2023-01-13
L’emergenza farmaci per i dem ora esiste
L’opposizione attacca il governo e chiede un’informativa urgente. Un anno fa, quando «La Verità» denunciò le carenze, il ministero negò tutto. I prodotti mancanti intanto sono saliti a quota 3.200. Però Giorgio Palù, presidente Aifa, minimizza: «Non mi preoccuperei».Finalmente se ne sono accorti. La carenza di farmaci è diventato l’elefante nel salotto che tutti adesso devono per forza vedere. Tanto che il ministro della Salute Orazio Schillaci ha istituito un tavolo permanente per l’individuazione dei medicinali che registrano una reale carenza, interventi di risposta a breve e medio termine per far fronte tempestivamente ai bisogni dei cittadini e la definizione di attività di comunicazione e sensibilizzazione al fine di evitare allarmismi e conseguenti ingiustificate corse all’acquisto. Nessun panico, ovviamente, ma La Verità è dal 21 novembre del 2021 che denuncia la carenza di farmaci. Allora il ministro della Salute era Roberto Speranza che, come ormai tutti sanno, era ossessionato dalla gestione del Covid, mentre tutto il resto, dalle medicine ai posti letto, dalle liste d’attesa ai medici che mancano, passava in secondo piano. Problemucci di poco conto che finivano nella maggior parte dei casi in un cassetto del ministero. Con lui non se ne curava tutto il Pd, tutta Italia viva e anche tutto il Movimento 5 stelle. Questi partiti che oggi sono all’opposizione, ai tempi non avevano nessun interesse a dar peso al problema. Neanche quando a mancare erano i farmaci che servivano a curare il boom di casi di bronchiolite dei neonati dell’autunno/inverno 2021/2022. Tanto che quando interpellammo l’allora sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri (già viceministro della Salute nel Conte II e prima ancora presidente della commissione Salute in Senato nel Conte I) rispose testuali parole: «Non ho ricevuto segnalazioni, se i farmaci si importano dall’estero il problema è risolto». Per poi far aggiungere dal suo ufficio stampa che l’argomento carenza farmaci non era di pertinenza del ministero. Succedeva tra l’1 e il 2 dicembre del 2021. Parole gravissime a cui però nessuno diede peso. Ed è per questo che oggi colpisce l’atteggiamento di Pd, M5s e Terzo polo sul tema. All’unanimità infatti le opposizioni hanno chiesto al governo un’informativa urgente del ministro della Salute Schillaci. La richiesta è stata anticipata dalla capogruppo di Italia viva-Azione, Raffaella Paita, che in Aula ha sollecitato il ministro a riferire in giornata. A differenza di quello precedente però, il governo ha risposto positivamente programmando per martedì 17 gennaio alle 14.30 un’audizione in commissione Affari Sociali. Il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha commentato: «Quando dicevamo al ministro Speranza che si occupava solo del Covid allora c’era qualcun altro che non diceva assolutamente nulla. Adesso che c’è un governo di centrodestra si sono svegliati tutti». Il problema, insomma, ora si vede. I farmaci carenti sono divenuti ormai 3.200 secondo l’ultimo aggiornamento dell’Aifa del 10 gennaio scorso. Un fenomeno che, come previsto, aumenta a dismisura per un motivo ben preciso: la delocalizzazione da anni dei principi attivi in Asia, specialmente in Cina e India. Pandemia, carenza di materie prime e rincari energetici hanno fatto il resto. Il tema dei principi attivi però, a quanto sembra, ancora non è stato messo del tutto a fuoco neanche dagli addetti ai lavori. Silvestro Scotti, segretario della Federazione medici di medicina generale (Fimmg), ha detto che il fenomeno dipende da «un elevato utilizzo di antinfiammatori, perché l’influenza quest’anno ha fatto un 20% di contagi in più e che gira in contemporanea al Covid, per il quale si usano gli stessi farmaci sintomatici». Ma per altre specialità, ha aggiunto, come gli antibiotici «tipo quelli a base di cefalosporine come Cefixoral, c’è un problema di approvvigionamento di principi attivi dalla Cina». Non manca però la solita accusa a presunti speculatori: «Per altre specialità ci possono essere anche delle forme di speculazione, simili a quelle viste sui carburanti».Difficile andare avanti se si vede il problema senza capirne le cause. Fortunatamente c’è qualcuno che comincia ad interrogarsi, come Federfarma servizi, che rappresenta la distribuzione intermedia del farmaco: «Vorremmo conoscere la ragione vera del problema, per dare risposte omogenee ai cittadini. Perché i fenomeni di carenza di farmaci che vediamo ora non li abbiamo visti neppure in piena emergenza Covid». Infine c’è chi continua a negare la realtà come il presidente dell’Aifa, Giorgio Palù: «Non mi preoccuperei» ha detto, «Del totale dei farmaci carenti (3.200), sono 300 quelli un po’ mancanti perché sono farmaci di importazione, ma solo 30 di questi sono veramente essenziali perché non trovano un corrispettivo prodotto da un’industria italiana». I numeri di Palù non coincidono con quelli di Marcello Cattani, presidente di Farmindustria: «Dei 3.000 farmaci individuati come mancanti dall’Aifa, 1.500 sono sostituibili» che vuol dire che la metà invece non lo sono. A chi dare ascolto? Le domande sono ancora troppe e le risposte, quando arrivano, evasive. Modello Sileri insomma, che passerà alla storia per esser stato il primo (e speriamo ultimo) sottosegretario alla Salute a dire che la carenza di farmaci (di cui disconosceva l’esistenza) oltre a non essere un problema, non fosse un tema di pertinenza del suo ministero.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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