
La love story più osannata di questo Natale è quella di una coppia di suicidi. Una delusione, perché i protagonisti sono due amanti irrisolti, che si avvelenano alla vigilia della caduta del muro di Berlino. Un sentimento incompiuto che irrita e non contiene speranza.Attenzione, spoiler. Purtroppo inevitabile. La storia d'amore più osannata e celebrata di questo Natale è quella di una coppia di suicidi. Una storia romanticissima, per la quale la grande critica cinematografica ha esaurito il catalogo degli elogi. Una storia contrastata dal potere, condizionata dalla Guerra fredda, scenario del prendersi, lasciarsi e rincorrersi in giro per l'Europa dei due protagonisti, un pianista, compositore e direttore d'orchestra, e una cantante e ballerina che diverrà la sua musa, il suo magnete. L'allure intellettuale fa la sua parte, sposata con la grande eleganza formale. Ma Wiktor e Zula sono due amanti irrisolti. Due innamorati instabili, osteggiati, tragici. Che, per non continuare a ritrovarsi e perdersi, celebrano la loro unione prima di darsi la morte in contemporanea, vincolandosi nel nulla. Di sacro e tradizionale ci sono solo alcune nobili citazioni.Ma l'inganno è in agguato e ci si casca alla grandissima. Da settimane siamo rincorsi dai promo. I giornali tambureggiano la seducente locandina. «Il miglior film europeo dell'anno». «A Natale regalati un capolavoro». Cosa c'è di più natalizio di una storia romantica? Altra garanzia, il regista è il polacco Pawel Pawlikowski, meritato premio Oscar nel 2015 con Ida per il miglior film straniero. Come quello, anche Cold War è una storia girata in un abbagliante bianco e nero e in 4:3, il formato prediletto dall'Academy awards. In più, è ispirata alla travagliata vicenda dei genitori del regista, lei una ballerina cattolica, lui un medico ateo ed ebreo riluttante. «Le persone più interessanti che abbia mai incontrato nella mia vita», ha confidato Pawlikowski, che ha assegnato ai protagonisti i nomi di mamma e papà. Polonia, fine anni Quaranta. Aiutato da una piccola troupe, Wiktor (Tomasz Kot) batte le campagne desolate con furgone e magnetofono alla ricerca di contadini che possano formare una compagnia folk da portare in tournée. Quando ai provini spunta Zula (Agata Kulesza), treccia bionda, passato oscuro e temperamento da vendere, la passione è fulminea. Vivremo sempre insieme, nulla potrà separarci, sparisce anche la compagna di sempre. Ma il sentimento non calcola la nomenklatura. Nel vostro repertorio dovreste inserire brani sulla pace nel mondo e sul riscatto dei lavoratori. Mentre il busto di Stalin fa da sipario delle esibizioni, ci sono le diplomazie amiche da omaggiare: se vi comporterete bene le prossime tournée vi porteranno a Mosca, Praga, Berlino. Non era questa l'idea di partenza, il nostro amore merita di meglio. A Berlino il muro non c'è ancora e gli innamorati possono fuggire verso la libertà. Ma qualcosa va storto e le strade di Wiktor e Zula divergono. Per ricongiungersi qualche anno più tardi nelle mansarde bohemienne di Parigi. Ora la musica non è più quella delle mazurke in costume davanti ai burocrati d'oltrecortina, ma il jazz dei night fumosi dove Wiktor è a suo agio e per Zula può schiudersi una carriera da star. Ancora una volta, però, l'intesa s'infrange e la separazione è inevitabile, anche se le note di rock'n'roll dovrebbero portare spensieratezza. «Come coppia erano un disastro», ha chiosato Pawlikowski parlando sempre dei suoi. Nel 1968 il vero Wiktor lascerà la Polonia per l'Austria e la Germania, dove ritrovò la compagna, prima di separarsi nuovamente da lei. Qualche anno dopo, abbandonata la danza per l'insegnamento, Zula si trasferirà in Inghilterra con il figlio Pawel che studierà a Oxford lettere e filosofia e inizierà a produrre i primi documentari, avviandosi