2023-12-28
Cliniche per baby trans, Londra tira il freno
Inchiesta choc sull’istituto Tavistock: «visitati» più di 70 bambini tra tre e quattro anni. E il governo ora corre ai ripari, fissando regole più stringenti. Mentre anche la Germania si interroga, in Italia (dove i giovani transgender aumentano) si naviga a vista.Ogni volta che si scende a fondo nella questione si scoprono nuovi e più inquietanti particolari. Lo scorso anno, una indagine indipendente avviata dalle autorità britanniche (guidata dalla dottoressa Hillary Cass) aveva portato alla chiusura della Tavistock, la più importante gender clinic londinese, ritenuta «non sicura» per i minorenni che vi si rivolgevano. Ebbene, ora grazie alla stampa inglese veniamo a conoscenza di ulteriori dettagli. Come scrive il Daily Telegraph, «più di 70 bambini di età compresa tra tre e quattro anni sono stati inviati alla controversa clinica transgender Tavistock . In totale, 382 bambini di età pari o inferiore a sei anni sono stati indirizzati al Gender Identity Development Service (Gids) gestito dal Tavistock and Portman Nhs Foundation Trust nel Nord di Londra.[…] Negli ultimi dieci anni, 12 bambini di tre anni sono stati indirizzati alla clinica insieme con 61 bambini di quattro anni, 140 bambini di cinque anni e 169 bambini di sei anni».Secondo l’organismo del sistema sanitario nazionale britannico (Nhs) che gestisce il servizio gender, nessun bambino di tre anni avrebbe ricevuto «cure» presso la Tavistock. Il personale della clinica si sarebbe limitato a svolgere una «conversazione una tantum» con i genitori o i tutori legali per fornire supporto e consulenza. Non ha torto però l’ex ministro della Sanità britannico, Jackie Doyle-Price, secondo cui alla Tavistock non avrebbero mai dovuto nemmeno «vedere bambini di tre anni». Al Daily Mail, Doyle Price ha dichiarato che «è necessario che ci sia un messaggio chiaro: lasciare che i bambini siano bambini. Lasciateli giocare e usare la loro immaginazione. Non dovremmo medicalizzare qualcosa che sta crescendo».Secondo molti osservatori, il vero nodo riguardante la Tavistock aveva a che fare con l’influenza esercitata dagli attivisti Lgbt. L’utilizzo del cosiddetto «approccio affermativo» - che consiste di fatto nell’assecondare l’autodichiarazione di genere dei minori - è estremamente problematico, perché in quel caso la linea fra la cura e l’ideologia si fa estremamente labile. Inoltre mancano certezze ed evidenze scientifiche. Quel che è certo è che negli ultimi dieci anni il numero di piccoli pazienti seguiti dalla Tavistock è aumentato a dismisura: erano 136 nel 2010/11 e 3.585 nel 2021/22.Anche per fare fronte a questa esplosione di casi, circa una settimana fa il governo conservatore britannico ha diffuso linee guida utili per la gestione delle problematiche relative al gender nelle scuole. Per prima cosa, il ministero dell’Istruzione ribadisce che non bisogna mai prendere decisioni «senza il coinvolgimento dei genitori», a partire dall’utilizzo dalla cosiddetta identità alias. In sostanza, bisogna andarci cauti con la «transizione sociale», cioè occorre pensarci bene prima di consentire a un bambino di cambiare il proprio nome per adattarlo al «genere percepito». Stando a ciò che si legge nelle linee guida ministeriali, gli istituti «dovrebbero accettare un cambio di nome solo se sono certe che i benefici per il bambino superino le conseguenze per la scuola. Questo cambiamento dovrebbe avvenire soltanto in rarissime occasioni». Di più: «Tutti i bambini dovrebbero usare i servizi igienici, le docce e gli spogliatoi riservati al loro sesso biologico, a meno che non li mettano a disagio».Purtroppo, come hanno rimarcato vari commentatori, queste indicazioni ufficiali sono fin troppo blande. A sostenerle potrebbe provvedere un intervento del sistema sanitario nazionale, i cui vertici stanno «valutando la possibilità di introdurre un’età minima di sette anni per i futuri pazienti» delle cliniche gender, proprio per evitare che almeno i bambini più piccoli siano avviati su una strada pericolosa, da cui tornare indietro è molto difficile se non impossibile. Soprattutto quando