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2021-01-03
Caos vaccinazioni. Mancano le siringhe e si reclutano medici in pensione
S.Guidi/Getty Images
Il commissario straordinario Arcuri ha dichiarato che «a cavallo tra il secondo e il terzo trimestre saremo potenzialmente in condizione di vaccinare la totalità della popolazione», ma a questi ritmi sarà un miraggio riuscire a iniettare il farmaco al 50% degli italiani, come ipotizza il piano «strategico». Per farlo, bisognerebbe essere partiti subito con più di 100.000 vaccinazioni al giorno, sette giorni su sette, e da febbraio prevederne 200.000 visto che servirà il richiamo. Invece procediamo con numeri ridicoli. Su 469.950 dosi a nostra disposizione dal 31 dicembre, ieri pomeriggio ne erano state utilizzate appena 48.416. La Provincia autonoma di Trento aveva provveduto alla somministrazione del 34,8% dei quantitativi ricevuti, l'Abruzzo al 3,6%. Per le altre Regioni si andava dal 3% della Lombardia al 15,5% del Veneto, o al 9,2% della Campania. Nel frattempo, in Germania erano già arrivati a quota 165.575, Regno Unito e Israele superavano il milione di vaccinati, gli Stati Uniti erano a quota 2,8 milioni, la Cina a 4,5 milioni.
La Danimarca ha già immunizzato quasi 30.000 cittadini su una popolazione di appena 5,8 milioni, e meglio dell'Italia ha fatto anche il Barhein con 59.351 somministrazioni di farmaci anti Covid. Oltre ai dubbi su quanto vaccino riusciremo ad avere, e se potremo contare su altri 62 milioni di dosi dopo che l'Ema avrà autorizzato il 6 gennaio (ma non è certo) il vaccino Moderna, il problema enorme è la macchina organizzativa che non è decollata. La circolare del 24 dicembre del ministero della Salute sono 58 pagine di approssimazioni, nulla a che vedere con un piano dettagliato che affronti in ogni suo aspetto la complessità di inoculare il vaccino a milioni di persone. Mancano ancora infermieri e medici, indispensabili per una vaccinazione di massa. Molte Regioni segnalano carenze di personale sanitario e di siringhe, alle quali si cerca di sopperire anche con medici in pensione o volontari e con le scorte degli ospedali. E a mancare è anche l'elenco completo dei centri dove il vaccino verrà distribuito. Ieri, la testata ZetaLuiss, informava che alla domanda, il commissario Arcuri ha risposto: ««Ancora in divenire, ragion per cui non si dispone ancora di un'elencazione dei centri vaccinali come richiesta».
Ieri sul sito di Invitalia è comparso il decreto di aggiudicazione delle cinque agenzie per il lavoro che dovranno selezionare i 15.000 vaccinatori attesi sul territorio. Si tratta della multinazionale Manpower che effettuerà il reclutamento in Lombardia, Emilia Romagna, Sardegna, Umbria e Valle d'Aosta. Di Randstad Italia per Lazio, Piemonte, Liguria, Provincia autonoma di Trento. Gi Group avrà come area territoriale Campania, Puglia, Marche, Basilicata. Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) Synergie Italia agenzia per il lavoro (mandante Umana Spa) si occuperà di Sicilia, Toscana, Abruzzo, Provincia autonoma di Bolzano, mentre Rti Etjca (mandante Orienta Spa) cercherà medici e infermieri in Veneto, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Molise. Dal documento della presidenza del Consiglio non compaiono le cifre delle offerte che hanno permesso di scegliere queste aziende, scartando le altre di cui non è stato ancora pubblicato l'elenco. «Non conosciamo le offerte al ribasso, ma possiamo certo parlare con cognizione di causa di denaro che si poteva spendere diversamente», commenta Antonio Di Palma, presidente del sindacato infermieri Nursing up, riferendosi al 5% di guadagno delle agenzie sui 508 milioni di euro stanziati. Il decreto precisa che verrà stipulato l'accordo quadro con gli operatori economici «anche nelle more della verifica dei requisiti di partecipazione alla procedura di gara, in considerazione dell'urgenza della procedura in parola». Di Palma è preoccupato e si chiede: «Che cosa accadrebbe se una delle agenzie, successivamente dimostrasse di non avere i requisiti necessari? Questo passaggio non ci è chiaro. E ancor peggio: che cosa