2022-06-26
C’è un nuovo Piano Ilva 2022-2032 ma il 2020-2025 deve ancora partire
Illustrato da Franco Bernabè prevede l’impiego di 5 miliardi. Che non ci sono.È stato presentato per la prima volta il piano del cosiddetto Acciaio green dell’Ilva di Taranto, e porta la firma del presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè. Il progetto è chiamato Piano di decarbonizzazione 2022-2032 e prevede una roadmap articolata in 4 step nel corso del decennio e investimenti per oltre 5 miliardi. La prima domanda, dunque, è da dove si prendono questi 5 miliardi, considerando che proprio il giorno prima l’ad Lucia Morselli - durante il tavolo al Mise - ha ammesso di avere un serio problema di liquidità necessaria per pagare i fornitori, unico ostacolo all’aumento della produzione. Il nuovo piano prevede il mantenimento dell’area a caldo, diversamente da quanto chiede il sindaco pd di Taranto, Rinaldo Melucci, e necessita di una nuova Autorizzazione integrata ambientale. Il primo step è l’ottimizzazione della sostenibilità ambientale dall’area a caldo nel periodo 2022-2024 con la trasformazione del processo produttivo tradizionale senza soluzione di continuità con lo sviluppo della strategia di introduzione del Dri (un semilavorato siderurgico contenente prevalentemente ferro metallico). L’investimento è di 1.042 milioni. A tale riguardo era previsto, nel primo semestre di qust’anno, un bando del Mite per la realizzazione di un impianto di Dri, una materia prima utilizzabile sia negli altiforni di Taranto che nei forni elettrici del nord. Candidati erano una cordata formata dalla Danieli proprio con Dri italia (la società di scopo di Invitalia guidata dallo stesso Bernabè) in concorrenza con la top-player degli impianti siderurgici, Paul Wurth, in cordata proprio con Arcelor Mittal.Il secondo step è l’elettrificazione dell’area a caldo e l’utilizzo di idrogeno nel periodo 2024-2027 con la minimizzazione della CO2 attraverso il processo di cattura e introduzione di un forno elettrico. Investimento previsto di 2.338 milioni. Il terzo step è l’estensione dell’elettrificazione dell’area a caldo nel periodo 2027-2029 con l’introduzione di un secondo forno elettrico. Investimento previsto di 1,2 miliardi di euro.Il quarto step è il completamento dell’elettrificazione nel periodo 2029-2032 con il passaggio a soli forni elettrici alimentati a gas naturale. Investimento previsto 900 milioni.Obiettivo finale dal 2032 è l’alimentazione degli impianti con solo idrogeno verde. «Un piano di decarbonizzazione», afferma Bernabè, «ambizioso per le dimensioni produttive e, conseguentemente, per la capacità di energia - gas e poi idrogeno - necessaria ai livelli di produzione attesi». E infatti ai dubbi sulla capacità di investire 5 miliardi, si aggiugono quelli sulla disponibilità di gas e idrogeno necessaria per realizzare 8 milioni di tonnellate di acciaio l’anno.«Un piano che richiede un lungo lavoro preparatorio, con analisi di fattibilità, impianti pilota, ingegnerizzazione, richieste di permessi e autorizzazioni, appalti e, infine, costruzione dei nuovi apparati produttivi. Tutte queste fasi richiedono tempo, in Italia ancora più lunghi» ha detto Bernabè. Il presidente ha citato proprio l’esempio del prototipo per il Dri: «Abbiamo presentato il progetto sei mesi fa e non è stato ancora autorizzato, poi ne servono 12 per finanziarlo e quelli per realizzarlo». E stiamo parlando solo del prototipo in scala! Difficile riuscire ad avere quello reale nel previsto 2024, la stessa Danieli ha parlato di 6 anni dal momento dell’avvio dei lavori. A fronte di tutto questo, il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, insiste: «Va bene il piano di domani, ma vogliamo sapere cosa succede oggi». Anche il piano ambientale più importante del mondo, già realizzato a Taranto per l’80%, dai filtri Meros alla copertura dei parchi minerari, con 800 milioni, a cosa serve se poi gli altoforni non funzionano? Ok il piano Bernabè 2022-2032 da 5 miliardi, ma nel frattempo c’è da realizzare quello 2020-2025: 8 milioni di tonnellate con il revamping dell’altoforno 5. L’unico progetto concreto, da 1,2 miliardi di euro, per riportare Ilva in equilibrio ambientale, economico, e occupazionale, ma che non si sa più a che punto è.
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