2024-10-12
Colpita un’altra base dei caschi blu. Israele si difende: «Un incidente»
Feriti due soldati cingalesi, uno grave. L’Idf: «Reazione a una minaccia improvvisa a 50 metri dalla postazione delle Nazioni Unite». Il Palazzo di vetro: «No ai riposizionamenti». Intanto proseguono i lanci dal Libano.Naqura, Libano meridionale, 10.23: due peacekeeper cingalesi dell’Unifil rimangono feriti durante una sparatoria nei pressi della base Onu. A sparare i soldati dell’Idf che riferiscono di aver identificato una minaccia immediata contro di loro «a circa 50 metri dall’origine della minaccia». Mentre «ore prima» l’Idf riferisce di aver dato istruzioni all’Unifil di «entrare in spazi protetti e di rimanerci».Prosegue quindi senza tregua l’escalation di scontri nel Sud del Libano all’indomani del primo incidente tra l’Idf e le basi Unifil. Secondo Andrea Tenenti, portavoce della missione delle Nazioni Unite nell’area: «I bombardamenti intorno alla base sono quotidiani, quindi chi era all’interno non è stato colto di sorpresa». L’esercito israeliano da giorni chiede ai contingenti Onu di abbandonare quelle aree proprio per il rischio altissimo di incidenti, ma la linea di Italia e Nazioni Unite è chiara, anche dopo gli ultimi fatti. «I militari italiani non abbandoneranno la base», ha spiegato il contingente italiano dell’Unifil all’Idf, «La posizione è stata ribadita in un incontro nella notte tra giovedì e venerdì tra italiani e israeliani proprio nella base che è stata colpita». «Al momento» anche al Palazzo di Vetro non ci sono ripensamenti su un riposizionamento della forza di pace sotto tiro nel Libano meridionale, ha detto il portavoce dell’Onu Farhan Haq.Al mattino, mentre si diffondeva la notizia del ferimento dei due cingalesi, erano già 30 i missili lanciati dal Libano nel Nord di Israele, alle 20 sarebbero arrivati a circa 300, il giorno prima gli attacchi erano stati 126, 1.574 dall’inizio della settimana. Martedì scorso oltre 100 razzi in appena mezz’ora solo su Haifa. Non solo il Nord perché ieri l’Idf ha intercettato due droni provenienti da Est, probabilmente dalla Siria. Torniamo al confine con il Libano: 11.20 di ieri, un’ora dopo il ferimento dei peacekeeper. L’esercito israeliano dichiara: «L’incidente è in fase di indagine e i suoi dettagli sono in fase di esame». Nulla è lasciato al caso e l’attenzione dell’Idf resta altissima in un contesto di guerra in cui l’obiettivo di Gerusalemme è quello di riportare la sicurezza nel Nord di Israele per consentire alle migliaia di sfollati israeliani di poter tornare nelle proprie case. «Non ci fermeremo fino a che non riporteremo i residenti del Nord di Israele nelle loro case», ha detto Il capo di stato maggiore israeliano Herzi Halevi.Più tardi alle 13 si diffonde la notizia di un terzo attacco. Secondo le agenzie di stampa che ribattono la notizia nell’operazione sarebbero stati abbattuti due muri di demarcazione (sarebbe il terzo attacco in poche ore) nella base 1-31. La notizia viene smentita meno di un’ora dopo dal ministero della Difesa che assicura: «Le verifiche condotte sul campo confermano che non vi è stato alcun ulteriore attacco. Sono attualmente in corso le attività relative a lavori di ripristino dei manufatti precedentemente danneggiati, eseguiti in pieno coordinamento e accordo tra le unità italiane di Unifil, le Forze armate libanesi e le Forze di difesa israeliane (Idf)». Nei minuti precedenti però si scatena un nuovo caos con il ministro Guido Crosetto che torna a commentare: «Pretendo rispetto da Israele. Il rispetto dovuto a una nazione amica impegnata in una missione di pace» e poi ribadisce: «Non saremo mai noi che ci spostiamo perché qualcuno ci dice, con la forza, di spostarci. Noi siamo lì e ci rimaniamo, con la forza del mandato delle Nazioni Unite». Più tardi, dopo la smentita della Difesa, ricorda dal Kosovo dove si trova: «Quella per altro è una porzione di territorio che non è neanche soggetta al Libano, è un territorio affidato alle Nazioni Unite ed è una cosa che tutti dimenticano». Le parole del ministro tuttavia evidenziano un’ulteriore criticità: come è possibile che le forze di Hezbollah possano e siano in grado di installare delle basi militari in una zona controllata e affidata dalle Nazioni Unite? Anche per questo l’Idf chiede ai contingenti Unifil di abbandonare l’area, perché è evidente che non sono stati in grado fin qui di assicurare la sicurezza delle zone che gli sono state affidate. A stemperare la tensione ci pensa l’ambasciata israeliana a Roma con una nota in cui, rammaricandosi per l’accaduto, e ribadendo l’apprezzamento per quanto fatto dall’Italia per prevenire l’escalation, spiega: «Hezbollah ha installato indisturbata le sue capacità militari vicino alle basi Unifil e da tempo attacca Israele operando nei pressi di queste basi, sparando sul territorio israeliano e scavando tunnel. Israele è costretto a rispondere a questi attacchi, per proteggere le proprie forze e l’incolumità dei propri cittadini. Come promesso, Israele ha aperto un’indagine sugli ultimi casi e trasmetterà i risultati in maniera trasparente alla controparte in Italia». Infine: «La comunità internazionale deve esigere il disarmo e il ritiro delle forze di Hezbollah in conformità con la risoluzione Onu 1701».Nel frattempo resta in piedi l’ipotesi di inviare 200 carabinieri in Cisgiordania. «Se andiamo e siamo rispettati da tutte le parti», ha sottolineato Crosetto, «possiamo dare la nostra expertise e siamo onorati che in tutto il mondo abbiano scelto noi e i carabinieri italiani, ma», avverte, «lo facciamo soltanto se ci sono le totali garanzie di sicurezza. Valutiamo con attenzione, non manderemmo mai una sola persona senza valutare prima le condizioni di sicurezza. La missione in Cisdordania deve essere una missione voluta da tutte le parti in campo».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?