2021-10-01
Più si va avanti e più il caso Morisi puzza di trappola
Luca Morisi (Getty Images)
Anche se i guardiani della privacy stavolta tacciono, il caso fa acqua da tutte le parti. Non si è mai visto un gigolò chiamare l'Arma. Né un politico aspettare di essere beccato. La verità deve ancora venire a galla.Anni fa, la Procura di Potenza intercettò la telefonata di un fotografo che parlava con Fabrizio Corona. I due si scambiavano informazioni circa alcuni scatti che ritraevano il portavoce di Romano Prodi, all'epoca presidente del Consiglio, mentre, di notte, con la sua macchina, si affiancava a un transessuale, abbassando il finestrino. I magistrati aprirono un fascicolo, ipotizzando che l'onorevole fosse destinatario di un potenziale ricatto. A quei tempi, era il marzo del 2007, dirigevo Il Giornale e ricevuta notizia dell'inchiesta la pubblicai. Apriti o cielo. Fui travolto da un'ondata di indignazione, perché avevo osato invadere la sfera privata di un politico. Alle indagini su Silvio Berlusconi e le Olgettine, appartenenti alla medesima sfera, non si era ancora arrivati e dunque per il Palazzo, la propria privacy era da considerarsi sacra e io, pubblicando le informazioni sulla deviazione del deputato, avevo commesso un sacrilegio. I più lesti a lapidarmi furono i colleghi, i quali nei tg e sui giornali presero le distanze da ciò che avevo scritto, mettendo in dubbio perfino che i famosi scatti incriminati esistessero. Ricordo bene gli indignati speciali che sputarono le loro sentenze in tv e sulla stampa: fra di loro in particolare si distinsero Enrico Mentana e Giuliano Ferrara, il quale sentito il richiamo della foresta mise in piedi una puntata di Otto e mezzo per processarmi. Gad Lerner disse che il mio comportamento era vomitevole, mentre il responsabile per l'informazione dei Ds chiese l'intervento della Fnsi e dell'Ordine, che ovviamente obbedirono all'istante. Quanto ai politici, Piero Fassino parlò di un «vergognoso scandalismo mediatico», Francesco Rutelli espresse tutto il suo «disgusto», Dario Franceschini commentò ricorrendo all'immagine del fango, il Garante della privacy, un prodiano doc, emanò un editto per impedire che pubblicassi la fotografia con il parlamentare fermo davanti al viado.Se cito una vicenda di 14 anni fa, quando a finire nel «tritacarne mediatico» (la definizione fu di Gianfranco Fini, che già allora pendeva a sinistra) fu un onorevole dell'Ulivo che sedeva nella stanza dei bottoni a fianco del presidente del Consiglio, è perché tutto il garantismo che all'epoca usarono i giornalisti e i politici non riesco a ritrovarlo nel caso Morisi. Costui è - anzi era - un collaboratore di Matteo Salvini, che pur senza sedere in Parlamento e neppure a Palazzo Chigi alimentava la macchina dell'informazione della Lega. Fino all'altro ieri era considerato un genio e da ieri è ritenuto sempre un genio ma del male. A Belfiore, paesotto veronese adagiato sulla sponda dell'Adige che in origine pare si chiamasse Porcile, pare facesse festini a base di droga, escort e pure immigrati. Il peggio del peggio per uno che milita in un partito tutto patria e famiglia. E così visto il caso, gli indignati speciali, quelli che la privacy va bene ma solo se nei guai ci finisce uno dei nostri, se invece è quella di Morisi si può passare ai raggi X, ci hanno inzuppato il biscotto. Mentre prima ficcare il naso fra le lenzuola, e anche svelare che un attore era morto per overdose (ricordate il caso Libero De Rienzo?), era ritenuto sconveniente e vomitevole, adesso è diventato interessante e profittevole, soprattutto se c'è aria di elezioni e di mezzo c'è l'avversario politico. Il fatto in sé è stato definito banale dal procuratore della Repubblica, ma si capisce che gli aspetti a luci rosse - con il gigolò fatto arrivare apposta dalla Romania - ingolosiscono, al punto che perfino coloro che fino a ieri si strappavano le vesti se si ironizzava sui gay o se ne scandagliava la vita privata adesso vanno in sollucchero per i dettagli sulla camera da letto di Morisi. Ciò detto, e segnalata l'ipocrisia di chi vuole mettere il bavaglio ma solo ai fatti che non gli piacciono (Alessandro Zan, firmatario del disegno di legge sull'omotransfobia, poco c'è mancato che facesse nomi e cognomi dei parlamentari gay di centrodestra, alla faccia del divieto di parlare di tendenze sessuali), ci sono alcune domande che da ieri ci frullano in testa e riguardano i contorni poco chiari della faccenda. In principio si era detto che i carabinieri avevano fermato una macchina e perquisita la vettura vi avevano trovato della droga e da qui erano arrivati a suonare il campanello di casa Morisi. Ora però si scopre che a chiamare le forze dell'ordine è stato uno dei giovanotti che partecipava al festino, il quale avendo fatto indigestione di stupefacenti non si è rivolto all'ospedale ma alla caserma. Se c'è una cosa che chi si prostituisce evita di fare, a maggior ragione se è in un Paese straniero, è una telefonata agli agenti e tantomeno agitare le acque, perché gli amorazzi clandestini richiedono discrezione. Come mai allora il gigolò romeno al posto dell'ambulanza fa intervenire una gazzella dell'Arma? «Mi sono sentito male perché mi hanno fatto prendere della droga», ha spiegato il giovanotto concedendo interviste a destra e a manca quasi fosse in attesa di essere ingaggiato da un talent show. Può essere, ma possibile che dopo la chiamata al 112 Morisi sia rimasto impassibile ad aspettare, attendendo con comodo che la pattuglia intervenisse e poi perquisisse l'appartamento trovandovi due grammi di cocaina? Aggiungo di più. Su Dagospia, sito solitamente ben informato, un frequentatore delle notti milanesi e conoscitore dell'ambiente gaio ieri scriveva che i ragazzi di vita romeni sono soliti portarsi a presso il carburante per rendere la serata più vivace. Cioè gli appuntamenti sarebbero comprensivi di sostanze e per questo arriverebbero a costare anche 4.000 euro. Ora, noi di questo genere di incontri al buio non siamo esperti e dunque non sapremmo dire come funzionino, ma di certo il racconto della presunta vittima di Morisi ci pare zoppicare un po', al punto che perfino i cronisti più elettrizzati dall'intreccio di droga, sesso e politica cominciano a farsi domande e a manifestare qualche dubbio. Al di là delle questioni che riguardano l'inventore della Bestia leghista, le sue frequentazioni, i suoi amori a pagamento e quelle che lui ha definito «fragilità esistenziali», con cui lui prima di tutto e poi il suo partito dovranno fare i conti, resta una domanda: ma non è che l'allegra serata di Belfiore in realtà fosse un'allegra e bella trappola?
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