2024-07-05
Cinesi azionisti della Commissione europea
Ursula von der Leyen e Olaf Scholz (Ansa)
In vigore da oggi le tariffe per bloccare l’importazione di auto elettriche. Il governo di Scholz è contrario per non danneggiare le esportazioni di Vw e Bmw. Stop provvisorio. Pechino e Berlino per la controffensiva attraverso un’Ursula bis a trazione tedesca.Dazi, auto elettriche, Cina e nomine in vista della nuova Commissione Ue. Una partita che oltre a intrecciarsi rischia di avvitarsi su se stessa e rendere ancora più difficile la quadra attorno al nome di Ursula von der Leyen candidata al bis. Da oggi sono in vigore i dazi sui veicoli a batteria prodotti in Cina. L’Italia risponde invocando il Wto, proprio mentre il titolare del Mimit, Adolfo Urso, è in visita a Pechino con l’intento di portare produttori automotive dal Dragone all’Italia. Le case tedesche hanno reagito con veemenza alla notizia e in linea con le mosse di Olaf Scholz hanno chiesto un passo indietro dell’Ue. La Cina dal canto suo spera di raggiungere un accordo con l’Unione europea. Almeno questa sarebbe la posizione del ministero del Commercio cinese. «Ci auguriamo che la parte europea collabori con la Cina per incontrarsi a metà strada, mostrare sincerità, accelerare il processo di consultazione e, sulla base delle regole e della realtà, raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile il prima possibile», ha dichiarato alla Cnbc il portavoce del ministero del Commercio cinese He Yadong. Quest’ultimo ha ribadito inoltre l’opposizione della Cina all’indagine anti sussidi dell’Unione e ha sottolineato che le due parti hanno ancora una finestra di quattro mesi. Il ministro del Commercio cinese, Wang Wentao, avrebbe incontrato virtualmente il commissario Ue per il Commercio Valdis Dombrovskis lo scorso 22 giugno per discutere dell’indagine Ue sui veicoli elettrici, stando a quanto riferito dal portavoce. Le due parti avrebbero tenuto diversi colloqui a livello tecnico, ma non è chiaro se le trattative siano ancora in corso o siano terminate. Tanto che alla fine la tagliola è scattata ugualmente. Per il Paese guidato da Xi Jinping il muro di dazi rischia di essere un problema. Il settore delle auto elettriche in Cina è arrivato molto vicino alla soglia della saturazione. Al momento i mezzi a batteria valgono circa un terzo del mercato. Una crescita rapida (parliamo di tre volte la media del mercato Ue) dovuta all’enorme monte premi di incentivi (oltre 200 miliardi di dollari) e alla spinta infrastrutturale. Adesso però nemmeno con gli incentivi le elettriche riescono a sfondare il soffitto del 33%. Per questo motivo la strategia cinese è invadere il Vecchio continente grazie al dumping e ai prezzi decisamente più bassi. Aggirare i dazi in futuro non sarà semplicissimo e in ogni caso significherà aumentare i prezzi di listino. D’altro canto i tedeschi producono in Cina e quindi le auto di Berlino rischiano di seguire la medesima sorte. Il dato più interessante è comunque il tentativo in atto da parte di Berlino di invertire la rotta e tornare ad avere presa sulla Commissione. Un tentativo che vede ovviamente la sponsorizzazione della politica cinese che sembra volere sostenere la Commissione Ursula bis purché resti a trazione tedesca. In tal caso andremmo incontro a uno scenario non troppo diverso da quanto sperimentato all’inizio del 2023 quando Emmanuel Macron era sulla cresta dell’onda. All’epoca tentò la sua mossa industriale. Il tema era bilanciare il potere degli incentivi americani e al tempo stesso rimettersi alla guida dell’Europa diventando il principale interlocutore della Cina. Esattamente il progetto intrapreso ai tempi di Donald Trump e della rottura francese in sede Nato. Parigi voleva giocare sporco. Usare i soldi dell’Europa e cercare di sommare alla propria tecnologia anche quella dei partner europei. Lo schema in generale necessita di una terza gamba, il mercato di sbocco: un canale da e verso la Cina.Ciò che la Casa Bianca non accettava e non accetta è il maxi trasferimento di know how in corso tra la Francia, la Germania e il Dragone. Pechino ha garantito per esempio un mercato di sviluppo ad Airbus e in cambio ha chiesto di ospitare in patria intere piattaforme logistiche e tecnologiche. Gli Usa non hanno paura della tecnologia di Airbus, ma che questa finisca ai cinesi per osmosi. E non è un timore infondato. Due esempi: l’accordo firmato da Macron con la Cnnc (China national nuclear corporation) e l’avvio nel 2018 del Cfosat (Chinese french oceanic satellite). La fabbrica Airbus di Tinjin ha assemblato il suo quattrocentocinquantesimo A320 nell’ambito di un mercato continentale che da solo vale 229 aeroporti. Così i cinesi hanno aperto i loro aeroporti e in cambio hanno ottenuto l’accesso ai progetti e al grande mondo dei fornitori Ue. Adesso Macron ha perso la sua partita in patria oltre che qualche milione di voti. Impossibile che in vista delle elezioni americane possa pensare di rimettere a terra il progetto. Ma lo schema si potrebbe riproporre. O meglio un pezzo di Germania e la Cina vorrebbero riproporre l’obiettivo che sognava l’Eliseo. Come? Beh innanzitutto avendo dalla propria la Von der Leyen e chiedendo a lei di replicare lo strano triangolo.
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
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