dai semplici incontri con psicologi e terapeuti si passa all’utilizzo sugli adolescenti di farmaci bloccanti della pubertà.Dell’argomento si è molto discusso nei giorni scorsi anche in Germania, dove i Servizi scientifici del Bundestag hanno pubblicato un rapporto piuttosto ruvido, in cui si spiega (come riporta Feministpost) che «i farmaci bloccanti la pubertà potrebbero danneggiare in modo duraturo lo sviluppo cognitivo dei minori, compresi gli aspetti mentali, emotivi e comportamentali della loro formazione sessuale». Alla Tavistock clinic questi farmaci furono somministrati anche a minorenni che vennero poi avviati al percorso di transizione di genere chirurgica, salvo rendersi conto di aver preso una decisione troppo avventata e dolorosa. Motivo per cui le autorità inglesi hanno deciso di tirare il freno a mano e indagare a fondo sui trattamenti da riservare ai minorenni.In Italia, invece, la situazione continua a essere piuttosto opaca. Un recente articolo del sito Truenumbers.it ha rilevato un netto aumento dei minori che si riconoscono in un sesso diverso da quello biologico: «Il Servizio per l’adeguamento tra identità fisica e identità psichica (Saifip) del San Camillo di Roma nel 2022 ha registrato 114 accessi solo da parte di adolescenti che non si riconoscevano nel genere di assegnazione. Nel 2018 erano stati 20. Non tutti naturalmente», si legge nell’articolo, «porteranno a termine l’iter di cambio di genere e solo una piccola minoranza si affiderà alla chirurgia, ma sono numeri indicativi di come il fenomeno sia in veloce aumento».Sul Saifip e sulle sue modalità di azione questo giornale ha pubblicato numerosi articoli, sfociati addirittura in una audizione parlamentare che però non ha prodotto grandi risultati. Tanto per rinfrescare la memoria, vale la pena di ricordare che tra i fondatori del servizio c’è uno dei luminari che hanno dato vita alla Tavistock clinic di Londra. Nei giorni scorsi, Maurizio Gasparri di Forza Italia ha presentato una interrogazione sull’ospedale Careggi di Firenze, altro centro piuttosto famoso per i trattamenti di genere. «Nonostante l’evidente delicatezza del trattamento, ho appreso che all’ospedale Careggi di Firenze la triptorelina, autorizzata dall’Agenzia europea del farmaco per uso veterinario, verrebbe somministrata a bambini di 11 anni senza alcuna assistenza psicoterapeutica e psichiatrica», ha scritto Gasparri, riferendosi al più noto dei farmaci bloccanti della pubertà. «Anche perché in quell’ospedale semplicemente non c’è un reparto di neuropsichiatria infantile».Dall’ospedale non sono arrivate - almeno a mezzo stampa - risposte particolarmente esaustive. E forse, specie alla luce di quanto avviene nel Regno Unito e in Germania - sarebbe finalmente il caso di approfondire la questione dei trattamenti riservati ai minori. Anche perché, al di là di ciò che viene per lo più diffuso a mezzo stampa, gli esperti a nutrire dubbi non sono pochi. Alessandra Lemma - psicoanalista che per molti anni ha ricoperto ruoli di prestigio proprio alla Tavistock - scrive in un saggio appena pubblicato da Franco Angeli (Le identità transgender): «La medicalizzazione dei problemi di identità di genere e la facilità di accesso relativamente maggiore alle cure mediche possono andare contro gli interessi di alcuni giovani». E ancora: «Gli interventi mirati a sopprimere la pubertà sono stati presentati come completamente reversibili da alcuni clinici e ricercatori e sono ritenuti un sostegno al servizio del “guadagnare tempo” affinché il giovane decida se desidera procedere alla successiva fase di intervento per l’affermazione del genere (ad esempio, ormoni cross-sex). Nonostante l’entusiasmo nei confronti della sospensione della pubertà da parte di molti giovani transgender, dei loro genitori, delle lobby e delle organizzazioni transgender, le prove a sostegno dei presunti benefici dei bloccanti della pubertà sono carenti». All’estero qualcuno se n’è accorto. Qui si preferisce ancora evitare la questione o affidarsi all’ideologia.
Giancarlo Fancel Country Manager e Ceo di Generali Italia
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.