
Negli ultimi giorni si sono registrati scontri particolarmente violenti nel Paese africano, mentre la tensione continua a rivelarsi alta. A fronteggiarsi sono state le forze armate legate al presidente, Mahamat Deby, e i dissidenti guidati dall’oppositore politico Yaya Dillo, il quale è rimasto ucciso mercoledì scorso. “L’Unione europea e l’ong Human Rights Watch hanno chiesto alla giunta militare al potere in Ciad di aprire un’indagine indipendente sulla morte del leader del Partito socialista senza frontiere (Psf) Yaya Dillo, denunciando circostanze non chiare nell’accaduto ed esprimendo preoccupazione per le condizioni dei dissidenti nel Paese”, ha riferito Agenzia Nova. La medesima testata ha anche riportato che le forze di Deby avrebbero avviato lo smantellamento della sede dello stesso Psf. Nel frattempo, secondo Deutsche Welle, sabato scorso proprio Deby ha annunciato l’intenzione di candidarsi a presidente. “Io, Mahamat Idriss Deby Itno, sono candidato alle elezioni presidenziali del 2024 sotto la bandiera della coalizione Per un Ciad Unito”, ha detto. Ricordiamo che le locali elezioni sono previste per il prossimo 6 maggio.Attenzione: le recenti tensioni in Ciad non vanno lette come un fulmine a ciel sereno. Ad aprile scorso, il Washington Post ha rivelato che, secondo l’intelligence statunitense, il Wagner Group starebbe reclutando e addestrando dei ribelli per abbattere l’attuale governo del Paese. Documenti, citati dal quotidiano d’Oltreatlantico, parlano di uno “sforzo del gruppo paramilitare russo Wagner a febbraio per reclutare ribelli ciadiani e stabilire un sito di addestramento per 300 combattenti nella vicina Repubblica Centrafricana come parte di un ‘complotto in evoluzione volto a rovesciare il governo del Ciad’”. Non solo. A inizio maggio, la rivista Foreign Policy ha sostenuto che l’instabilità, innescata dalla crisi sudanese, rischia di contagiare presto il Ciad. Quella stessa crisi sudanese dietro cui si cela lo zampino di Mosca. Al di là dell’instabilità interna, il peggioramento dei rapporti tra il Ciad e Bruxelles potrebbe portare a un ulteriore indebolimento dell’influenza occidentale sul Sahel. Ricordiamo che, negli ultimi due anni, Mali, Burkina Faso e Niger si sono progressivamente inseriti nell’orbita di Mosca. Non solo. A settembre scorso, questi tre Paesi hanno anche siglato un patto di sicurezza, entrando in collisione con l’Ecowas e con la Francia. Il Ciad rischia, insomma, di essere la prossima pedina del domino. Il Sahel sta ormai diventando un problema assai rilevante per l’Ue e per il fianco meridionale dell’Alleanza atlantica. Non è infatti solo la Russia ad aver rafforzato la propria presa sull’area ma anche l’Iran si sta muovendo in tal senso. Una situazione che rischia di creare pericolosi collegamenti con le attività degli Huthi nel Mar Rosso. Frattanto, secondo Agenzia Nova, il primo ministro del Ciad, Succès Masra, è arrivato ieri a Parigi, per tenere degli incontri con i vertici della Confindustria francese. Quello stesso Masra che, come Deby, si è candidato alle prossime presidenziali del Paesi africano. Un elemento, questo, che complica ulteriormente il quadro complessivo dal punto di vista politico.
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».
Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).
Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.
A 80 anni dall’Olocausto, Gerusalemme ha un ruolo chiave nella modernizzazione della Bundeswehr. «Ne siamo orgogliosi», dicono i funzionari di Bibi al «Telegraph». Stanziati da Merz quasi 3 miliardi.
Se buona parte della modernizzazione della Bundeswehr, le forze armate federali, è ancorata all’industria tedesca, Israele sta svolgendo un ruolo chiave nella fornitura di tecnologia di difesa. «La Germania dipende enormemente dalla tecnologia israeliana, in particolare nei settori della tecnologia dei droni, della ricognizione e della difesa aerea», riferisce Roderich Kiesewetter, membro della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz e capo della delegazione tedesca presso l’Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem). Il parlamentare ha aggiunto che il suo Paese «beneficia inoltre notevolmente della cooperazione in materia di intelligence, che ha già impedito molti attacchi terroristici in Germania». Al Telegraph, alti funzionari della difesa israeliani hanno dichiarato di svolgere un ruolo chiave nella nuova politica di riarmo tedesca e di esserne «orgogliosi».





