
Matteo Salvini vieta lo sciopero dei treni e salva il Gran Premio di Imola. La Cisl abbozza, Maurizio Landini minaccia ricorsi. Ma sulla transizione che fa strage di lavoro non dà battaglia.Matteo Salvini, come ministro dei Trasporti, blocca lo sciopero dei treni di domani e lunedì innescando un cortocircuito che riesce a far saltare diversi fusibili in importanti snodi di collegamento fra partiti e sindacati. Scintille da tutte le parti. Cisl e Cgil che litigano, sindaci del Pd che fraternizzano con la Lega, la Cgil che protesta con il Comune di Imola. Insomma un gran polverone iniziato in mattinata con Salvini che annuncia lo stop allo sciopero che rischiava di paralizzare il trasporto ferroviario nazionale. «Lo sciopero? Lo sposti», dice. «Mi denunceranno anche stavolta? Non mi interessa. Per i diritti di alcuni non puoi bloccare gli altri e un’intera regione che si muove». Il rifermento del ministro è rivolto al Gran Premio di Formula 1 in programma nel fine settimana a Imola, nell’autodromo intestato a Enzo e Dino Ferrari. Sono attesi 200.000 spettatori che sperano nel riscatto del Cavallino. Lo sciopero avrebbe spinto i tifosi stare a casa o utilizzare i mezzi privati paralizzando tutta l’Emilia-Romagna. Lo sciopero è stato proclamato dagli autonomi come Cub Trasporti e Usb ma a litigare sono i confederali.Anche se lo sciopero non li riguarda direttamente, Cisl e Cgil non perdono nemmeno quest’occasione per portare alla luce le differenze che da tempo hanno fatto sbiadire tutti i ricordi di antichi riti comuni. Luigi Sbarra la prende larga: «Lo sciopero è un diritto», dice. «Se si muove nel pieno rispetto delle regole, che viene approvato dalla commissione di garanzia, è giusto che si eserciti. Poi, se ci sono interferenze diverse che si muovono in contrasto con la legge, le sigle che lo proclamano possono produrre ricorso al Tar o al Consiglio di Stato». Insomma se gli autonomi che hanno proclamato lo sciopero si sentono danneggiati possono sempre rivolgersi alla giustizia. Maurizio Landini, invece, parte lancia in resta parlando di «logica autoritaria e pericolosa» messa in campo «dal governo». Pur non essendo fra gli organizzatori dello sciopero la Cgil annuncia che la decisione di Salvini sarà contrastata «in tutti i luoghi e in tutte le sedi, anche giuridiche, come abbiamo fatto in passato». C’è da dire che non sempre il ricorso alle aule giudiziarie ha portato fortuna a Landini. Come dimenticare il suo intransigente antagonismo quando era il capo della Fiom contro Sergio Marchionne che voleva rinnovare le relazioni sindacali negli stabilimenti di quella che ancora era la Fiat. Una partita giocata negli stabilimenti e nei tribunali che si concluse con una cocente sconfitta del sindacato. Anche in quel caso la confederazione della Cgil si muoveva in dissonanza con la Cisl che invece aveva accettato la dottrina di Marchionne. Ora Landini ci vuole riprovare ingaggiando il corpo a corpo con il governo tutto politico e ideologico. In fabbrica, invece, nel difendere i posti di lavoro si dimostra molto meno granitico. Stellantis, nuova denominazione della Fiat, sta smobilitando dall’Italia senza dover fare i conti con una sola ora di sciopero. Per non parlare della transizione green che svuota le fabbriche (non solo auto) fra gli applausi del sindacato e della sinistra. Prima di chiudere sulla vicenda dello stop allo sciopero dei ferrovieri autonomi c’è un ultimo cortocircuito che vale la pena segnalare. È quello che spegne la luce fra la Cgil e il sindaco di Imola, Marco Panieri, considerato uno degli eroi della ricostruzione dopo l’alluvione dell’anno scorso. Panieri ringrazia Salvini che ha messo in sicurezza il Gran Premio «comprendendo le motivate preoccupazioni del territorio». Parole di buon senso che tuttavia suscitano le ombrosità della Cgil romagnola («Desta molte perplessità il ringraziamento del sindaco ad un ministro che ha preso una posizione contro il diritto di sciopero»). Panieri invece si prende l’applauso dei componenti leghisti della commissione trasporti della Camera. Il cortocircuito è completo. L’ideologismo di Landini ha spento la luce.
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