2022-07-11
Gian Marco Centinaio: «Draghi faccia di più o siamo alla fine»
Gian Marco Centinaio (Imagoeconomica)
Il sottosegretario leghista alle Politiche agricole: «Il premier deve restituire ai partiti voce in capitolo. È l’unico modo per evitare che ogni giorno nella maggioranza ci spariamo addosso in vista delle elezioni».Gli italiani che non potranno più permettersi di mangiare italiano, l’Europa che abbandona l’agricoltura, la siccità, le imprese dell’agroalimentare in affanno nonostante abbiano di fronte le praterie dell’export e una politica che si avvita su sé stessa rischiando di ingessare il governo in una sorta di nefasto gioco di specchi mentre c’è tutto un mondo intorno - per dirla con i Matia Bazar - che gira ogni giorno e che fermare non potrai. Capire se gira per il verso giusto è un altro paio di maniche. «Io faccio politica per questo, per passione del fare, altrimenti meglio starsene a casa», è quasi uno sfogo quello di Gian Marco Centinaio e vien fatto di dire: in effetti Pavia non è così male; un risotto giallo con la salsiccia, un pinot nero dell’Oltrepò… «Sempreché», ribatte lui, «riusciamo a salvare e a coltivare il riso e non ci facciano andare il vino di traverso». Il riferimento è a quelli che stanno a Bruxelles con cui il sottosegretario all’agricoltura ha un conto aperto. «Sì, ma evitiamo lo stereotipo del leghista che ce l’ha con l’Europa, semmai è l’Europa che ce l’ha con i prodotti italiani». Cinquantadue anni, sposato con Roberta, tifoso del Parma, grande camminatore, passa il poco tempo che ha con suo figlio Filippo, i libri - visto che da anni anima un centro culturale a Pavia - e le aziende agricole. Quando è stufo «prendo su la Harley e via», non lo si vede più perché Gian Marco Centinaio, il gemello diverso di Matteo Salvini con cui ha condiviso oltre trent’anni di militanza leghista, assegna al viaggio proprietà taumaturgiche. Vien voglia di fuggire se si governa un Paese dove un terzo dei lavoratori occupati è comunque povero? «Viene voglia di agire e di porre delle domande. Frustrazione no, ma delusione che diventa forza di pretendere un cambiamento assolutamente sì. Sono dell’idea che se si vuole cambiare le cose perché i dati sulla povertà che ha pubblicato l’Istat sono inaccettabili bisogna cambiare il modo di governare. Altrimenti mi chiedo cosa ci stiamo a fare noi della Lega. In un governo di larghe intese bisogna sedersi tutti allo stesso tavolo e capire le priorità del paese. Non può essere che Mario Draghi al lunedì vede Letta, al martedì Salvini, al mercoledì Conte, al giovedì Renzi e poi si riparte da capo. Si decide e si fa, altrimenti non è servito a nulla infilarsi in questo governo. Draghi deve dare la linea che nasce dalla condivisione. Si rischia il logoramento. Forse ci ha portato fuori dalla pandemia, ma Draghi ora deve fare di più».Lei non è soddisfatto del governo?«Il punto è che il compito di Mario Draghi non può essere quello di tirare a campare, tantomeno adesso. Prenda i leader, li metta seduti, tolga dal campo ciò che divide e lavori su ciò che unisce. Ci sarà qualcosa su cui noi e il Pd andiamo d’accordo, ci sarà pure un provvedimento su cui noi e i 5 stelle andiamo d’accordo. Draghi deve restituire ai partiti voce in capitolo, solo così si può evitare che ogni giorno ci si spari addosso perché si avvicinano le elezioni. Il paese oltretutto non capisce».Draghi però ha lavorato ignorando i partiti, sta a Palazzo Chigi perché lo ha voluto Sergio Mattarella…«Vero, ma ora rischia. Perché se tieni i partiti fuori dalla porta con le elezioni così vicine finisce che i partiti ti logorano. E io non voglio arrivare a fine legislatura tirando a campare. Dico a Draghi: cambi atteggiamento, anche verso il Parlamento altrimenti verrà usurato».C’è chi lavora a un Draghi bis: rinvio delle elezioni, fare le nomine prima che gli italiani votino… «La sento nell’aria questa spinta a rinviare le elezioni. Credo che sia un ulteriore elemento di sfiducia e di indebolimento del Paese. Si vota quando è stabilito, che senso ha arrivare a maggio? Gli italiani vogliono tornare a dire la loro e non sono possibili secondi fini. Ci sarà un governo chiaro investito dalla volontà popolare».Magari di centrodestra?«Di centrodestra. Perché la coalizione reggerà. Conosco bene tutti i nostri leader, sono tutt’altro che degli sprovveduti. Quando sarà il momento il centrodestra sarà coeso sugli uomini e i programmi e dimostreremo al Paese che il tempo degli sprovveduti è finito». Eppure la base leghista sembra in preda ai mal di pancia…«Ci sono ed è inevitabile che sia così. C’è lo scontento del militante che dice: cosa ci stiamo a fare noi con il Pd? Vorrebbero subito lo strappo, anzi non avrebbero mai voluto questo governo. Poi c’è invece il mal di pancia dei ceti produttivi che vogliono vedere come si esce dalla crisi economica, che chiedono sviluppo. È quella base che si aspetta dal governo risposte concrete e che ci chiede di governare. Certo non possiamo dire loro che abbiamo approvato lo ius scholae o la cannabis libera per dare il senso del fare. Dobbiamo offrire risposte concrete a bisogni concreti. Questo deve fare un governo con la Lega».Matteo Salvini rischia?