Lo Stato islamico attraverso le sue piattaforme mediatiche ha rivendicato l’attacco avvenuto lo scorso 12 dicembre al Longan Hotel di Kabul. L’albergo che si trova nella zona commerciale della capitale afghana è noto perché è diventato il luogo prediletto da diplomatici e imprenditori cinesi.
Lo Stato islamico attraverso le sue piattaforme mediatiche ha rivendicato l’attacco avvenuto lo scorso 12 dicembre al Longan Hotel di Kabul. L’albergo che si trova nella zona commerciale della capitale afghana è noto perché è diventato il luogo prediletto da diplomatici e imprenditori cinesi.Qui uomini armati intorno alle 14,30 (ora locale) hanno aperto il fuoco all’interno dell’hotel e fatto esplodere le loro cinture esplosive. Il bilancio parziale dell’attacco per i Talebani è di almeno tre persone uccise dalle Forze di sicurezza ma su questo sarebbe meglio essere prudenti. Secondo quanto riferito su Twitter da Emergency, nell’ospedale dell’organizzazione che si trova a circa un chilometro dal quartiere di Shahre Naow dove è avvenuto l’attacco sono state trasportate un totale di 21 persone, di cui tre già morte, mentre i feriti erano 18. Zabihullah Mujahid, uno dei portavoce dei Talebani, ha affermato che «l’attacco è terminato grazie all’intervento delle forze di sicurezza dell’emirato islamico dell’Afghanistan» (peraltro non riconosciuto dalla comunità internazionale), specificando che tra i morti c’erano «solo gli attentatori». Secondo Mujahid «tutti gli ospiti dell’hotel sono stati salvati e nessun straniero è stato ucciso», precisando che solamente due persone sono rimaste ferite dopo essere saltate dalla finestra della loro camera. Aldilà delle parole del portavoce appare sempre più chiaro che i Talebani hanno da tempo perso il controllo del Paese, così come è evidente che non sono mai stati in grado di assicurare il controllo del territorio bersagliato di continuo dai miliziani dell’Isis Khorasan, la branca locale dello Stato islamico presente in Afghanistan, Pakistan e Asia centrale, che -come detto- ha puntualmente rivendicato l’attacco all’Hotel Logan con video e fotografie dei suoi miliziani nell’atto di giurare fedeltà al nuovo leader dell’ISIS identificato come Abu al-Hussein al-Quraishi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cinesi-sotto-attacco-in-afghanistan-2658974173.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-fallimento-dei-talebani-sotto-i-colpi-dell-isis-khorasan-iskp" data-post-id="2658974173" data-published-at="1671209502" data-use-pagination="False"> Il fallimento dei Talebani sotto i colpi dell'Isis Khorasan (Iskp) Dall’attentato suicida all'aeroporto di Kabul avvenuto il 26 agosto 2021 dove vi furono almeno 183 morti (ma è certo che si tratta di un numero al ribasso), tra cui 170 civili afghani e 13 membri dell'esercito degli Stati Uniti, ogni giorno ci sono stati attacchi in ogni zona dell’Afghanistan. Nonostante avessero detto che una volta andati via gli americani avrebbero saputo gestire la sicurezza del Paese e che l’Isis Khorasan sarebbe stato un problema che avrebbero risolto, i Talebani tutto questo non sono stati in grado di farlo e oggi il Paese oltre ad essere precipitato nell’oscurità e nella povertà imposta dai nuovi padroni dell’Afghanistan, è una nazione allo sbando dove manca tutto.Chi sono i miliziani di questo gruppo jihadista? Si tratta in gran parte di ex appartenenti ad al-Qaeda, alla rete Haqqani e anche di molti Talebani scontenti per non aver ricevuto la loro fetta di potere e denaro. A loro si sono aggiunti anche ex membri dell’intelligence afghana rimasti senza lavoro dopo il ritorno dei Talebani a Kabul. Il leader dell'Iskp (gruppo fondato attorno al 2015-2016) che oggi potrebbe contare su circa 10.000 uomini, secondo l'intelligence Usa sarebbe l'afghano Sanaullah Ghafari-Shahab al-Muhajirun, ex affiliato alla rete Haqqani.L'emiro locale dell'Iskp sarebbe stato nominato nel giugno 2020 e in precedenza si era occupato delle ricche finanze del gruppo (grazie al traffico di droga) e degli attacchi terroristici con i kamikaze. Stavolta la sua identità è certa perché gli approfondimenti sono stati fatti anche da Paesi della regione sempre più preoccupati per quanto succede in Afghanistan. In particolare da Pechino che teme il gruppo fondamentalista denominato Movimento islamico del Turkestan orientale (Etim) che le Nazioni Unite hanno classificato come organizzazione terroristica dal 2002, un gruppo militante di etnia uigura attivo in Afghanistan che ha cercato a lungo di ottenere l'indipendenza per lo Xinjiang, che vorrebbe che in futuro si chiamasse «Turkestan orientale» e che si è