2025-06-08
La banchiera con i foulard di Hermès che fa franare i mercati quando parla
L’ex ministro francese ha inanellato una serie di gaffe. Agli esordi del Covid disse che il suo lavoro non era abbassare lo spread: Borse giù e retromarcia. Durante la crisi energetica consigliò l’uso della bici.Quando, tra qualche anno, qualche cronista cercherà di riassumere il mandato di Christine Lagarde alla Banca centrale europea, difficilmente parlerà di inflazione o di politiche monetarie. Più probabile che inizi così: «La presidente con i foulard colorati che fece tremare i mercati ogni volta che apriva bocca». Già, perché se Mario Draghi è stato il «Whatever it takes» («Qualunque cosa serva») che salvò l’euro, la Lagarde è stata il «Whatever I say» («Qualunque cosa io dica») che fece crollare Piazza Affari. E non una volta sola.A suo modo, la Lagarde lascerà il segno. Non nei bilanci familiari europei, bensì nel guardaroba di Bruxelles. Tailleur sartoriali, chioma argentata, foulard Hermès in tutte le gradazioni di corallo e spilli più eloquenti di certi discorsi al Parlamento. Ogni apparizione era uno statement, come dicono le riviste di moda, più che un intervento di politica monetaria. Il suo look è talmente riconoscibile che, a un certo punto, ci si chiedeva se anche lo spread si regolasse sull’eleganza dei suoi accessori. Ma dietro il foulard, si sa, può nascondersi la tempesta. Era il 12 marzo 2020. Il mondo cominciava a realizzare che il Covid non era un’influenza passeggera e i mercati erano in panico. Lei, glaciale come solo un’ex ministro dell’Economia francese può essere, si presentò in conferenza stampa e sentenziò: «Noi non siamo qui per accorciare gli spread. Non è questa la funzione né la missione della Bce». Apriti cielo. Piazza Affari segnò in poche ore il record storico di ribasso in un giorno solo, perdendo il 16,92%.Costretta a ritrattare poche ore dopo, balbettò qualcosa in un’intervista televisiva. Ma il danno era fatto. Da quel momento, il suo rapporto con i mercati divenne come quello tra un gatto e l’aspirapolvere. Da lì in poi, Christine non deluse mai chi aspettava una nuova uscita infelice. Memorabile fu quando disse al Parlamento europeo che gli rimproverava troppa rigidità sui tassi d’interesse. Li aveva tenuti bassi dicendo che la fiammata dei prezzi era solo temporanea. Visto l’errore, aveva tirato il freno con la violenza di un boscaiolo. Agli europarlamentari che chiedevano spiegazioni aveva risposto: «Che cosa credete? Quando vado a dormire non dimentico che ci sono persone, come le più vulnerabili, che soffrono per l’elevata inflazione. Ho familiari che soffrono per questo e ciò mi rende ancora più determinata a ridurre la crescita dei prezzi».Ma la gaffe, si sa, è democratica: arriva a sinistra e a destra, senza pregiudizi. Durante la crisi energetica, l’illuminazione fu: «Per far fronte all’aumento del prezzo del petrolio, consiglio ai francesi di andare in bicicletta». Chissà se lo stesso consiglio vale per un camionista bulgaro. E poi c’è la politica monetaria vera, quella fatta coi numeri. Quella che, a detta degli esperti, dovrebbe essere il core business di una banca centrale. Dal 2024 al 2025, la Bce ha abbassato i tassi otto volte, portandoli dal 4,5% al 2%. Una discesa impetuosa tanto quanto era stata violenta la frenata. Eppure, ai cittadini è arrivato ben poco, come ha ricordato un studio di questi giorni della stessa Bce. I mutui, infatti, sono scesi di appena 118 punti base, dal 4,72% al 3,54%, e la situazione non si normalizzerà prima del 2030. Sperando, ovviamente, che non ci siano altri choc. Come mai tante gaffe? Forse perché nel board si discute più di green bond che di costo della vita? Sì, perché se c’è una cosa che alla Lagarde riesce bene, oltre ai completi pastello, è il linguaggio da conferenza Onu. Il futuro è verde, sostenibile, inclusivo. Basta con i capitali sporchi, largo agli investimenti Esg, ai fondi etici, alla transizione climatica. Secondo lei, la Bce deve tener conto del cambiamento climatico nei suoi modelli economici. Regolamentare i mercati per premiare chi riduce le emissioni. Usare incentivi per incoraggiare la sostenibilità. E magari introdurre un carbon footprint anche per il conto in banca del nonno.Un’idea nobile, certo. Ma il sospetto è che Christine si senta più Greta Thunberg che banchiere centrale. E che, in fondo, abbia sempre preferito le platee del World economic forum di Davos ai noiosi report trimestrali sul Pil. Non a caso adesso si parla di prossimo trasferimento
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli