli ultimi esempi sono rappresentati dai pronunciamenti sui centri in Albania. Pensati come strumento di deterrenza, perché l’accoglienza di qualsiasi immigrato - magari anche con pendenze penali - fosse scontata, hanno trovato resistenza presso le corti specializzate in profughi. Prima ancora che fossero aperti, alcuni magistrati si erano già espressi negativamente e quando il governo ha cominciato a spedire gli stranieri di là dall’Adriatico, con l’intenzione di mandarli a casa loro, le toghe hanno fatto in modo di farli riportare in Italia, dichiarando illegittimo il trasferimento. Secondo i magistrati, quasi tutti iscritti alla corrente di Md, la più a sinistra fra pm e giudici, gli immigrati non possono essere rimpatriati se tutto il Paese da cui provengono non è ritenuto sicuro. In pratica, siccome in Italia ci sono zone ad alta densità mafiosa, dove si corre il pericolo di essere discriminati, taglieggiati e derubati, anche il nostro non è sicuro. Ma nonostante questo, grazie a decisioni della magistratura che pendono sempre e comunque dalla parte degli stranieri, respingimenti e rimpatri sono più unici che rari.Tuttavia, qualche cosa sta cambiando. Lo stivale, a quanto pare, non è più il Bengodi delle Ong, dove perfino una Carola Rackete qualsiasi poteva venire a scaricare un certo numero di migranti, speronando una motovedetta della Guardia di Finanza che impediva alla sua bagnarola di attraccare. La capitana, pur essendo tedesca e al timone di una nave straniera, secondo i magistrati aveva il diritto di vedersi spalancare i porti. In nome del supremo diritto dell’accoglienza.E però la dottrina dell’accoglienza, grazie alla sentenza di Palermo, vacilla, perché viene messo in dubbio il dogma che ha trasformato l’Italia in una specie di pontile per tutte le navi-traghetto di Casarini e compagni. Non è vero che il nostro Paese è obbligato a consentire l’attracco nel più breve tempo possibile a qualsiasi imbarcazione carica di migranti e anche sulla teoria dei Paesi sicuri c’è qualche cosa da ridire. In pratica, i giudici di Palermo rimettono in discussione il Vangelo dell’accoglienza, che secondo la sinistra ma anche alcuni alti prelati ci obbliga a far sbarcare chiunque. Visto che profughi erano in acque internazionali e la nave era spagnola, gli stranieri potevano tranquillamente essere fatti sbarcare a Malta o in Spagna, senza che corressero rischi di alcun tipo. Il Paese sicuro non era dunque l’Italia e l’Italia non aveva alcun obbligo di indicare un porto cui far attraccare la nave della ong Open Arms. Così cade l’architrave della strategia che ha finora permesso ai Casarini di turno di considerare il nostro Paese il punto di approdo di qualsiasi bagnarola «umanitaria». Un colpo mortale, che potrebbe costringere molte organizzazioni pro migranti a cambiare rotta, anche perché in massima parte si tratta di Ong straniere, tedesche, spagnole o nordeuropee, sostenute dalla sinistra e da una parte della Chiesa, che invece di aiutare i poveri preferisce aiutare i Casarini.
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