succederebbe se una delle aziende esterne, che ha in carico più di una Regione, venisse rimossa dall'incarico una volta che gli infermieri di un determinato territorio di competenza fossero stati già contrattualizzati? Che fine farebbero questi operatori sanitari?». Saranno infatti le neo prescelte agenzie a stipulare i contratti di nove mesi con 3.000 medici e 12.000 infermieri. Non sappiamo ancora quanti abbiano risposto all'appello di Arcuri: il premier Conte nella conferenza stampa di fine anno ha parlato di circa 22.730 professionisti sanitari, ma attendiamo elenchi ufficiali e le Regioni di provenienza dei candidati, per capire se davvero sono disposti a spostarsi a proprie spese con un contratto di nove mesi. Buio fitto anche sulle aziende che dovevano consegnare le prime siringhe entro la fine dello scorso dicembre ed entro il prossimo 31 gennaio. Nel caos dell'assenza di siringhe, di vaccinatori, mentre nessuno ci rassicura che i farmaci rispetteranno le scadenze concordate (ma il Regno Unito non ha più bisogno dell'Ema e da metà gennaio riceverà 2 milioni di vaccino Astrazeneca), dobbiamo sopportare pure che ministro delle Regioni, Francesco Boccia, ci prenda per i fondelli definendoci «Paese serio» mentre la Germani acquista 30 milioni di dosi in più alla faccia dell'Unione europea.
Anche gli scienziati sono allarmati per le reazioni al siero della Pfizer
Le gravi reazioni allergiche insorte a seguito della somministrazione del vaccino Pfizer-Biontech sono al centro di un lungo approfondimento pubblicato sul numero di gennaio 2021 dall'autorevole rivista Science. Non esattamente, dunque, quella che si potrebbe definire la bibbia dei «no vax». L'articolo a firma del giornalista scientifico olandese Jop de Vrieze snocciola i primi dati di questa campagna vaccinale negli Stati Uniti e nel Regno Unito, sollevando importanti interrogativi. Né più né meno rispetto a quanto avete potuto leggere su queste stesse pagine nelle settimane a cavallo tra il vecchio e nuovo anno. Cosa sia l'anafilassi lo spiega l'Istituto superiore di sanità: si tratta di una «reazione allergica grave e pericolosa per la vita», causata dal rilascio da parte del sistema immunitario di «una serie di sostanze chimiche che provocano un abbassamento improvviso della pressione sanguigna e una restrizione delle vie respiratorie con blocco della respirazione».
Fino al 23 dicembre, su un totale di 614.117 persone vaccinate oltreoceano, erano state osservati 10 casi di anafilassi. Una percentuale solo a prima vista risibile: nei vaccini in commercio le reazioni allergiche gravi sono circa 1 su un milione, mentre per il farmaco Pfizer-Biontech questo rapporto è 15 volte superiore. L'elevata frequenza rispetto alla letteratura scientifica ha convinto l'Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive (Niaid) e la Food and drug administration (il regolatore americano) a convocare d'urgenza delle riunioni per discutere del problema e delle possibili soluzioni. Come spiegato sempre da Science in un articolo pubblicato il 21 dicembre scorso, l'indiziato numero uno per le reazioni allergiche gravi sarebbe il polietilenglicole (Peg), una sostanza contenuta in una gran quantità di cosmetici, e utilizzata per migliorare la stabilità e la durata delle nanoparticelle che trasportano il filamento di Rna messaggero vero e proprio «cuore» del vaccino. Se fosse confermato, si tratterebbe di una doppia preoccupazione, dal momento che la molecola sotto osservazione è contenuta anche nella formula sviluppata da Moderna. Fino a qualche tempo fa si pensava che il Peg fosse inerte, ma negli ultimi anni diversi studi hanno confermato la capacità di indurre una risposta da parte del sistema immunitario. In particolare, uno studio condotto nel 2016 da Samuel Lai, ingegnere farmaceutico all'Università della Carolina del Nord, proverebbe che il 7% della popolazione sarebbe predisposto a sviluppare reazione anafilattica a questo composto. Non per niente, a seguito della pubblicazione di questa ricerca diverse aziende hanno deciso di eliminare dalla propria filiera produttiva prodotti contenenti il polietilenglicole.
