È la suggestiva e rinnovata cornice della chiesa sconsacrata dei Ss. Filippo e Giacomo a Brescia - ora Spazio CARME - a ospitare (sino al prossimo 3 settembre) la mostra CHINA NOW!, un'interessante raccolta di dipinti, fotografie, sculture e video provenienti dalla ricca collezione d'arte contemporanea cinese (e non solo) dello svizzero Uli Sigg.
È la suggestiva e rinnovata cornice della chiesa sconsacrata dei Ss. Filippo e Giacomo a Brescia - ora Spazio CARME - a ospitare (sino al prossimo 3 settembre) la mostra CHINA NOW!, un'interessante raccolta di dipinti, fotografie, sculture e video provenienti dalla ricca collezione d'arte contemporanea cinese (e non solo) dello svizzero Uli Sigg.«Più noi comprendiamo la cultura dell’Ovest, più apprezziamo la nostra cultura tradizionale, dove anche la rivoluzione culturale del maoismo ha valore. Solo se noi saremo capaci di combinare queste tradizioni con la cultura dell’Ovest, potremo creare l’arte del futuro…». In queste poche parole di Xu Bing, artista cinese che ha vissuto parecchio tempo in America, tutta l’essenza di CHINA NOW!, un’esposizione piccola e di nicchia, ma che propone al pubblico l’interessante e complicato tema dei rapporti fra Oriente (in questo caso inteso come il « Continente » Cina) e Occidente, fra lo Yin e lo Yang. Ma non solo. Perché il confronto ideologico e artistico non è soltanto fra Est e Ovest, ma anche fra le due componenti essenziali dell’arte cinese: quella classica, ossia tutto ciò che c’era prima della rivoluzione maoista e quella «di propaganda », figlia del più recente realismo socialista. E lo sforzo degli artisti cinesi, soprattutto negli ultimi 50 anni, è andato proprio in questa direzione: riflettere sulla loro «duplice» tradizione, coglierne l’essenza e fonderla con la cultura occidentale, anch’essa «riveduta e corretta» con occhio e spirito critico. Solo così, dall’unione di due poli opposti, con le loro luci e le loro ombre, può nascere un’arte nuova, figlia del passato e proiettata verso il futuro. A questo proposito è illuminante una scultura (fra le più interessanti e suggestive presenti in mostra) di He Xiangyu, che ha bollito 120 tonnellate di Coca Cola - simbolo iconico della cultura occidentale, ma anche prodotto di riferimento per i consumatori cinesi - fino ad ottenere una massa di residuato nero, chiara metafora artistica dell’influenza dell’Occidente sulla Cina. Ma di un Occidente che non è modello di vita, ma produttore di invischiante pece nera…Accanto a Xiangyu, negli spazi luminosi e totalmente rinnovati dell’ ex chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo, in mostra opere di altri artisti cinesi ( fra cui anche il dissidente Ai Weiwei, sicuramente il più noto al grande pubblico e che a Brescia è presente con un tavolo della dinastia Qing riassemblato in una scultura animata), per un totale di 30 pezzi, tutti appartenenti alla collezione di Uli Sigg, primo imprenditore occidentale a insediarsi in Cina dopo la dichiarazione della Open Door Policy (la « politica della Porta Aperta») e che, da grande collezionista, dal 1979 raccoglie opere contemporanee, individuando nell'arte uno strumento straordinario per conoscere la cultura cinese.Tra i pezzi esposti, a colpire il visitatore due grandi tele di Liu Wei; i raffinatissimi, quasi eterei rabbit ((Rabbit Portrait Jiawu 1 e Black Portrait No. 2) di Shao Fan - realizzati con la minuziosa tecnica a inchiostro su carta di riso – e tutta la serie di opere di aperta contestazione al sistema politico cinese, provocatoriamente realizzate da Jin Shan, Tian Wei e Gu Changwei.Di grande impatto emotivo anche l’ultima sala del percorso espositivo, dove la video installazione di Kin-Wah Tsang (artista noto per la sua «arte da carta da parati », originale combinazione di illustrazioni, dipinti e parole) proietta lo spettatore in una dimensione straniante, una sorta di «non luogo» in cui un rumore assordante si mescola ad un brusio di frasi incomprensibili. Poi, il frastuono si trasforma in silenzio e le parole – brevi riflessioni sugli uomini, la morte e la vita – riacquistano un senso.In chiusura, ad ulteriore conferma del significato di questa esposizione, riporto il pensiero di Massimo Minini, cofondatore di BELLEARTI, parte attiva nella progettazione e realizzazione di CHINA NOW!«Questa mostra è stata pensata come esemplare di un rinnovamento epocale della cultura di una grande nazione come la Cina che sempre di più occupa la scena mondiale. A dire il vero la scena l’aveva già occupata da millenni ma noi non ce ne eravamo accorti, non sapevamo, per noi il mondo finiva alle colonne d’Ercole. Poi pian piano ci siamo posti il problema, da Marco Polo verso est, a Colombo verso ovest. Ora che i tempi sono maturi, la creatività degli artisti cinesi si è liberata e si staglia altissima sulla linea, un orizzonte culturale che la Cina ha sempre avuto, ma che le era negato prima da una visione eurocentrica, poi da una supremazia mercantile occidentale. In questi vent’anni abbiamo assistito a una formidabile rimonta e ormai la Cina si attesta al vertice della piramide economico-culturale del pianeta».
