2021-03-05
Cingolani smontato sulla carne che inquina
Roberto Cingolani (L.Anticoli/Getty Images)
Luigi Scordamaglia ribatte alle dichiarazioni: «Le emissioni dei nostri allevamenti sono fra le più basse al mondo».L'agricoltura e la zootecnia italiane sono «tra le più sostenibili al mondo» e quello applicato dalle nostre aziende è un modello di riferimento a livello globale: così Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, fondazione che riunisce le eccellenze dell'agroalimentare del nostro Paese, replica alle dichiarazioni del neo ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sull'impatto ambientale della produzione agroalimentare. In un recente intervento, Cingolani ha infatti sostenuto i benefici di una dieta a ridotto consumo di carne per la salute e per l'ambiente: per il ministro «si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali», perché «la proteina animale richiede sei volte l'acqua della proteina vegetale, a parità di quantità, e gli allevamenti intensivi producono il 20% dell'anidride carbonica emessa a livello globale».«Sono convinto che le dichiarazioni del ministro si riferiscano a un modello generico, e non al modello di sostenibilità competitiva che invece è l'agroalimentare italiano», osserva Scordamaglia. «Ma Cingolani è uomo di numeri, quindi nei prossimi incontri gli ricorderemo i numeri italiani, quelli veri e non quelli strumentali, diffusi ad arte da personaggi come Bill Gates che hanno investito enormi risorse sulla fake meat e vorrebbero, condizionando l'informazione, far chiudere milioni di luoghi di lavoro. L'Italia è l'unico Paese Ue che ha ridotto negli ultimi dieci anni le emissioni di CO2 legate all'attività agricola, mentre Francia, Germania e Spagna hanno fatto segnare aumenti dal 10% al 150%».Venendo alla zootecnia, «i dati Ispra rivelano che la percentuale di emissioni di CO2 legate a questo settore in Italia è del 5,6%: una delle più basse al mondo, e ben lontana dal 20% citato da Cingolani», sottolinea Scordamaglia. Inoltre, «i dati Fao rivelano che produrre 1 chilo di carne bovina in Italia comporta un quinto delle emissioni di CO2 che derivano dalla produzione della stessa quantità di carne in Asia o in America. Il perché è semplice: con allevamenti contenuti, al chiuso, anche le deiezioni non restano sui campi ma vengono utilizzate in impianti che generano energia rinnovabile. L'Italia è il quarto Paese al mondo per produzione di biogas, che proviene per il 77% da agricoltura e allevamento». E sul fronte del consumo di acqua, per produrre 1 chilo di carne «l'Italia ne usa 790 litri, non i 14.000 a cui accenna il ministro».L'altro punto citato da Cingolani «è il miglioramento della dieta. Va premesso che il volo di una singola persona da Roma a Bruxelles emette una quantità di CO2 superiore a quella generata da tutta la carne che quella persona mangia durante l'anno. Quindi, prima della dieta, sarebbe opportuno intervenire su altre abitudini, come gli spostamenti», osserva Scordamaglia, «Se poi c'è un Paese che non deve cambiare dieta è proprio l'Italia: abbiamo 15.000 ultracentenari perché la nostra alimentazione prevede il giusto apporto di proteine, carboidrati e vitamine. In Italia si mangiano meno di 100 grammi di carne rossa al giorno, sotto la quota raccomandata dall'Oms». In ogni caso, conclude il consigliere delegato di Filiera Italia, «pur partendo dal fatto che la nostra filiera è la migliore al mondo, abbiamo moltissime proposte per fare evolvere ulteriormente il nostro modello, sulle quali ci confronteremo volentieri con il ministro. Anche se partiamo dalla migliore delle posizioni possiamo ulteriormente migliorare. Quella italiana è una sostenibilità competitiva: è la sostenibilità di chi produce in maniera efficiente con il minore impiego di risorse possibile, usando quella tecnologia di cui il ministro Cingolani è sempre stato artefice, e che crescerà ancora di più grazie alle risorse del Recovery plan».