2022-12-06
Il ceo di Pfizer fugge un’altra volta. Niente audizione all’Europarlamento
Albert Bourla ha rifiutato ancora di parlare delle trattative con la Commissione Ue per la fornitura di vaccini. Kathleen Van Brempt attacca: «Manca trasparenza». Intanto uno studio israeliano smonta la quarta dose: è inutile.Di nuovo in fuga. Albert Bourla, il ceo di Pfizer, rifiuta ancora di andare in audizione all’Europarlamento, dove dovrebbe dare spiegazioni sulle trattative condotte con la Commissione Ue per l’acquisto dei vaccini. Bruxelles ha letteralmente ricoperto d’oro la sua compagnia ma lui, il tempo per rispondere a qualche domanda, non riesce proprio a trovarlo. Anche a ottobre aveva dato buca al comitato che indaga sugli strani negoziati con Ursula von der Leyen, una parte essenziale dei quali si è svolta tramite messaggini telefonici. Che però sono spariti: lo smartphone della presidente tedesca «neutralizza» di più dei farmaci a mRna fabbricati dalla società di Bourla. Due mesi fa, in audizione, lui aveva spedito la collega Janine Small, la quale aveva confermato, dinanzi agli eurodeputati increduli, che l’azienda non ha mai testato i vaccini per la capacità di impedire la trasmissione del Covid. Il secondo niet dell’amministratore delegato greco-americano ha indispettito l’onorevole Kathleen Van Brempt, socialdemocratica belga e capo della commissione d’inchiesta sulla pandemia: «Il Parlamento europeo», ha tuonato, «ha il diritto di ottenere piena trasparenza» sui contratti e «il fallimento della Commissione Ue e di Pfizer» nel fornire risposte «mostra un disinteresse per il ruolo dell’Europarlamento e getta un’ombra inutile sul successo della strategia europea sui vaccini». La campagna d’inoculazioni sarà stata un successo, ma la politica dei booster a ripetizione sta mostrando serie crepe. E per Bourla, che conta di continuare a rifornire l’Europa di fiale, arrivano cattive notizie sulla performance dei suoi prodotti. Uno studio condotto in Israele, di cui è appena uscito un resoconto sul New England journal of medicine, offre un quadro sconfortante sull’effetto del secondo booster. Gli autori sono espliciti: «Il vantaggio immunologico aggiuntivo della quarta dose», scrivono, «è stato molto inferiore» rispetto a quello conferito dalla terza. Ed esso «è svanito completamente entro 13 settimane dalla vaccinazione». Conclusioni? I richiami andrebbero calibrati in maniera tale da coincidere «con le ondate della malattia». E, comunque, dovrebbero essere stagionali. Invece, alla faccia delle promesse sulla terza dose che doveva schermarci per cinque o dieci anni, i booster sono diventati quadrimestrali.Sono proprio i quattro mesi il limite massimo di durata delle inoculazioni, determinato dall’indagine israeliana, che ha monitorato il suo campione per 180 giorni. Essa ha misurato due parametri: la risposta umorale (gli anticorpi stimolati dalla puntura), calcolata su 6.113 sanitari mai risultati positivi al Covid; e l’efficacia del vaccino, testata su 11.176 medici e infermieri.Lo stimolo immunitario ha raggiunto il picco a quattro settimane dall’iniezione, ma il livello di anticorpi è tornato allo stadio precedente a quello del booster entro 13. Tanto rumore per nulla. E se, alla quinta settimana, la capacità del vaccino di bloccare il contagio era risultata pari al 52%, essa si è rapidamente ridotta, finché l’efficacia è diventata addirittura negativa: -2% a partire dalla settimana 15. Significa che il gruppo dei supervaccinati contraeva il coronavirus più degli altri.Sono rilevazioni coerenti con i dati dell’Istituto superiore di sanità. L’ultimo bollettino di Epicentro è chiaro: tra gli over 80, l’unica categoria nella quale ci sono persone che si sono sottoposte al secondo booster più di 120 giorni fa, i quadridosati meno recenti s’infettano più di tutti gli altri vaccinati a vario titolo. Non solo: finiscono di più in ospedale e in terapia intensiva. Pure nella fascia d’età 60-79 anni, la quarta dose non appare così dirimente: quanto ai contagi, tra chi ha il doppio richiamo c’è quasi la stessa incidenza di diagnosi che tra chi non ha mai porto il braccio. Le ospedalizzazioni sono pressoché identiche per chi ha tre o quattro dosi; gli ingressi in rianimazione sono più frequenti in chi ha ricevuto il secondo booster.Certo, in molti casi, gli italiani che hanno ricevuto il quarto shot sono, per varie ragioni, immunocompromessi. Ma i vaccini non servivano a proteggere anzitutto loro?Insomma, se meno di un terzo dei cittadini ha intenzione di offrire per l’ennesima volta il braccio e solo il 14%, finora, ha accettato il doppio richiamo, come ha rivelato un recente sondaggio della Cattolica di Milano, non è perché gli italiani sono diventati in blocco dei negazionisti. Semplicemente, la realtà si sta prendendo la rivincita sulla propaganda. Agli italiani basta unire i puntini.
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