2024-01-04
A Xi servono figli, ma le donne non li vogliono
Il Dragone ha attuato per anni una severa politica di controllo delle nascite, che ha finito per provocare una recessione demografica. Il Partito comunista mira a invertire la tendenza, però il danno ormai è fatto: le cinesi sono sempre più riluttanti a metter su famiglia.Qualche giorno fa è piovuta una pioggia di fuoco su Lavinia Mennuni, senatrice di Fratelli d’Italia secondo cui si dovrebbe riuscire - al fine di contrastare il calo demografico - a rendere la maternità «di nuovo cool». Utilizzando un termine che lei stessa mostrava di non gradire troppo, la Mennuni voleva insistere su un punto importante: le cause del crollo della natalità non sono soltanto economiche, ma prima di tutto sono culturali. È, questa, una verità che ai più dispiace affrontare, ma che trova purtroppo numerose conferme, anche al di fuori dell’Italia. È interessante a tale proposito la lettura di un articolo uscito sul Wall Street Journal riguardante le politiche messe in campo dal governo cinese per spingere i cittadini a mettere al mondo più figli.Secondo il quotidiano americano, il Dragone sta incontrando parecchie difficoltà a raggiungere l’obiettivo. «Quando Pechino ha dichiarato che nel 2015 avrebbe abolito la politica del figlio unico, in vigore da 35 anni, i funzionari si aspettavano un baby boom. Invece, hanno avuto un baby-bust», si legge. «Nuovi reparti maternità furono costruiti solo per chiudere pochi anni dopo. Le vendite di prodotti per la cura dei bambini, compresi latte artificiale e pannolini, sono diminuite. Le aziende che si concentravano sui bambini ora si rivolgono agli anziani. Le nuove scuole materne costruite per rendere l’educazione dei figli più accessibile faticano a riempire le aule e molte hanno chiuso. Nel 2022, il numero di scuole dell’infanzia in Cina è diminuito del 2%, il primo calo in 15 anni».Stando ai dati, la situazione non è delle più confortanti: «Demografi e ricercatori prevedono che le nascite cinesi scenderanno sotto i 9 milioni nel 2023. Le Nazioni Unite prevedono 23 milioni di nascite in India, che nel 2023 ha superato la Cina come Paese più popoloso del mondo. Secondo le stime Onu, nel 2023 gli Stati Uniti avranno circa 3,7 milioni di bambini nati nel 2023». A quanto pare, in Cina succede più o meno quello che sta succedendo qui da noi: mancano donne in età fertile interessate a riprodursi. «La politica del figlio unico ha causato gran parte della depressione demografica della Cina: ci sono meno giovani che in passato, tra cui milioni di donne in età fertile in meno ogni anno», scrive il Wall Street Journal. «Queste donne sono sempre più riluttanti a sposarsi e ad avere figli, accelerando il declino della popolazione. In Cina, 6,8 milioni di coppie hanno registrato matrimoni nel 2022, rispetto ai 13 milioni del 2013. Il tasso di fertilità totale del Paese nel 2022 - il numero medio di bambini che una donna ha nel corso della sua vita - si avvicina a una nascita per donna, ovvero 1,09. Nel 2020 era 1,30, ben al di sotto del 2,1 necessario per mantenere stabile la popolazione».Questi numeri inquietanti sono appunto la conseguenza della famigerata politica del figlio unico, le cui drammatiche conseguenze sono state esaminate da un saggio intitolato Figlio unico, pubblicato nel 2018 da Mei Fong, giornalista americana di origine cinese vincitrice del premio Pulitzer nel 2007 (in Italia il volume è edito da Carbonio). L’autrice mostra con chiarezza come i presupposti ideologici su cui questa folle politica si basava fossero di matrice occidentale. L’allarme sulla sovrappopolazione a livello mondiale venne lanciato per la prima volta nel 1968 da Paul Ehrlich, professore di Stanford e autore di un saggio intitolato The population bomb che ebbe enorme successo. Ad alzare il livello di allarme sulla natalità globale provvidero poi appelli delle Nazioni Unite e soprattutto il famigerato rapporto del Club di Roma del 1972. Venati da un razzismo nemmeno troppo celato, questi documenti si rivolgevano soprattutto ai cosiddetti Paesi in via di sviluppo: volevano evitare che i poveri si riproducessero troppo. Ne scaturirono politiche di contenimento della natalità in varie nazioni, ma - come scrive Mei Fong - «solo la Cina possedeva la struttura autoritaria sul piano politico e, al tempo stesso, la disponibilità a livello sociale e culturale per far passare quelle idee su vasta scala. Mentre gli esperti occidentali, tipo quelli del Club di Roma, presentavano le loro teorie sul controllo demografico come meri esercizi intellettuali, gli scienziati cinesi erano pronti a mettere in pratica tali idee sulla popolazione reale, quasi senza avere a disposizione una rete di sicurezza».Per 25 anni le autorità cinesi hanno disincentivato la natalità, e hanno avuto successo. Poco meno di dieci anni fa, però, si sono rese conto di aver commesso un errore e hanno avuto la lungimiranza di cambiare approccio. Da qualche tempo, il Partito comunista e lo stesso Xi Jinping insistono molto sull’importanza della famiglia. Lo dimostra un volume intitolato Gli adagi di Xi Jinping. Una guida alle allusioni classiche del leader cinese. In Italia è stato pubblicato da Anteo edizioni e riprende ben 35 discorsi di Xi in cui si delinea una Cina che «si riconcilia con le proprie tradizioni culturali profonde, col patrimonio letterario e la filosofia antica che una volta rifiutava in nome del progresso. [...] L’istruzione alla tradizione, una volta disapprovata dal Pcc, è ora considerata un importante prerequisito per il futuro, armonioso sviluppo del Paese».Invertire la rotta, i dati lo dimostrano, non è così semplice. Il martellamento costante ha avuto effetti profondi, a cui si uniscono le conseguenze dello sviluppo economico. Come nota il Wall Street Journal, tante delle donne intervistate preferiscono dedicare tempo a sé stesse e alle proprie passioni invece di avere più figli. Le preoccupazioni economiche (che comunque contano) fanno il resto.Ora, può senz’altro darsi che la Cina - grazie ai robusti investimenti che sta facendo sulle giovani coppie e grazie al cambio di passo culturale che ha imposto - riesca nei prossimi anni a frenare il declino. Comunque sia, la vicenda del Dragone ci offre un prezioso insegnamento: la denatalità causa problemi economici gravi, ma per contrastarla non bastano aiuti e sgravi fiscali. La visione del mondo e del futuro conta tantissimo: una volta cambiata le mente delle persone, condurle all’estinzione è più facile che salvarle.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)