«No, Matteo è e resta il nostro leader. Se poi si dice che in un partito grande, di popolo come la Lega servono momenti di dibattito si dice un’ovvietà».Per il ministro dell’Economia Daniele Franco faremo una crescita robusta, per il governatore di Bankitalia c’è vento di recessione. Chi ha ragione? E lei è preoccupato?«Sono preoccupatissimo. Senti cento economisti e hanno cento pareri diversi. C’è la guerra, le materie prime scarseggiano, l’energia ha prezzi folli, l’euro è debolissimo, l’inflazione mangia i redditi. Prevedo un autunno difficilissimo perciò insisto sulla coesione del governo e un programma chiaro. Altrimenti la politica diventa il capro espiatorio di tutto. È caduto Boris Johnson, ma io voglio ragionare alla Churchill: si deve governare pensando lungo».Le sanzioni alla Russia non sono anch’esse un freno?«Penso che sia troppo presto per toglierle, ma non è mai troppo presto per esaminarle. Oggi stanno facendo più male ai sanzionatori che ai sanzionati e la Russia mostra di resistere. Dobbiamo lavorare per il dopo, per far sì che le sanzioni siano tolte il più velocemente possibile».L’inflazione potrebbe mettere in difficoltà la filiera agroalimentare?«L’ho detto all’intero governo: rischiamo che la filiera agroalimentare di qualità perda il mercato interno e che gli italiani siano costretti a comprare prodotti di scarsa qualità che peraltro l’Europa sta facendo arrivare. Dobbiamo restare competitivi anche con provvedimenti che sostengano la domanda. E aggirare l’assurda normativa europea sugli aiuti di Stato per sostenere le nostre filiere. L’ho fatto con i 25 milioni, e altri se ne aggiungeranno, per la promozione del vino attraverso i consorzi. Bisogna da un lato alzare i redditi, e dall’altro chiudere il gap di prezzo tra i prodotti di qualità italiani e quelli di minore qualità importati».E come si fa?«Con i miei uffici abbiamo studiato un modo per togliere l’Iva dai prodotti Igp e Dop di maggior consumo. Se lo abbiamo fatto con la benzina di tagliare le accise, dobbiamo farlo anche con il cibo di qualità per difendere le nostre produzioni e la salute dei consumatori. Con Ismea stiamo lavorando a un progetto di sostegno finanziario delle imprese agricole, dell’agroalimentare e della pesca. È un patrimonio economico e culturale che va tutelato».Ma i rincari ci saranno?«Penso che siano inevitabili. Ho parlato con tutti e so quanto le aziende per prime e poi la grande distribuzione abbiano ammortizzato gli aumenti non scaricandoli sul consumatore. Ma oggi con l’inflazione alimentare oltre l’8% è difficile immaginare che non ci saranno aumenti consistenti di prezzo. Il tema è come attutire il colpo e quando parlo del governo che deve fare cose concrete parlo anche di questo».L’Europa però pare andare in direzione ostinata e contraria. E allora?«E allora dobbiamo farci rispettare a Bruxelles. Quando Ursula von der Leyen nel suo discorso sull’Unione non ha mai nominato l’agricoltura, che è il primo asset dell’Europa, si è capito come tira il vento. La Pac va sospesa e riscritta perché è fuori tema, il Farm to fork va buttato alle ortiche. Non può essere che, a fronte di una minaccia di carestie e con i prezzi alimentari esplosi, immaginiamo un’Europa che non produce e importa. In più in danno dell’Italia. L’ho denunciato in questi giorni. Hanno fatto un accordo con la Nuova Zelanda che permette ai neozelandesi, i quali hanno usato marchi tarocchi come Parmesan o imitativi di nostre Dop o Igp come prosecco, grappa, gorgonzola, avola per più di cinque anni, di continuare a usarli ed esportarli. Ho scritto a Draghi, al commissario europeo Paolo Gentiloni, al ministro dell’Economia Daniele Franco per sostenere che l’Europa non può fare accordi commerciali a spese dei nostri produttori e delle nostre eccellenze».Però intanto la siccità si mangia tutto, dove avete sbagliato?«Sulle infrastrutture ci sono ritardi ed errori antichi, ma anche recenti, sulle misure immediate di contrasto devono essere le singole regioni a chiederci l’intervento. Noi siamo pronti a fronteggiare la crisi, ma anche qui servono progetti di sistema. Bisogna sì mitigare i danni, ma la priorità è evitarli».E come si fa?«Si fa rimettendo l’agricoltura e l’agroalimentare al centro delle scelte economiche. Il miliardo e 200 milioni previsti dal Pnrr sono una goccia nel mare, ma bisogna investire subito e bene. E poi bisogna andare a Bruxelles a dire basta con i veti preventivi. Perché da noi se non si salva l’agricoltura è difficile salvare l’Italia».