2025-04-10
Secondo i giudici mamma e papà sono «discriminatori»
Corte di Cassazione (Imagoeconomica)
La Cassazione rigetta il ricorso del ministero contro la sentenza politica della Corte d’assise che impone di usare genitore 1 e 2 sui documenti al posto di madre e padre. Alla faccia della Costituzione. E della realtà.L’indicazione «padre e madre» sulla carta d’identità elettronica è discriminatoria perché non rappresenta le coppie dello stesso sesso che hanno ricorso all’adozione in casi particolari». Non si tratta di un comunicato della galassia delle associazioni Lgbtqia+, ma di una sentenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione che respinde il ricorso del ministero dell’Interno contro la decisione della Corte d’appello di Roma di disapplicare un decreto con il quale era stato eliminato il termine «genitori» sulla carta d’identità dei figli per tornare alla dicitura «padre e madre». Questa sentenza, secondo noi, è il vero atto discriminatorio perché discrimina chi vuole chiamarsi padre e madre, e chi lo vorrebbe scritto sulla carta d’identità, a favore di chi non lo vuole. In altre parole, i termini «padre e madre» scompaiono per fare posto ad altre diciture che vedremo, tipo «genitore 1» e «genitore 2». Complimenti vivissimi alla Corte di cassazione che volendo scrivere una sentenza antidiscriminatoria per una minoranza ha scritto una sentenza discriminatoria per una maggioranza. Si obietterà che nel caso dei diritti non ci sono minoranza e maggioranza ma titolari dei diritti, ma perché discriminarne gli uni, la maggioranza, a favore degli altri, la minoranza? Si è sempre parlato dei diritti delle minoranze, dovremo cominciare a parlare di diritti delle maggioranze? Siamo arrivati a questo obbrobrio giuridico? Dobbiamo digerire questo snaturamento come se niente fosse? Fino ad oggi, a meno che la Corte di cassazione non ritenga di dover disapplicare la Costituzione, essa all’art. 29 dice così: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio…». Quel «società naturale» si riferisce alla famiglia composta da un padre e da una madre. Se qualcuno avesse dei dubbi lo invitiamo ad andare a leggersi gli atti dell’Assemblea costituente riguardo alla famiglia, così avranno l’interpretazione autentica della legge. I padri costituenti non fecero che trascrivere nella Costituzione il diritto di questa «società naturale» perché essa è un dato di natura dall’origine dei tempi fino a oggi. Comunque la si pensi per far nascere un bambino ci vogliono un padre e una madre. Questo dato di natura non può essere mutato neanche dalla Corte di cassazione, a meno che non si cambi la Costituzione e, nella Costituzione stessa, si specifichi che la famiglia può essere composta da varie tipologie oltre a quella definita discriminatoria dalla Corte, e cioè da un padre e da una madre. Lo sanno quelli della Corte che per ottenere una gravidanza in modo surrogato un uomo deve congiungersi a una donna e/o una donna a un uomo? O forse pensano che con l’intelligenza artificiale arriveremo a nuove formule di gravidanza che daranno vita magari a dei robot ai quali crescerà la pancia per un certo periodo e poi partoriranno degli altri piccoli robot? Sono così avanti i giudici della suprema Corte o hanno preso un bel abbaglio? Mettiamo che, per ipotesi, questa sentenza che abolisce i nomi di padre e madre sulla carta d’identità sia stata scritta, per l’appunto, per ragioni antidiscriminatorie. Mettiamo che una persona o più persone vogliano legittimamente farsi chiamare dai figli padre e madre. Perché mai costoro non dovrebbero avere il diritto di scriverlo sulla carta d’identità? Evidentemente sta diventando discriminatorio chiamarsi padre e madre. Allora, per assurdo, sarebbe stato più logico giuridicamente, ai fini di evitare le discriminazioni, lasciare la libertà ai genitori di scrivere sulla carta d’identità padre e madre, così come per altri di scrivere x e y, genitore 1 e genitore 2, Topolino e Minni, Adamo ed Eva, Ulisse e Penelope, Tristano e Isotta, e via con amenità di questo tipo. Data la fumosità della sentenza non escluderei neanche la possibilità di utilizzare i nomi Pippo e Pippa. Immaginate per un attimo un bambino, o una bambina, che è abituato a chiamare papà e mamma (dalle mie parti si direbbe babbo e mamma) e che, a un certo punto, andando in viaggio, scopre che sulla sua carta d’identità c’è scritto genitore 1 e genitore 2. Cosa devono pensare, questo bambino e questa bambina, che ce n’è uno più importane dell’altro? Che a casa gli hanno insegnato a chiamarli in un modo che non è riconosciuto dallo Stato? Capite l’assurdità, lo sfregio, la ferita e financo l’offesa cui verrebbero sottoposti questo bambino e questa bambina? Sul documento che comprova la loro identità non c’è scritto quello che normalmente, e naturalmente, e ordinariamente, e quotidianamente, contraddistingue l’individuazione dei loro genitori. Spesso accade che le prime parole che pronuncia un bebè siano papà o mamma. Arriveremo al punto in cui questi bebè, in qualche modo, saranno educati a dire genitore 1 e genitore 2? Certo, farebbero un progresso immediato anche in aritmetica, peccato che per questo progresso dovrebbero subire un regresso profondo e innaturale della realtà che si troveranno a vivere perché la natura ha stabilito così. E questo - ciò che è stabilito dalla natura - non lo cambierà mai nessuno. Le coppie omogenitoriali vogliono chiamare i loro genitori con i numeri 1 e 2? Perché in realtà non sono un babbo e una mamma o due babbi e due mamme? Gli sia data la possibilità, ma perché impedire a un padre e a una madre di continuare a chiamarsi tali sulla carta d’identità del figlio o della figlia? La Corte è riuscita in un intento veramente complesso, forse unico, quello di discriminare la maggioranza a favore della minoranza. Questa non l’avevamo ancora vista e, francamente, speravamo di non vederla mai. Nessuno si è posto la questione del diritto di quei bambini, figli di un padre e di una madre, di chiamare i genitori con il loro appellativo che spesso si trasforma in un appellativo affettuoso nei vocativi «papà» e «babbo»? La realtà non conta veramente niente. Conta solo ciò che alcuni pensano, che la realtà sia superflua, e costruiscono un mondo che, secondo loro (una minoranza), è meglio di quello reale. Che tristezza.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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