2025-03-10
Gallo muore nel sonno, con lui se ne va il pentito del caso Equalize
L’ex super poliziotto si è spento nella casa di Garbagnate, dove si trovava ai domiciliari. Disposta l’autopsia. Nei suoi verbali si era autoaccusato e aveva svelato retroscena inediti anche su alcuni casi del passato.È morto ieri, nella sua abitazione di Garbagnate Milanese, dove stava scontando gli arresti ai domiciliari, Carmine Gallo. Ex super poliziotto, 66 anni, originario di Gragnano, in provincia di Napoli, ha fondato l’agenzia investigativa Equalize, una società che, secondo le accuse, avrebbe gestito un vasta attività di dossieraggio su commissione, raccogliendo informazioni su decine di persone, dalle più note alle meno conosciute, fino ad arrivare ai politici e alle cariche più alte dello Stato e finanche i campioni dello sport (come il campione olimpico Marcell Jacobs su ordine del fratello del velocista Filippo Tortu). Per questo era indagato per associazione per delinquere, accesso abusivo a sistemi informatici, rivelazione di segreti e altri reati. Stando ai primi accertamenti dei carabinieri la morte sarebbe stata causata da un infarto. Ma, considerato il profilo del personaggio, l’evento si è subito ammantato di un alone di mistero, tanto che il pm di turno, Giancarla Serafini, ha sequestrato la salma e disposto l’autopsia, dopo un sopralluogo nell’abitazione di Gallo con il medico legale e la Polizia Scientifica. Laureato in scienze politiche, aveva alle spalle una lunga carriera da investigatore, durante la quale era riuscito a costruirsi una certa fama per i successi nelle indagini sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nel Nord Italia, per la soluzione dell’omicidio di Maurizio Gucci e per il pentimento del super boss della ’ndrangheta Saverio Morabito. E negli ambienti investigativi in molti gli riconoscono un sostanzioso contributo nelle indagini che portarono alla cattura a Padova del serial killer Michele Profeta. Una carriera di allori. Non senza qualche intoppo. Nel 2016, per una soffiata su un’inchiesta fatta a un collaboratore di giustizia, è stato condannato per favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio. E due anni dopo va in quiescenza. Proprio nel 2018, a un mese dalla pensione, con il presidente della Fondazione fiera di Milano, Enrico Pazzali, che aveva conosciuto quando era dirigente del commissariato di Rho, fonda la Equalize. Prima si occupa solo di diritto all’oblio e cancellazione dei link che minavano l’immagine dei clienti. Poi, nel 2019, dopo aver ottenuto la riabilitazione, torna a indagare, grazie a una licenza investigativa. Ed è a quel punto che si addentra nel settore delle energie rinnovabili proponendosi come advisor. In poco tempo della Equalize diventa il cuore pulsante. La sua morte ha spezzato un filo che avrebbe dovuto portarlo in Tribunale, davanti al Riesame, il 19 marzo, giorno della discussione del ricorso presentato dal pm Francesco De Tommasi, che per Gallo chiedeva l’aggravamento della misura, descrivendolo come una «persona tentacolare». Da qualche mese, però, e questo rende ancora più misteriosa la sua morte, aveva cominciato a collaborare con gli inquirenti, facendo tremare la lunga lista di personaggi che ha incrociato nel corso dell’attività di spionaggio. La Procura, quindi, perde un testimone importante. Forse il teste chiave. Che con Samuele Calamucci, ingegnere quarantacinquenne con un passato nel collettivo di Anonymous, stava vuotando il sacco. Di recente, come ha ricostruito La Verità, i due avevano tirato in ballo l’ex numero uno dell’Anm Luca Palamara, riferendo de relato quanto avrebbero appreso da Lorenzo Sbraccia, imprenditore e cliente di Equalize, che avrebbe riferito di incontri con Giovanni Legnini, ex vicepresidente del Csm, e con Palamara (che ha annunciato querela), accusato di aver ricevuto 400.000 euro per favorire la nomina di Isabella Ginefra, esponente della corrente Unicost, legata anche a Marco Jacobini, ex presidente della Banca popolare di Bari. Non solo. Gallo aveva anche svelato che Gabriele Pegoraro, uno che si presentava alla clientela come «l’anima creativa del team tra genio e sregolatezza», ingegnere elettronico esperto del settore bancario e di quello delle comunicazioni, sarebbe stato in grado di creare un trojan da proporre alle Procure, in particolare quella di Cuneo, mettendo Equalize in concorrenza con le aziende del settore. Inoltre, con i pm, Gallo si era lamentato per le visite che riceveva da appartenenti ai servizi di sicurezza, alcuni dei quali avrebbero cercato di acquisire i suoi informatori. Nelle carte compare anche il nome del generale dei carabinieri Carlo De Donno, attuale numero due dell’Aisi. L’inchiesta, d’altra parte, aveva già fatto emergere contatti con i servizi segreti italiani, ma anche con agenti di intelligence stranieri. Tra i documenti confidenziali, poi, si parlava di una squadra ribattezzata «Fiore», legata ai servizi segreti, con cui Gallo avrebbe avuto contatti diretti, e di un’ingarbugliata rete di uomini che si muovevano nell’ombra. E poi c’erano i suoi rapporti con i pentiti. In uno dei verbali, per esempio, Gallo cita Annunziatino Romeo, un ex ’ndranghetista che in passato gli avrebbe dato una mano a liberare l’imprenditrice Alessandra Sgarella, che nel 1997 era stata sequestrata da un gruppo di calabresi. Gallo finì sotto processo per il presunto pagamento del riscatto e per il sospetto che dietro alla liberazione dell’imprenditrice ci fosse stato uno scambio di favori con un boss detenuto. Ma nei verbali sarebbe citato anche Salvatore Pace, condannato a sette anni per concorso nell’omicidio di un educatore penitenziario, poi passato a occuparsi di smaltimento di rifiuti, col quale, l’ex super poliziotto ha riferito di sentirsi quasi con cadenza quotidiana. I rapporti risalgono nel tempo, al 1994, quando con il procuratore Armando Spataro convinse Pace a collaborare. Non mancano riferimenti alla latitanza in Tunisia di un personaggio che le cronache indicano come il «Re dei rifiuti tossici». Misteri che gli inquirenti avrebbero voluto approfondire e che Gallo si è portato nella tomba.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)