ai successi di oggi. All'ultimo Festival di Cannes Cold War ha vinto la Palma d'oro per la miglior regia e ora la critica lo dà tra i favoriti per l'Oscar, in competizione con Roma del regista messicano Alfonso Cuarón, rifiutato sulla Croisette, premiato con il Leone d'oro a Venezia e habitué degli Awards. In pratica, Europa contro Netflix. Ma l'Europa in parte autobiografica del regista polacco è nichilista e impotente, mentre la visione anch'essa autobiografica di Roma contiene uno sguardo di speranza.Sedotto da questa esaltazione generale - un La La Land dell'Est europeo, un Giulietta e Romeo alla polacca, un film che coniuga la Nouvelle Vague e Andrej Tarkovskij - ero molto ben disposto. C'erano anche la storia travolgente, il jazz nella Parigi esistenziale, il potere opprimente e il bianco e nero. Tutto sommato, promesse mantenute. Quella clamorosamente smentita è la grandezza della storia d'amore, lo struggimento per la passione impossibile. I veri Wiktor e Zula moriranno nel 1989, alla vigilia della caduta del Muro di Berlino e della fine della Cold War. Qui si avvelenano dopo essersi promessi fedeltà eterna. Ma lungi dal commuovere, questa scelta nichilista e dell'incapacità a trasformare un grande sentimento in un amore adulto e solido, finisce per irritare. La volubilità di Zula e la distanza dei caratteri non hanno meno responsabilità sull'amore incompiuto di quanta ne abbia il potere sordo e ottuso del blocco sovietico. C'è chi ha visto in Cold War l'opera che rompe l'oblio calato sulla violenza dei regimi dell'Est europeo (mentre le nefandezze del nazismo sono ampiamente narrate). Ma è un'altra sopravvalutazione che ci ha fatto dimenticare Good Bye Lenin (2003) e Le vite degli altri (2006), sommerso di premi.
Nel 2025 la Bce ha tagliato di 1 punto gli interessi, ma i prestiti casa sono diventati più cari. Su un fisso (9 su 10 lo preferiscono al variabile) da 150.000 euro a 25 anni il salasso è di 600 euro all’anno. Motivo? I mercati non credono possano esserci altre sforbiciate.
La Bce taglia i tassi o comunque non li aumenta e i mutui per comprare casa sono sempre più cari. È questo il paradossale fenomeno con il quale devono fare i conti le famiglie italiane che hanno deciso di indebitarsi pur di coronare il sogno di una vita: l’abitazione di proprietà. Tanto per intenderci: nel 2025, la Banca Centrale Europea ha limato per quattro volte il costo del denaro portandolo dal 3 al 2%. Si poteva sperare in qualcosa in più soprattutto con un Europa che cresce a ritmi lentissimi e con un’inflazione tutto sommato stabile, ma tant’è.
Le fake news russe diventano la scusa per varare il Democracy shield, l’ente per la «resilienza democratica» con cui l’Europa si arrogherà il diritto di controllare l’informazione. Che già influenza coi soldi a tv e giornali.
La Commissione europea si prepara a sferrare un attacco frontale contro quella che definisce «disinformazione» e «ingerenza straniera», ma i suoi piani sollevano gravi interrogativi sulla libertà di espressione dell’Unione. L’iniziativa, presentata come il nuovo «Scudo europeo per la democrazia» (Democracy shield), viene lanciata oggi a Bruxelles. Al centro di questo piano c’è la proposta di istituire una nuova struttura, il Centro europeo per la resilienza democratica, presentata come un polo per coordinare gli sforzi tra l’Ue e i Paesi membri contro attacchi ibridi di disinformazione provenienti, in particolare, da attori stranieri come la Russia.
Antonio Chiappani (Ansa)
Proteste in commissione Covid per l’audizione di Antonio Chiappani, il procuratore che indagò Conte e Speranza per epidemia colposa. Lui cita il codice penale: non impedire un evento evitabile equivale a cagionarlo.
Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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