2025-02-27
Pd paralizzato tra Cgil e riformisti si astiene sulla legge pro lavoratori
Elly Schlein e Maurizio Landini (Ansa)
Per non deludere Landini (contrario alla norma) e l’ala Guerini (favorevole), i dem non votano il ddl della Cisl sulla partecipazione dei dipendenti ai cda delle aziende. Schlein schiera il partito sul referendum anti Jobs act.Che il Partito Democratico stesse per combinare il solito pastrocchio era chiaro da un po’. Da quando l’ala riformista ha iniziato a mandare messaggi più o meno espliciti sulla necessità di votare la proposta di legge di iniziativa popolare (spinta dalla Cisl) che prevede la partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese. Che a logica, per una forza politica che ha a cuore gli interessi dei dipendenti dovrebbe rappresentare una svolta storica. Il problema è che su quel ddl c’è già da tempo il veto della Cgil e quindi di Elly Schlein che un po’ per non smarcarsi a sinistra e un po’ per non inimicarsi Maurizio Landini aveva deciso di votare contro alla Camera. Certo il segretario si era nascosto dietro alla giustificazione del testo ammorbidito e depotenziato, ma la sostanza era ben altra. Così i democratici si sono trovati davanti al solito problema: le divisioni interne. Come se ne esce? Semplice, basta astenersi. Non votare. Tanto la legge passa lo stesso. E infatti ieri questo è successo. Come se gettare altra polvere sotto al tappeto servisse a qualcosa se non a tirare a campare.L’astensione del resto ha uno scopo preciso: dare un contentino ai riformisti (e comunque l’opposizione del Pd non avrebbe di certo bloccato il passaggio del provvedimento alla Camera) e spianare la strada a quelle che saranno le prossime mosse della Schlein. L’ex vicepresidente dell’Emilia Romagna è infatti pronta a impegnare il partito nella battaglia referendaria della Cgil contro il Jobs act. Così ieri ha dato una botta al centro per ottenere poi una sorta di lasciapassare per il vero obiettivo politico dell’ala massimalista: smantellare la riforma del lavoro dell’odiatissimo Matteo Renzi. Contenti loro, contenta anche la Schlein (ieri ricorreva l’anniversario) che in due anni di leadership è riuscita sì a mantenere la segreteria del partito, ma così facendo (a furia di dare contentini) ha paralizzato e sterilizzato la proposta democratica fino a farla sembrare spesso ondivaga e poco chiara, proprio come successo sull’astensione sulla cosiddetta legge Sbarra che dà oggettivamente un’arma in più ai lavoratori. Strada spianata insomma per la maggioranza e la Cisl che ha fatto della legge sulla partecipazione dei lavoratori alla governance aziendale un vero cavallo di battaglia. «Oggi è una giornata storica per il lavoro in Italia», spiega alla Verità il relatore del provvedimento di Fdi Lorenzo Malagola, «con il ddl sulla Partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese ci lasciamo alle spalle l’antagonismo tra capitale e lavoro e mettiamo le basi per costruire un mercato del lavoro più giusto e inclusivo, dove crescano sia la produttività per le imprese che i salari per i lavoratori. Fratelli d’Italia si conferma il partito del lavoro, delle imprese e dei lavoratori mentre la sinistra si perde nelle proprie contraddizioni ed è in stallo. Il Pd si astiene mentre M5s e Avs votano contro. Mi chiedo come possano pensare a governare l’Italia rimanendo ancorati alle logiche della lotta di classe».La norma prevede su base assolutamente volontaria che la stragrande maggioranza delle aziende (sono state esclusi il settore del credito e delle partecipate pubbliche) possano coinvolgere e quindi responsabilizza lavoratori e sindacati nelle strategie aziendali. A pensar male verrebbe da dire che è proprio la responsabilizzazione di chi lavora a far paura a Landini e compagni. Le modalità di partecipazione sono diverse. Si parte dalla gestione aziendale e si arriva fino a un contributo organizzativo fino a quello economico-finanziario, che poi vuol dire ottenere una parte degli utili e delle quote azionarie dell’impresa. Si parla esplicitamente di ingresso di rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza nelle imprese che adottano il sistema dualistico di governance e – all’articolo 4 – di partecipazione (sempre non obbligatoria) al consiglio di amministrazione delle società sulla base delle modalità stabilite nei contratti, in conformità agli statuti.«Lo stanziamento di 72 milioni assicurato in Manovra conferma la volontà di rendere questa riforma una realtà concreta», sottolinea il neo segretario della Cisl Daniela Fumarola, «ora che la proposta passa al Senato, è essenziale assicurare una velocizzazione della discussione per capitalizzare l’importante lavoro sostenuto e deliberato alla Camera. L’auspicio della Cisl è che a Palazzo Madama si ritrovi quello spirito di coesione e di sostegno alla legge che purtroppo è venuto a mancare da alcune forze politiche a Montecitorio. La partecipazione è un principio democratico, una leva per la crescita e la competitività, non una bandiera di parte».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)