Occorre precisare che il legame tra le reazioni allergiche e il Peg è ancora tutto da dimostrare, e alcuni scienziati sono scettici sulla connessione tra la presenza del composto nel vaccino e i casi di anafilassi occorsi nelle ultime settimane. Tuttavia, il giornalista di Science tiene a precisare che «le aziende erano consapevoli dei rischi». Nel 2018, infatti, Moderna aveva messo nero su bianco circa la possibilità di «reazioni al Peg», mentre lo scorso settembre i ricercatori della tedesca Biontech avevano proposto un'alternativa al polietilenglicole, osservando che il suo utilizzo «avrebbe potuto avere importanti svantaggi in merito all'attività e alla sicurezza». E come messo in luce dalla Verità, già a maggio Moderna aveva avvisato gli investitori dei rischi di reazioni al Peg. Nonostante tutto, sia Pfizer-Biontech che Moderna hanno deliberatamente escluso dalla sperimentazione soggetti con una storia clinica di allergia a questo composto. Una scelta che, alla luce dei casi di anafilassi fatti registrare finora, rischia di avere pesanti conseguenze.
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Ignote le offerte delle agenzie interinali vincitrici e l'elenco dei centri designati per la somministrazione: «È in divenire».La rivista «Science» ha approfondito i dati sulle anafilassi sollevando importanti dubbi.Lo speciale contiene due articoli.Il commissario straordinario Arcuri ha dichiarato che «a cavallo tra il secondo e il terzo trimestre saremo potenzialmente in condizione di vaccinare la totalità della popolazione», ma a questi ritmi sarà un miraggio riuscire a iniettare il farmaco al 50% degli italiani, come ipotizza il piano «strategico». Per farlo, bisognerebbe essere partiti subito con più di 100.000 vaccinazioni al giorno, sette giorni su sette, e da febbraio prevederne 200.000 visto che servirà il richiamo. Invece procediamo con numeri ridicoli. Su 469.950 dosi a nostra disposizione dal 31 dicembre, ieri pomeriggio ne erano state utilizzate appena 48.416. La Provincia autonoma di Trento aveva provveduto alla somministrazione del 34,8% dei quantitativi ricevuti, l'Abruzzo al 3,6%. Per le altre Regioni si andava dal 3% della Lombardia al 15,5% del Veneto, o al 9,2% della Campania. Nel frattempo, in Germania erano già arrivati a quota 165.575, Regno Unito e Israele superavano il milione di vaccinati, gli Stati Uniti erano a quota 2,8 milioni, la Cina a 4,5 milioni. La Danimarca ha già immunizzato quasi 30.000 cittadini su una popolazione di appena 5,8 milioni, e meglio dell'Italia ha fatto anche il Barhein con 59.351 somministrazioni di farmaci anti Covid. Oltre ai dubbi su quanto vaccino riusciremo ad avere, e se potremo contare su altri 62 milioni di dosi dopo che l'Ema avrà autorizzato il 6 gennaio (ma non è certo) il vaccino Moderna, il problema enorme è la macchina organizzativa che non è decollata. La circolare del 24 dicembre del ministero della Salute sono 58 pagine di approssimazioni, nulla a che vedere con un piano dettagliato che affronti in ogni suo aspetto la complessità di inoculare il vaccino a milioni di persone. Mancano ancora infermieri e medici, indispensabili per una vaccinazione di massa. Molte Regioni segnalano carenze di personale sanitario e di siringhe, alle quali si cerca di sopperire anche con medici in pensione o volontari e con le scorte degli ospedali. E a mancare è anche l'elenco completo dei centri dove il vaccino verrà distribuito. Ieri, la testata ZetaLuiss, informava che alla domanda, il commissario Arcuri ha risposto: ««Ancora in divenire, ragion per cui non si dispone ancora di un'elencazione dei centri vaccinali come richiesta». Ieri sul sito di Invitalia è comparso il decreto di aggiudicazione delle cinque agenzie per il lavoro che dovranno selezionare i 15.000 vaccinatori attesi sul territorio. Si tratta della multinazionale Manpower che effettuerà il reclutamento in Lombardia, Emilia Romagna, Sardegna, Umbria e Valle d'Aosta. Di Randstad Italia per Lazio, Piemonte, Liguria, Provincia autonoma di Trento. Gi Group avrà come area territoriale Campania, Puglia, Marche, Basilicata. Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) Synergie Italia agenzia per il lavoro (mandante Umana Spa) si occuperà di Sicilia, Toscana, Abruzzo, Provincia autonoma di Bolzano, mentre Rti Etjca (mandante Orienta Spa) cercherà medici e infermieri in Veneto, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Molise. Dal documento della presidenza del Consiglio non compaiono le cifre delle offerte che hanno permesso di scegliere queste aziende, scartando le altre di cui non è stato ancora pubblicato l'elenco. «Non conosciamo le offerte al ribasso, ma possiamo certo parlare con cognizione di causa di denaro che si poteva spendere diversamente», commenta Antonio Di Palma, presidente del sindacato infermieri Nursing up, riferendosi al 5% di guadagno delle agenzie sui 508 milioni di euro stanziati. Il decreto precisa che verrà stipulato l'accordo quadro con gli operatori economici «anche nelle more della verifica dei requisiti di partecipazione alla procedura di gara, in considerazione dell'urgenza della procedura in parola». Di Palma è preoccupato e si chiede: «Che cosa accadrebbe se una delle agenzie, successivamente dimostrasse di non avere i requisiti necessari? Questo passaggio non ci è chiaro. E ancor peggio: che cosa succederebbe se una delle aziende esterne, che ha in carico più di una Regione, venisse rimossa dall'incarico una volta che gli infermieri di un determinato territorio di competenza fossero stati già contrattualizzati? Che fine farebbero questi operatori sanitari?». Saranno infatti le neo prescelte agenzie a stipulare i contratti di nove mesi con 3.000 medici e 12.000 infermieri. Non sappiamo ancora quanti abbiano risposto all'appello di Arcuri: il premier Conte nella conferenza stampa di fine anno ha parlato di circa 22.730 professionisti sanitari, ma attendiamo elenchi ufficiali e le Regioni di provenienza dei candidati, per capire se davvero sono disposti a spostarsi a proprie spese con un contratto di nove mesi. Buio fitto anche sulle aziende che dovevano consegnare le prime siringhe entro la fine dello scorso dicembre ed entro il prossimo 31 gennaio. Nel caos dell'assenza di siringhe, di vaccinatori, mentre nessuno ci rassicura che i farmaci rispetteranno le scadenze concordate (ma il Regno Unito non ha più bisogno dell'Ema e da metà gennaio riceverà 2 milioni di vaccino Astrazeneca), dobbiamo sopportare pure che ministro delle Regioni, Francesco Boccia, ci prenda per i fondelli definendoci «Paese serio» mentre la Germani acquista 30 milioni di dosi in più alla faccia dell'Unione europea.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/caos-vaccinazioni-siringhe-medici-pensione-2649720622.