2019-12-07
Checco Zalone canta l’immigrazione e cancella la psicosi sull’Italia razzista
C'è chi lo accusa di xenofobia e chi ne fa un eroe anti destra. Ma la sua satira svela il nostro vero rapporto con gli stranieri.Più che una discussione sul trailer del nuovo film di Checco Zalone sembra la disputa sugli universali della scolastica medievale. Sulla Rete gli esegeti cercano di cogliere il più leggero inarcamento di sopracciglio, i teologi di Checco si scontrano con gli imam zaloniani, intere scuole filosofiche nascono e muoiono commentando ogni singolo verso di Immigrato, il nuovo brano del comico che fa da apripista per il film Tolo Tolo, in uscita il primo gennaio. La canzone - uno scafato miscuglio di Toto Cutugno e Adriano Celentano - macina clic nemmeno fosse un nuovo pezzo dei Beatles. E il Paese intero si pone la domanda più rilevante per le sorti dell'umanità: ma è una presa in giro di Matteo Salvini e dei sovranisti oppure no? La risposta è fondamentale, perché intere famiglie potrebbero sfasciarsi, amicizie sono pronte a rompersi in un soffio. Il giorno in cui si scoprirà quale sia - davvero - il bersaglio di Zalone, beh, preparatevi all'Armageddon, perché quella canzone si trasformerà in un'arma nucleare della politica, e interi bar saranno invasi dalle strofe ripetute ad libitum per schernire chi abbia incautamente votato lo schieramento sbagliato, cioè quello infilzato da Checco.Il punto è che quella risposta, con tutta probabilità, non arriverà mai. Anzi, a dire il vero è già contenuta proprio tra le righe di Immigrato. Quando riesce a creare tanto scompiglio, a produrre uno spaesamento di massa, allora la satira ha già trionfato. E Checco Zalone ha già vinto su tutto e su tutti. Ieri, a un lampo dalla prima messa in onda del video, gli scannamenti erano già iniziati. Secondo gli attivisti di Baobab - quelli che amano scarrozzare clandestini in giro per l'Italia - «il video Immigrato di Checco Zalone è terribile e non fa ridere. C'è poco altro da commentare», hanno scritto su Twitter. «Nessun bisogno di addentrarsi in analisi di chissà quali sfumature: banale spazzatura per il mercato delle festività». Insomma, subito l'hanno etichettato come subcultura salviniana. Però, scorrendo i commenti in giro per il Web, c'è pure chi, sempre a sinistra, è pronto a giurare che invece Checco stia sbertucciando le paranoie sovraniste sul tema migratorio. E c'è pure chi, da destra, se la prende con l'ennesimo comico de sinistra. E di nuovo chi, sul fronte sovranista (ad esempio Il Primato nazionale), se la ride della grossa battendo le mani al talento pugliese.Il punto è che tirare Checco per la pelata non è impossibile: è inutile. Da un certo punto di vista, il testo del suo pezzo sarebbe da immediata convocazione presso la commissione Segre, con tutti i commissari politici dell'antirazzismo già belli e schiumanti per il processo. Perché, in effetti, è vero che Zalone elenca tutti i (presunti) pregiudizi sugli stranieri in circolazione, ma l'immigrato presente nel suo video non fa che confermarli. È onnipresente, arrogante, si piazza nel salotto del povero Checco e gli insidia la moglie. La quale si fa va volentieri insidiare, tanto da «porgere l'altro lato», roba da far esplodere le coronarie alle vestali neofemministe. Dall'altra parte, il tutto è talmente caricaturale da risultare catartico, con l'esito di sfogare la tensione e abbassare il livello dello scontro in atto. Ci sono alcune questioni, però, su cui tutti i raffinati esegeti zaloniani di cui sopra dovrebbero convergere. Primo: nessuno ha avuto il fegato di mettere in scena l'immigrazione in questo modo. Nessun comico, nessun satiro l'ha mai presa così di petto: gli altri hanno fatto battute sulle destre anti invasione, Zalone le ha fatte sugli immigrati.Secondo. Con pochi minuti di canzone, Checco ha risolto il problema del razzismo in Italia. Il suo personaggio esprime la posizione del famigerato «italiano medio», quello che dovrebbe essere in preda alle «paure», fuorviato dalle «percezioni sbagliate» e dalla «propaganda». Ebbene questo italiano, nel video, non odia. Non è razzista, non è xenofobo. È, semmai, infastidito dall'invadenza di chi gli si piazza impunemente in salotto e non si schioda («Immigrato, ma non ti avevano rimpatriato?»). È arrabbiato per chi gli entra in casa e vuol farla da padrone, un atteggiamento piuttosto diffuso che Checco riesce a rendere perfettamente. Ci sono anche spunti parecchio seri, fra uno sghignazzo e l'altro. Se ci pensate, la gran parte degli italiani incontra gli immigrati proprio come racconta Zalone: «Al semaforo sul parabrezza c'è una mano nera con la pezza»; «al distributore di benzina monetina»; «all'uscita del supermercato ti ho incontrato». Difficile smentire il dato di fatto. Forse, se gli italiani incontrassero la maggioranza degli stranieri altrove, con altre vesti e in altre circostanze, li gradirebbero di più. Ma ovviamente il sistema dell'immigrazione di massa non lo permette. Dunque gli immigrati rimangono quelli con il cappello in mano fuori dal bar; quelli in subaffitto al terzo piano; quelli che ti fermano al semaforo o bivaccano in strada. Piccole cose, frizioni quotidiane che si aggiungono ai casi clamorosi di violenza e sopraffazione. Ecco che cosa produce il rifiuto dell'invasione. Una certa parte politica - quella che governa ora e ha governato nei giorni roventi degli sbarchi massivi - ha preferito ridurre il problema a una polemica sul razzismo (inesistente) e sui sovranisti. È la stessa cosa che sta accadendo al trailer di Immigrato: sembra si tratti di un referendum su Salvini. In realtà è un gran pezzo di satira. Tratta l'immigrazione facendo pure ridere. Ed è un sollievo, visto quanti se ne sono occupati rendendosi ridicoli.