2023-04-20
L’intervista inedita a Céline: «Vorrei due Nobel. Hitler? Un empirico senza genio militare»
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Louis-Ferdinand Céline (Getty Images)
«Le Figaro» ha ritrovato una conversazione con lo scrittore francese risalente al 1960 e mai uscita prima. Si tratta del solito Céline: geniale, estremo, provocatorio. Ma sempre godibile.È un periodo fortunato, per i fan di Louis-Ferdinand Céline. Prima, infatti, c'è stato il ritrovamento dei suoi romanzi inediti, che piano piano stanno uscendo in libreria. Adesso Le Figaro ha ritrovato anche una lunga intervista mai uscita, realizzata nel 1960 da Roger Mauge di Paris Match, nel periodo in cui uscì Nord. Nella lunga conversazione c'è il solito Céline, pronto a sparare a zero su tutto e a fornire opinioni taglienti e definitive su qualsiasi argomento. «Ho un sogno. È quello di avere i due Nobel, perché questo mi tirerebbe fuori dai guai: quello della pace e quello della letteratura. L'ho chiesto, chiedo ovunque. Non viene», spiega lo scrittore. Secondo il quale, il razionalismo dei gesuiti e di Cartesio non regge alla prova dell'esperienza: «C'è il bene, c'è il male».Il solido buon senso, no? Cioè, tutto deve essere logico. Uno più uno fa due, e due più due fa quattro, più uno: cinque, per me. Siamo abbastanza lontani dall'Oriente da dove sono venute tutte le arti, in fondo, dove sai che tutto ciò che era logico è stato cancellato. Solo l'irrazionale contava. Noi siamo l'opposto. Prima c'è il ragionevole. Non è vero però, perché alle sorgenti della vita... Oh! È una parola grossa... voglio dire: coito. BENE ! Sfido un uomo a coitare ragionevolmente. Puoi fare un sacco di cose ragionevoli - questo è quello che ha detto Savy, il biologo -; disse, no? “Quando diciamo nella Scrittura: 'In principio della vita era il Verbo', beh non è vero. All'inizio della vita c'era l'emozione”. È l'emozione che conta. La parola porta via tutto. È l'emozione che conta. Un'ameba protozoica, che è la più semplice della serie animale, la tocchi e si contrae. Essa non parla. I bambini di 2 o 3 anni, sai che sono molto più dotati a 2 o 3 o 4 anni rispetto a quando iniziano a parlare. Quando iniziano a parlare, smettono di cercare. Sopra i 4 anni si inizia a balbettare. La parola porta via tutto. Chiacchierano e non osservano più. Si lasciano trasportare dalle parole mentre è l'emozione che conta». Dopodiché, Céline passa a una serie di bizzarre teorie antropologiche: «Anatomicamente, l'uomo è infelice. È infelice perché è costretto dalla natura a stare in piedi. Vale a dire che è l'unico animale che si regge sulle zampe. Poi, su due piedi, la gravità lo abbatte. Le tette inevitabilmente cadono, le natiche uguali». Non manca una riflessione sull’ultima guerra e su come è stata condotta da parte dei tedeschi: «Adolf Hitler non aveva il genio di Napoleone. Era un empirico, Hitler. Un empirico, deve vincere. Ha perso il suo treno il giorno in cui non è sbarcato subito in Inghilterra. Aveva quello che ci voleva. Avrebbe potuto riuscirci. Hanno sganciato bombe dalle Azzorre che avrebbero potuto annientare l'Inghilterra. Perché, sai, non è stato obbedito. Ha dato l'ordine. Un dittatore che non vince subito è perché viene disobbedito. Non aveva il genio giusto. Era un bastardo. Stava andando bene. Era una star ma non aveva alcun genio militare».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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