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Colpi sulle forze Onu in Libano. Gerusalemme: «Abbiamo confuso i soldati per sospetti a causa del maltempo». E l’esercito avverte: «Se necessario operazioni a Gaza».
Ennesimo attacco alle stazioni Unifil in Libano da parte dell’Idf, ennesimo rimpallo di responsabilità. «Le forze israeliane (Idf) hanno aperto il fuoco contro peacekeeper di Unifil da un tank Merkava nei pressi di una postazione allestita da Israele in territorio libanese» ha denunciato Unifil ieri mattina, precisando che «i colpi sono arrivati a circa cinque metri dai peacekeeper, che erano a piedi» e sono stati costretti a mettersi al riparo. «I caschi blu hanno chiesto alle Idf di cessare il fuoco tramite i canali di collegamento di Unifil. Sono riusciti ad allontanarsi in sicurezza circa trenta minuti dopo, quando il carro armato Merkava si è ritirato all'interno della postazione delle Idf. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito». Poco dopo l’Idf si è difeso chiarendo di non aver «sparato deliberatamente» contro le forze di pace delle Nazioni Unite in Libano. Hanno affermato di aver scambiato i soldati per «sospetti» a causa «delle cattive condizioni meteorologiche».
Un volo breve, un dirottatore Naif e un mistero ancora irrisolto. Ecco la storia del terrorista a bordo di Northwest 305.
Volodomyr Zelensky e Kyriakos Mitsotakis (Ansa)
Prima è stato in Grecia, oggi va a Parigi e domani in Spagna: il presidente ucraino ha la faccia tosta di pretendere gas, fondi e aerei dopo che i suoi hanno sperperato svariati miliardi per farsi i water d’oro.
Non indossa il saio del pentimento anche se assomiglia sempre più a Fra Galdino impegnato in una questua perenne. È Volodymyr Zelensky che ieri è andato in Grecia, oggi sarà a Parigi e domani in Spagna a chiedere soldi, energia e armi. Come il frate cercatore del Manzoni dice: noi siam come il mare che riceve acqua da tutte le parti e la torna a distribuire ai fiumi. Solo che i suoi fiumi sono gli oligarchi e gli amici dello stesso Zelensky, che si sono spartiti tangenti miliardarie mentre gli ucraini continuano a morire di guerra e di freddo. Lo scandalo sulla corruzione – che l’Europa conosceva dal 2021 attraverso una denuncia della sua Corte dei conti, ma che Ursula von der Leyen ha scelto di ignorare – non si placa e il presidente ucraino, mentre va in giro a fare la questua, ha annunciato profonde modifiche negli assetti istituzionali a cominciare da un radicale cambiamento della e nella Commissione per l’energia e ai vertici delle aziende di Stato, che ha chiesto al governo di presentare con urgenza alla Verkovna Rada, il Parlamento.
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Una tassa su chi non vota. L’idea l’ha lanciata il direttore della Stampa, Andrea Malaguti, per arrestare il calo della partecipazione popolare alle elezioni, sintomo - a suo dire - del declino della democrazia.
L’articolo 48 della Costituzione dice che votare è un dovere civico, cioè una specie di impegno morale, ma non un obbligo. Per l’illustre collega, invece, si dovrebbe essere costretti a partecipare alle elezioni. «Si va», ha spiegato, «con la forza». Non mi è chiaro se Malaguti preveda l’intervento dei carabinieri o, visto che «chi non va alle urne fa un danno alla collettività», quello degli esattori del fisco, per monetizzare il diritto a non esercitare un diritto (di voto). Quali che siano le procedure che il collega intende adottare per risolvere i problemi della crisi della democrazia, segnalo che il fenomeno dell’astensionismo riguarda ogni Paese occidentale.