alleato all'Iskp.Dall’agosto 2021 la branca locale dell’ISIS ha colpito ovunque, moschee sunnite e sciite, mercati, alberghi, strutture governative, senza contare le decine di uccisioni mirate di leader Talebani e i continui assalti a polizia ed esercito ma mai prima d’ora aveva attaccato interessi o personalità cinesi, e quanto accaduto lo scorso 12 dicembre rappresenta un salto di qualità per l’Iskp e un vero disastro per la credibilità dei Talebani nei confronti dei cinesi.Dopo l’attacco l’ambasciatore cinese a Kabul ha incontrato il viceministro degli affari Esteri, Sher Mohammad Abbas Stanikzai, e ha chiesto al governo talebano di «prestare maggiore attenzione alla sicurezza dell’ambasciata di Cina in Afghanistan». Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa afghana Pajhwok, nell’incontro con il diplomatico cinese, Stanikzai ha affermato che «garantire la sicurezza delle missioni diplomatiche straniere in Afghanistan è una priorità dell’Emirato islamico», ma si tratta -come detto in precedenza- di promesse che non possono essere mantenute in alcun modo dai Talebani. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cinesi-sotto-attacco-in-afghanistan-2658974173.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="ma-cosa-fanno-i-cinesi-in-afghanistan" data-post-id="2658974173" data-published-at="1671209502" data-use-pagination="False"> Ma cosa fanno i cinesi in Afghanistan? La Cina, che condivide un confine di 76 chilometri con l’Afghanistan, non ha mai riconosciuto ufficialmente il governo talebano, tuttavia è uno tra i pochi Paesi a mantenere una presenza diplomatica a Kabul. Perché? Innanzitutto Pechino teme da tempo che l’Afghanistan possa diventare un centro per eventuali attacchi da parte di esponenti estremisti della minoranza uigura nella delicata regione di confine dello Xinjiang. Poco dopo il loro ritorno al potere nell’agosto dello scorso anno i Talebani hanno promesso che l’Afghanistan non sarebbe stato utilizzato come base per i militanti e, in cambio, la Cina ha offerto sostegno economico e investimenti per la ricostruzione dell’Afghanistan (37,4 milioni di dollari donati). Inoltre, Pechino, più che alla superficie dell’Afghanistan, è interessata a quello che c’è sottoterra. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cinesi-sotto-attacco-in-afghanistan-2658974173.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="l-arabia-saudita-del-litio" data-post-id="2658974173" data-published-at="1671209502" data-use-pagination="False"> «L'Arabia Saudita del litio» Nel lontano 2010, un Rapporto stilato dai militari e da alcuni geologi americani stimava che l'Afghanistan, che resta uno dei Paesi più poveri al mondo, contava su quasi 1 trilione di dollari (circa 850 miliardi di euro) di ricchezze del sottosuolo: un'enorme quantità di ferro, rame, litio, cobalto e altri preziosi minerali. Dieci anni dopo se la maggior parte di queste risorse sono rimaste al loro posto a causa delle guerra, il valore di questi minerali è letteralmente andato alle stelle, come mostrava un Report del 2017 prodotto dal Governo afghano. Presto la ricchezza mineraria dell'Afghanistan potrebbe raggiungere i 3 trilioni di dollari, compresi i combustibili fossili. Pensiamo al litio, fondamentale nelle batterie per le auto elettriche, gli smartphone, tablet e i laptop, che sta affrontando una domanda senza precedenti visto che la crescita annua è del 20% rispetto al solo 5-6% di qualche anno fa. Gli analisti del Pentagono parlando dell'Afghanistan dicono che è «l'Arabia Saudita del litio» e sono convinti che i giacimenti di litio del Paese possono eguagliare quelli della Bolivia dove ci sono giacimenti tra i più grandi al mondo. Stesso trend lo vive il rame che vede un aumento della richiesta del 43% solo nell'ultimo anno. Più di un quarto della futura ricchezza mineraria dell'Afghanistan potrebbe essere realizzata solo espandendo le attività di estrazione del rame. Tutto questo però passa dall’effettiva stabilizzazione dell’Afghanistan che sotto il regime talebano è impossibile. Ora i cinesi dopo l’attacco al loro hotel dovranno decidere se continuare restare nel Paese nella speranza di mettere le mani sulle risorse del sottosuolo e diventare obbiettivo dell’Iskp che li può colpire in qualsiasi momento oppure andarsene dando per perso l’Afghanistan proprio come fatto dagli US e alleati che dopo avere speso miliardi di dollari e più di tremila militari morti hanno finalmente capito che nel Paese dove si dice che «una donna sta bene solo in casa o in una tomba» non c’è più niente da fare.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.