
Il caso dell’ex prefetto per i Santi agita i porporati, il cui numero supera i 120 canonici. E mancano i posti letto.Saranno 135 i cardinali votanti che possono partecipare al conclave per eleggere il 267° successore di Pietro, il prossimo Papa. Ma uno di loro, Antonio Cañizares Llovera (emerito di Valencia), ha già fatto sapere che, per «problemi di salute», non ci sarà, quindi il numero di votanti dovrebbe essere di 134 (Vinko Puljić, emerito di Sarajevo, in forse per motivi di salute, ha infine ottenuto il via libera dei medici e si recherà a Roma per i funerali di Francesco e per partecipare al conclave). Poi c’è quello che dalle parti di Borgo Pio stanno definendo come il «dilemma Becciu» e cioè il caso che riguarda il cardinale Angelo Becciu, già prefetto alle Cause dei Santi e numero due della Segreteria di Stato, che in una sera di settembre del 2020 si vide defenestrato nello spazio di un attimo dallo stesso Papa in un colloquio burrascoso, dopo il quale l’ex fedelissimo si trovò senza incarico, «degradato» e poi sottoposto a processo.In questa tempesta il Papa avrebbe anche tolto a Becciu «diritti e le prerogative del cardinalato», tra cui ci sarebbe anche la partecipazione al voto del conclave. Il porporato ha già fatto sapere, invece, di voler partecipare al voto e sono i cardinali riuniti nelle congregazioni generali in questi giorni a dover sciogliere il nodo. L’ingresso in Cappella Sistina con l’«Extra omnes» dovrebbe essere tra il 5 e il 10 maggio prossimi.Secondo quanto apprende La Verità, la questione Becciu è assai spinosa, perché parrebbe che il Papa possa aver lasciato scritto o detto qualcosa circa la situazione di impossibilità a partecipare del cardinale, ma di questo, al momento, non c’è traccia (e perché non prima?). Ciò potrebbe comunque aprire questioni giuridiche non facili da risolvere. Basti pensare a cosa potrebbe accadere se il cardinale Becciu entrasse in conclave per il voto e poi la sua situazione non risultasse chiara, dopo che già la sua vicenda processuale ha lasciato molte discussioni in sospeso. E il cardinale, al momento, ha già fatto sapere di volere entrare nella Cappella Sistina. La spinosissima faccenda è nelle mani dei cardinali nelle congregazioni generali e ieri il direttore della Sala stampa vaticana, Matteo Bruni, ha fatto sapere al proposito che «di conclave si parla dopo i funerali». Ma intanto qualcuno forse spera che il cardinale Becciu possa sua sponte rinunciare al voto.Non è finita. Perché leggendo la Costituzione apostolica Universi dominici grecis, che regola appunto la vacanza della sede apostolica e il conclave, al numero 33 riporta che «il numero massimo di cardinali elettori non deve superare i 120», mentre i cardinali con diritto di voto risultano essere 134. La questione qui, però, sembrerebbe trovare una sua soluzione, nel senso che ogni volta che il Papa crea dei cardinali implicitamente deroga a questa regola. E può farlo. La cosa è già accaduta più volte nella storia con i Papi che implicitamente hanno derogato alla regola dei 120: Giovanni Paolo II ha superato il limite, ad esempio, nel concistoro dell’ottobre 2003 con 135 elettori e anche tre dei concistori di Benedetto XVI avevano portato il numero degli elettori oltre la soglia dei 120. Poi non si è mai verificata la situazione che in conclave entrassero più di 120 elettori, dato che nel frattempo un numero congruo di porporati compiva i fatidici 80 anni ed usciva dai votanti. La cosa, quindi, trova un suo inquadramento ma l’eventuale presenza di un rescritto papale di deroga al limite dei 120 votanti, cosa di cui al momento non è data conoscenza, di certo darebbe maggior solidità alla questione. In ogni caso, è difficile pensare, come ventilato da qualcuno, che si possa arrivare all’esclusione degli ultimi 13 cardinali nominati da Francesco nel concistoro del 7 dicembre 2024, perché il combinato disposto degli articoli 33 e 36 della Universi dominici grecis difficilmente può permettere una tale esclusione. Comunque, anche in questo caso, i cardinali dovranno dipanare la matassa. Infine, c’è una terza questione, forse più di carattere pratico che non strettamente giuridico. Anche se a leggere l’articolo 42 della già citata costituzione si legge che «tutti i cardinali elettori dovranno aver avuto e preso conveniente sistemazione nella cosiddetta Domus Sanctae Marthae», Casa Santa Marta. Ma nella residenza costruita proprio per ospitare i cardinali elettori al conclave e poi presa a residenza da Francesco per i suoi 12 anni di regno, non ci sono posti a sufficienza. Ci sono, infatti, 106 doppie e 28 stanze singole, ma siccome sia papa Francesco che altri preti e suore vivevano lì, gli spazi sono ridotti (e il secondo piano con l’appartamento papale resterà sigillato fino all’elezione del prossimo Papa), quindi mancano all’appello una ventina di stanze.«Si troverà una soluzione», dicono gli addetti. Al massimo i cardinali elettori più giovani potrebbero accomodarsi in una brandina nelle salette: sarebbe un piccolo sacrificio per quello che potrebbero ribattezzare come il loro primo conclave «da campo».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






