2020-07-26
Chi fa il tifo per il secondo lockdown prepara un mondo di rabbia e paura
Per il premier inglese Boris Johnson un'altra quarantena «sarebbe come l'atomica». Gli effetti della prima sono chiari anche da noi: spesso la speranza e la fiducia negli altri sono crollate. A vantaggio di aspiranti dittatori.«Chiudere tutto un'altra volta? Non lo farò. Il lockdown è come l'atomica, un deterrente nucleare». Bisogna sapere che c'è, ma non usarlo; troppo distruttivo. Così si è espresso Boris Johnson qualche giorno fa, pensando ai milioni di persone che saranno disoccupate di qui a poco, e dopo che anche la Francia aveva escluso altri confinamenti nazionali. Cosa Bojo pensi è chiaro: se dopo aver fronteggiato la prima emergenza il confinamento non viene abbandonato con decisione, si spegne la vitalità del Paese e non solo in senso figurato. Fare della lotta al Covid l'unico obiettivo della sanità nazionale provoca infatti l'aggravamento e la morte di ancora più persone.La posizione di Bojo non nasce da una sua convinzione personale; le sue ragioni andrebbero conosciute meglio nel nostro Paese, unico fra le grandi nazioni europee dove l'ideologia claustrofila abbia tuttora un seguito importante, soprattutto nel governo e nei media. Probabilmente non tanto per ragioni sanitarie, ma per il controllo sulla popolazione che i confinamenti consentono di mantenere senza fatica. A spese della nazione, ormai stanca di un governo sorprendentemente incapace di imparare dalla realtà. La decisione di Johnson si basa infatti soprattutto sul rapporto ufficiale fornito al governo inglese dagli esperti del ministero della Salute e dell'Ufficio nazionale di statistica e scienze attuariali. Nelle sue pagine si mostra come l'aver confinato a lungo in casa un'intera nazione, e riservato i servizi sanitari esclusivamente all'epidemia trascurando gli altri malati, provocherà in non molto tempo la morte di più di 200.000-300.000 persone; più del quadruplo dei 45.400 finora deceduti per il coronavirus in Inghilterra. La sospensione delle cure a tutti gli altri malati per seguire solo il Covid 19 sta infatti già rivelando conseguenze molto gravi sulla salute fisica e psichica di tutti. Molto più numerosi dei decessi direttamente provocati dal virus sono infatti (e saranno nei prossimi mesi e anni) quelli dovuti ai danni derivanti dagli effetti collaterali della mancanza di cure ai malati di tutte le altre patologie, anche molto gravi, di cui nessuno si è più occupato per interi mesi, e agli effetti sulla salute fisica e psichica della recessione provocata dalla chiusura delle attività produttive. I più frequenti sono i tumori (compreso quello ai polmoni), le malattie cardiache, e le forme di diabete: le più diffuse tra la gravi malattie della popolazione, rimasta per mesi senza cura.Quindi - Johnson lo ha comunicato con grande chiarezza - basta con le ipotesi di lockdown. Del resto non ce n'è bisogno: si è ormai imparato come affrontare e circoscrivere il virus nelle sue eventuali apparizioni, e come fare più attenzione all'uso del distanziamento sanitario, senza farne un'ossessione psichiatrica o ideologica e riconoscendo e affrontando le situazioni realmente a rischio, non poi così numerose.L'importante è - in ogni Paese - mettersi in testa che (anche si riuscisse a trovare un vaccino valido, come forse sta accadendo) con il Covid 19 dovremo probabilmente convivere. Come del resto stiamo già facendo da anni con gli altri Sars-coronavirus fin dall'inizio del secolo; anche se chissà come mai nessuno ne ha parlato malgrado abbiano già provocato migliaia di morti. Ogni immagine di lotta personale - «o noi il virus» - è suggestiva in tv ma falsa; siamo assieme ai virus da sempre, e quando ne arriva uno nuovo bisogna soprattutto come conviverci. Senza lasciarsi mettere troppa paura perché la vita, comunque e dovunque, richiede coraggio.Senza di quello la vita diventa un'avventura terrorizzante e i sentimenti positivi scompaiono, lasciando spazio a: incertezza e paura. Sono queste (ad esempio) le due parole che vengono più frequentemente in mente agli intervistati nel sondaggio (condotto dall'Osservatorio del Nordest diretto da Ilvio Diamanti e in pubblicazione mercoledì prossimo sul Gazzettino) su Le parole del futuro e la fiducia negli altri, svolto nel Veneto, regione finora tutt'altro che paurosa, anzi positiva e intraprendente. Tuttavia anch'essa provata dall'esperienza del Covid 19 e dalle perduranti incertezze sul porre fine dell'«emergenza» sanitaria, cui il governo non ha ancora rinunciato, malgrado le autorevoli critiche ricevute da ogni parte. Il sondaggio mette a fuoco il sentimento entrato più in crisi durante l'epidemia: la fiducia. Vista nell'inchiesta-sondaggio soprattutto come fiducia negli altri, che però è un aspetto specifico della fiducia nella vita. È proprio quella - mi pare - a venire messa in crisi dall'emergenza interminabile, il confinamento non stop. Paralizzando così l'intera società, i legami sociali e la fiducia nel futuro e alimentando anzi atteggiamenti paranoidi, neppur troppo vagamente persecutori. È così che il cittadino dell'emergenza da Covid-19 perde la fiducia negli altri (e nella società, che quindi tende a dissolversi).Nell'interessante sondaggio, infatti, la netta maggioranza degli intervistati dichiara che gli altri, se potessero, approfitterebbero di loro. È la visione: «Ogni uomo è un lupo per gli altri uomini» del filosofo ultra pessimista Thomas Hobbes, nella sua opera Leviatano, molto amata da tutte le politiche autoritarie. Vi si sostiene infatti che proprio a questo serve lo Stato: essendo «totalmente artificiale» con il suo potere ci può salvare la vita togliendoci dal mondo della natura, dove invece domina la morte. Per affermare il potere dello Stato si ricorre poi, spiega poi il filosofo del diritto Carl Schmitt, proprio alla «situazione d'eccezione» (come appunto la pandemia) infrangendo le stesse norme giuridiche vigenti, in nome di interessi superiori, come la conservazione della vita.Ciò ha tuttavia un altissimo prezzo, oltre ai disastri fisici ed economici segnalati in Inghilterra. Anche nel sondaggio sulla fiducia (come nelle cronache), chi è certo che gli altri approfitterebbero volentieri di lui, per descrivere come si sente sceglie parole come: incertezza, paura, sconforto, rabbia. Insomma, è paralizzato dal terrore e sull'orlo della depressione. Come certi sguardi spaventati che escono da sopra le maschere. È solo la minoranza degli intervistati che ha come prima parola la speranza. La capacità di progettare il futuro, infatti, si nutre della fiducia per gli altri, che è il contrario del confinamento e della chiusura. È in questo modo che si afferma, con Conte, come con altri aspiranti o effettivi dittatori, la psicologia dell'emergenza. È per questo che Bojo non vuole più sentire parlare di lockdown, anche se poche settimane fa è mancato poco che il virus lo ammazzasse. Emergenza, paura, confinamenti, riduzione delle libertà (con la legge sull'omotransfobia): sono queste le parole chiave dell'instaurarsi di ogni regime autoritario, con le sue conseguenti povertà e la sua solitudine dell'individuo, ormai privo di autentica socialità e comunità. Cerchiamo di evitarlo.