2023-03-19
La «cura» Stanford per le bufale sul virus è fare censurare anche le notizie vere
Con il Virality project, l’ateneo Usa ha spinto i social a oscurare post autentici su effetti avversi dei vaccini e immunità naturale.L’ultimo affondo di Matt Taibbi è sul Virality project (Vp) della Stanford University, che le agenzie federali dichiaravano di aver finanziato così da poter «rilevare e mitigare l’impatto di narrazioni false e fuorvianti relative ai vaccini Covid-19». A tutti gli effetti, invece, lo studio è stato una gigantesca operazione per limitare e censurare informazioni fondate. «Ha consapevolmente preso di mira materiale vero e opinioni politiche legittime, pur essendo spesso di fatto in errore», scrive il giornalista. Personaggio noto anche per aver pubblicato i documenti sulle sospensioni di quasi 250.000 utenti definiti «proxy russi» dal Dipartimento di Stato americano, e sullo scambio di messaggi interno alla piattaforma di San Francisco che avrebbe oscurato l’inchiesta del New York Post su Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente degli Stati Uniti, due giorni fa Taibbi ha dedicato un altro capitolo dei Twitter files al progetto Vp che definisce «un successo strepitoso». Nell’accezione più negativa, perché «ha accelerato l’evoluzione della censura digitale, spostandola dal giudicare verità/menzogna a un nuovo modello più spaventoso, apertamente incentrato sulla narrativa politica a scapito dei fatti». Governo americano, mondo accademico, social media si sono organizzati rapidamente con un impegno segreto e unificato «per controllare i messaggi politici» e identificare coloro che li esprimevano. Il giornalista rivela la vera natura dello studio, che «ha incoraggiato le piattaforme a prendere di mira le persone, non i post, utilizzando la logica “pre crimine” in stile Minority Report». L’esatto opposto di quanto dichiarava la Stanford, quando a gennaio 2020 annunciava di aver ampliato il progetto, in collaborazione con la New York University, l’Università di Washington, il National council on citizenship e Graphika. Quest’ultima, è una società di intelligence sui social media che, tra l’altro, analizza account e sarebbe finanziata dal Pentagono. «I governi e la comunità della sanità pubblica hanno affrontato una sfida senza precedenti, fornendo informazioni sanitarie accurate durante la pandemia globale di Covid-19», aveva la spudoratezza di affermare la Stanford. Aggiungeva che «la cattiva informazione e la disinformazione si sono diffuse ampiamente, mentre esperti e funzionari pubblici hanno lottato per fornire una guida chiara e coerente in mezzo a un consenso scientifico in rapida evoluzione, a volte conflittuale, sulla diffusione del virus». Anche nel rapporto finale spiega di fornire un’analisi «per una risposta e una collaborazione dell’intera società in merito alla disinformazione». Nulla di più falso, scrive Taibbi e non si può che essere pienamente d’accordo per come sono state gestite informazione e comunicazione sui social in più di due anni di Covid. Il Virality project ha raccomandato alle società di Twitter, Google, Youtube, Facebook, Instagram, Medium, TikTok e Pinterest di sopprimere «storie di veri effetti collaterali del vaccino» e «post che potrebbero alimentare l’esitazione», a vaccinarsi. Il giornalista ricorda che «Vp ha messo in guardia contro le persone che “fanno solo domande”, sottintendendo che si trattava di una tattica “comunemente usata dai diffusori di disinformazione”. Ha anche descritto un “raduno mondiale per la libertà pianificato su Telegram” come un evento di disinformazione». Tra gli esempi riportati di censura orchestrata, c’è uno studio della Cleveland Clinic che aveva mostrato come l’infezione da Covid offriva la stessa immunità del vaccino, ma Vp dichiarò che era narrativa di «attivisti anti vaccino». Sempre nel suo rapporto finale, Vp sosteneva che era disinformazione suggerire che il vaccino non previene la trasmissione, o che i governi stavano pianificando di introdurre passaporti per i vaccini. Entrambe le cose, invece, si sono rivelate vere. Dai Twitter files di Matt Taibbi risulta chiaro che il Virality project non era basato su «asserzioni di fatto, ma sottomissione pubblica all’autorità, accettazione della narrativa e delle dichiarazioni di personaggi come Anthony Fauci. Il concetto centrale, animatore del progetto era: “Non puoi gestire la verità”». Con il passare dei mesi, le piattaforme di social media hanno iniziato a modificare i propri termini di servizio per aderire agli standard del Virality project. Il 26 aprile 2022, Vp pubblicò un rapporto in cui chiedeva un «meccanismo di controllo delle voci che giravano per affrontare le narrazioni di tendenza a livello nazionale» e un «Centro di eccellenza per la disinformazione e la disinformazione» da ospitare all’interno del Cisa, l’agenzia per la sicurezza informatica federale e delle infrastrutture critiche presso il dipartimento per la Sicurezza interna (Dhs). Con un tempismo impressionante, il giorno successivo il segretario del dipartimento, Alejandro Mayorkas, annunciava che era stato creato un Comitato per la governance della disinformazione, che sarebbe stato guidato dalla cacciatrice di false notizie, Nina Jankowitz.