2024-12-10
L’ultima della Cgil: chiedere ai lavoratori di mettere una firma per guadagnare meno
Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri (Ansa)
Landini e la Uil vogliono un referendum tra gli addetti della Pa per cancellare il rinnovo di un contratto con aumenti da 160 euro.Deve averci preso gusto la Cgil. Da quando ha scoperto l’istituto referendario non riesce più a farne a meno. E così dopo la raccolta di firme contro il Jobs Act e la lotta a mo’ di radicali contro l’autonomia differenziata è partita la mobilitazione per chiedere ai lavoratori di bocciare il contratto delle Funzioni centrali dello Stato (ministeri, Agenzia delle Entrate ecc) che il 53% delle rappresentanze sociali ha firmato e che assicura aumenti di circa 160 euro lordi al mese e istituzionalizza la cosiddetta settimana cortissima, a lavoro quattro giorni su sette, per poco meno di 200.000 addetti pubblici. Proprio così. Il sindacato che chiede ai lavoratori di battersi contro l’aumento dei loro stipendi. Ma per capire fino in fondo la ratio è bene partire dall’inizio e fare un po’ di premessa all’iniziativa della Funzione Pubblica di Cgil , Uil e degli autonomi dell’Usb che hanno anche ipotizzato una forchetta di giorni buoni per la consultazione, la settimana prossima, tra il 16 e il 20 dicembre, dovrebbe essere quella giusta . Per capire non si può fare a meno di entrare nella logica dei due segretari, Maurizio Landini (Cgil) e Pierpaolo Bombardieri (Uil), che hanno deciso di combattere una battaglia senza esclusione di colpi contro il governo. Lo sciopero generale del 29 contro la manovra organizzato prima di conoscere i contenuti della legge di Bilancio è il punto culminante di questa lotta che ha saldato Cgil e Uil, ma ha anche segnato una spaccatura storica con l’altro sindacato, la Cisl, di Luigi Sbarra. Che invece con il governo ci dialoga. Il punto è che questo atteggiamento pregiudizialmente contro ha portato a tutta una serie di conseguenze che i due leader non ammetteranno mai, ma sono sotto gli occhi di tutti. La prima riguarda il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Quasi tutti, quindi parliamo di migliaia di lavoratori, sono bloccati, con una costante. Dal rinnovo degli infermieri, fino a quello dipendenti comunali, la Cisl ha un atteggiamento dialogante mentre le altre due sigle restano chiuse a riccio. Talmente tanto a riccio da avanzare, come ha scritto la Verità di recente, proposte strampalate che l’Aran (rappresenta lo Stato nella trattativa) non potrà mai accettare. Qualche esempio? La pretesa (contratto dei dipendenti comunali) di fare la settimana cortissima, fino al giovedì, lavorando meno ore di quelle previste dal contratto (30 e non 36) a parità di retribuzione. Sembra fatta apposta per farsi dire no. Un unico contratto è stato rinnovato tra gli statali negli ultimi mesi, quello appunto delle Funzioni centrali (ministeri, agenzie delle Entrate ecc) ed è proprio su quello la Cgil e la Uil chiedono ai lavoratori di esprimersi per bocciarlo. Quell’intesa, va ricordato che riguarda circa 200.000 lavoratori che guadagneranno in media 160 euro lordi al mese in più e potranno lavorare a parità di orario (36 ore) e di stipendio fino al giovedì, è andata liscia solo perché la Cisl e alcune sigle autonome hanno raggiunto la maggioranza dei rappresentanti (con il 53%), altrimenti sarebbe saltata. Cgil e Uil si erano messe di traverso. Motivo? Chiedevano, a proposito di proposte fuori dalla realtà, di recuperare il 17% dell’inflazione e non il 6% sul quale si erano accordate Aran e sindacati firmatari. Non ci sfugge che ottenere il 17% avrebbe fornito un altro tipo di sollievo alle purtroppo basse buste paga dei dipendenti pubblici. Ma non deve neanche sfuggire che ottenere il 6% di incremento salariale rappresenta il massimo rispetto agli ultimi rinnovi. Così come non va dimenticato che si tratta di un risultato raggiunto in un contesto di economia europea stagnate e di vincoli del patto di Stabilità.Il punto è che bisogna fare i conti con la realtà. Si sarebbe potuto spuntare qualcosa in più? Probabilmente anche sì, ma a costo di lasciare invariate ancora per chissà quanto tempo le buste paga di lavoratori che aspettavano un adeguamento salariale da anni, parliamo infatti del contratto 2022-2024. Mentre non schiodarsi dalla pretesa di recuperare tutta l’inflazione del periodo, il 17%, risulta oggettivamente fuori dal novero delle ipotesi realizzabili. E qui torniamo a bomba sul referendum per «segare» il rinnovo delle funzioni centrali. «Riteniamo che la proposta di un referendum», evidenzia alla Verità il segretario della Funzione pubblica della Cisl Maurizio Petriccioli, «sia non solo priva di validità legale per l’approvazione del contratto, ma anche potenzialmente dannosa per gli interessi dei lavoratori isolandoli in una protesta sterile che non porterà a miglioramenti concreti delle loro condizioni lavorative. I lavoratori hanno già mandato un messaggio chiaro in tal senso con la scarsa adesione allo sciopero generale di Cgil e Uil del 29 novembre dimostrando che il mondo del lavoro pubblico non chiede al sindacato le proteste di piazza ma risultati tangibili come gli aumenti contrattuali, migliori indennità e maggiori possibilità di conciliazione fra vita personale e familiare».
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