2024-04-09
«Modificato l’articolo anti Elkann». Il caso Molinari agita «Repubblica»
Maurizio Molinari (Imagoeconomica)
Il direttore manda al macero 100.000 copie. I giornalisti ritirano le firme per protesta.Centomila copie di Affari & Finanza, inserto economico di Repubblica, mandate al macero nella notte tra domenica e lunedì scorso; un articolo a firma di Giovanni Pons sostituito in fretta e furia da uno quasi identico firmato dal vicedirettore Walter Galbiati, ma con qualche ritocco probabilmente voluto dal direttore Maurizio Molinari per non toccare la suscettibilità degli Elkann, editori del giornale. Una vera e propria bufera che investe la redazione del quotidiano, il cui Comitato di redazione mette in votazione la mozione di sfiducia allo stesso Molinari. I giornalisti e le giornaliste di Repubblica ritirano per 24 ore le firme dall’edizione cartacea e dal sito. Repubblica ieri ha vissuto una delle giornate più nere della sua storia, nera come la notte del colpo di mano della direzione, con la decisione di buttare via 100.000 copie dell’inserto economico già stampate per cambiare qualche riga all’articolo di apertura, uscito poi però con una firma diversa. L’articolo in questione, come ha rivelato ieri pomeriggio Ilfattoquotidiano.it, firmato da Pons, aveva come titolo «Affari ad alta tensione sull’asse Roma-Parigi», con il seguente catenaccio: «I casi Stm, Tim e la fuga di Arcelor dall’Ilva riaccendono le polemiche sul rapporto sbilanciato tra Italia e Francia». Il giornale era già in stampa quando è arrivato l’ordine di fermare le rotative, buttare via tutte le copie già stampate e sostituire firma, titolo, catenaccio e testo. La firma dell’articolo uscito ieri in edicola è quella di Galbiati: il titolo è diventato «Affari ad alta tensione sul fronte Roma-Parigi»; più radicale il cambio del catenaccio, modificato in «I casi Stm, Tim e la fuga di Arcelor dall’Ilva riaccendono le polemiche. Funzionano quando è il business a guidare». Leggendo i due articoli, si resta di stucco: sono praticamente identici, tranne che per qualche passaggio. In quello di Pons, nella parte iniziale, a proposito del Trattato del Quirinale tra Italia e Francia, si legge (anzi, si leggeva): «a due anni e mezzo di distanza, quel Trattato non ha avuto seguiti importanti, forse perché otto mesi dopo la firma Draghi ha lasciato Palazzo Chigi e al suo posto è subentrata Giorgia Meloni, che guarda alla Francia con occhi assai diversi. Non solo in politica ma anche in economia, dove c’è la consapevolezza che l’Italia e le aziende italiane sono state trattate negli ultimi vent’anni come terre da conquistare con le bandierine francesi». L’articolo uscito a firma di Galbiati recita così: «a due anni e mezzo di distanza, quel Trattato non ha avuto seguiti importanti, forse perché otto mesi dopo la firma Draghi ha lasciato Palazzo Chigi e al suo posto è subentrata Giorgia Meloni, che guarda alla Francia con occhi assai diversi. Non solo in politica ma anche in economia, con l’esito che l’intervento italiano non è mai stato lineare, come nel caso di Stm dove il governo ha prima dato il suo via libera alla conferma dell’amministratore delegato francese Jean Marc Chery per poi chiedere un ribilanciamento della governance, dando segnali di confusione al mercato che ha reagito negativamente al momento di incertezza». Niente più bandierine, niente terre da conquistare: il testo originale viene annacquato. «Il direttore», scrive la redazione, al termine di una infuocata assemblea, «ha la potestà di decidere che cosa venga pubblicato o meno sul giornale che dirige ma non di intervenire a conclusione di un lavoro di ricerca, di verifica dei fatti e di confronto con le fonti da parte di un collega, soprattutto se concordato con la redazione. In questo modo viene lesa l’autonomia di ogni singolo giornalista di Repubblica e costituisce un precedente che mette in discussione, per il futuro, il valore del nostro lavoro. Quanto avvenuto», aggiungono i redattori di Repubblica, «è l’ultimo episodio di una serie di errori clamorosi originati dalle scelte della direzione che hanno messo in cattiva luce il lavoro collettivo di Repubblica. Le giornaliste e i giornalisti di Repubblica ritirano dal giornale e dal sito le proprie firme per 24 ore, firme mortificate dall’intervento della direzione e a tutela della propria dignità professionale e indipendenza».
Marco Risi (Getty Images)
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)