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-gli-scienziati-sono-allarmati-per-le-reazioni-al-siero-della-pfizer" data-post-id="2649720622" data-published-at="1609636004" data-use-pagination="False"> Anche gli scienziati sono allarmati per le reazioni al siero della Pfizer Le gravi reazioni allergiche insorte a seguito della somministrazione del vaccino Pfizer-Biontech sono al centro di un lungo approfondimento pubblicato sul numero di gennaio 2021 dall'autorevole rivista Science. Non esattamente, dunque, quella che si potrebbe definire la bibbia dei «no vax». L'articolo a firma del giornalista scientifico olandese Jop de Vrieze snocciola i primi dati di questa campagna vaccinale negli Stati Uniti e nel Regno Unito, sollevando importanti interrogativi. Né più né meno rispetto a quanto avete potuto leggere su queste stesse pagine nelle settimane a cavallo tra il vecchio e nuovo anno. Cosa sia l'anafilassi lo spiega l'Istituto superiore di sanità: si tratta di una «reazione allergica grave e pericolosa per la vita», causata dal rilascio da parte del sistema immunitario di «una serie di sostanze chimiche che provocano un abbassamento improvviso della pressione sanguigna e una restrizione delle vie respiratorie con blocco della respirazione». Fino al 23 dicembre, su un totale di 614.117 persone vaccinate oltreoceano, erano state osservati 10 casi di anafilassi. Una percentuale solo a prima vista risibile: nei vaccini in commercio le reazioni allergiche gravi sono circa 1 su un milione, mentre per il farmaco Pfizer-Biontech questo rapporto è 15 volte superiore. L'elevata frequenza rispetto alla letteratura scientifica ha convinto l'Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive (Niaid) e la Food and drug administration (il regolatore americano) a convocare d'urgenza delle riunioni per discutere del problema e delle possibili soluzioni. Come spiegato sempre da Science in un articolo pubblicato il 21 dicembre scorso, l'indiziato numero uno per le reazioni allergiche gravi sarebbe il polietilenglicole (Peg), una sostanza contenuta in una gran quantità di cosmetici, e utilizzata per migliorare la stabilità e la durata delle nanoparticelle che trasportano il filamento di Rna messaggero vero e proprio «cuore» del vaccino. Se fosse confermato, si tratterebbe di una doppia preoccupazione, dal momento che la molecola sotto osservazione è contenuta anche nella formula sviluppata da Moderna. Fino a qualche tempo fa si pensava che il Peg fosse inerte, ma negli ultimi anni diversi studi hanno confermato la capacità di indurre una risposta da parte del sistema immunitario. In particolare, uno studio condotto nel 2016 da Samuel Lai, ingegnere farmaceutico all'Università della Carolina del Nord, proverebbe che il 7% della popolazione sarebbe predisposto a sviluppare reazione anafilattica a questo composto. Non per niente, a seguito della pubblicazione di questa ricerca diverse aziende hanno deciso di eliminare dalla propria filiera produttiva prodotti contenenti il polietilenglicole. Occorre precisare che il legame tra le reazioni allergiche e il Peg è ancora tutto da dimostrare, e alcuni scienziati sono scettici sulla connessione tra la presenza del composto nel vaccino e i casi di anafilassi occorsi nelle ultime settimane. Tuttavia, il giornalista di Science tiene a precisare che «le aziende erano consapevoli dei rischi». Nel 2018, infatti, Moderna aveva messo nero su bianco circa la possibilità di «reazioni al Peg», mentre lo scorso settembre i ricercatori della tedesca Biontech avevano proposto un'alternativa al polietilenglicole, osservando che il suo utilizzo «avrebbe potuto avere importanti svantaggi in merito all'attività e alla sicurezza». E come messo in luce dalla Verità, già a maggio Moderna aveva avvisato gli investitori dei rischi di reazioni al Peg. Nonostante tutto, sia Pfizer-Biontech che Moderna hanno deliberatamente escluso dalla sperimentazione soggetti con una storia clinica di allergia a questo composto. Una scelta che, alla luce dei casi di anafilassi fatti registrare finora, rischia di avere pesanti conseguenze.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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