2025-05-17
I cani in ufficio sono ancora un mezzo tabù. Ma con Fido a fianco lavoriamo tutti meglio
Poche aziende aprono le porte agli animali. Eppure la loro compagnia migliora la produttività e i rapporti tra colleghi.Sono sempre di più le persone in Italia che scelgono di avere al proprio fianco un amico a quattro zampe. In particolare, stando ai dati diffusi dall’Anagrafe animali d’affezione e aggiornati al 19 febbraio 2023, in Italia ci sono ben 13.863.734 cani domestici dotati di microchip, ossia una media di un cane per ogni quattro persone. Un dato in crescita e che influenza sempre più la vita quotidiana delle persone, ma anche la società nella sua interezza. Basti pensare al recentissimo via libera dell’Enac (l’ente nazionale per l’aviazione civile) al trasporto aereo di cani e gatti in cabina al fianco dei proprietari, e non più nella stiva pressurizzata, o alle nuove regole del Senato della Repubblica che concedono a parlamentari, funzionari e collaboratori di portare il proprio cane a Palazzo Madama, sulla scia di altri enti pubblici, come il Comune di Verona e quello di Torino. Fido può prendere i mezzi pubblici con noi, accompagnarci al ristorante e perfino volare al nostro fianco. Per la maggior parte delle persone, però, è ancora vietato portarlo a lavoro con sé in ufficio. «È un tema abbastanza nuovo e poco sviluppato in Italia, ritenuto di scarso interesse e poco rilevante», spiega alla Verità l’avvocato giuslavorista Luca De Menech, partner dello studio legale Dentons a Milano e membro della practice globale di Employment and Labor. «All’estero invece sono molti gli interventi da parte delle aziende, attraverso policy interne che forniscono perimetri precisi. L’Italia è, purtroppo, indietro. Eppure, le ricerche sugli effetti benefici della presenza degli animali domestici negli uffici parlano chiaro, anche in termini di performance lavorative e quindi anche nell’interesse del datore di lavoro», prosegue l’avvocato. Basti pensare allo studio pubblicato nel 2021 da Elisa Wagner e Miguel Pina e Cunha, ricercatori della Nova School of Business and Economics dell’Università di Lisbona, che ha analizzato cinque aziende tedesche che, già nel 2019, avevano adottato politiche pet-friendly. I risultati hanno dimostrato come la presenza di un cane possa migliorare le dinamiche di gruppo nell’ambiente lavorativo, creando un’atmosfera più distesa con momenti di interazione informale tra colleghi, aiutando a «rompere il ghiaccio» anche tra diversi team. Un altro studio del 2018 condotto da Nationwide in partnership con Research Institute (Habri) ha rilevato che il 90% dei dipendenti che lavorano in ambienti pet friendly mostra un elevato coinvolgimento nel lavoro e sarebbe disposto a raccomandare il proprio datore di lavoro a terzi. La possibilità di portare i cani in ufficio, infatti, porta vantaggi anche alle aziende, valorizzandone l’immagine, soprattutto tra le nuove generazioni che cercano apertura e flessibilità. Caratteristiche fondamentali oggigiorno per essere competitivi sul mercato del lavoro. Tra le realtà private più strutturate che si sono dotate di una policy per la presenza degli animali in ufficio spiccano l’Ente Italiano di Normazione (Uni), Unicredit e diverse multinazionali americane, tra cui Mars, Google, Amazon, Purina. Sono molte invece le aziende che, pur concedendo ai dipendenti di portare Fido al lavoro, non hanno ancora stabilito linee guida chiare sul tema. Ma come darsi una disciplina valida?«La creazione di una legislazione nazionale in merito è molto improbabile e potrebbe essere controproducente per le aziende che non possono assicurare questo tipo di benefit. Piuttosto, è plausibile auspicare la diffusione capillare di queste policy con il supporto di associazione datoriali come Confindustria e Confcommercio, che potrebbero spingere per dare linee guida o anche per concordare con le organizzazioni sindacali l’inserimento di questi benefit nei Contratti collettivi nazionali di lavoro. Questa sarebbe una conquista», spiega De Menech. «Ovviamente, nell’applicazione pratica ci devono essere sfaccettature, tutto deve essere compatibile con lo stato di salute e la tuteladegli altri dipendenti», aggiunge il legale. Per rendere efficiente l’inserimento dei cani in azienda, sia i dipendenti che i datori di lavoro dovrebbero adottare diverse precauzioni. L’animale, innanzitutto, dovrebbe essere vaccinato, microchippato, pulito, obbediente e non aggressivo. Il padrone dovrebbe provvedere alle pause necessarie ai bisogni fisiologici del cane, assicurarsi che non disturbi i colleghi e che non vi siano compagni di ufficio allergici. Dall’altra parte, l’azienda dovrebbe individuare aree in cui limitare l’accesso agli animali (ad esempio sale riunioni, bagni, mensa), adeguare l’ufficio e mettere in sicurezza fili/cavi elettrici, individuare delle aree ad hoc per i cani, monitorare i pareri dei dipendenti coinvolti e mettere a disposizione dei servizi, come ad esempio le ciotole per il cibo e l’acqua. «Il legale può supportare le società nella definizione delle soluzioni più adatte ai singoli contesti e nella implementazione delle attività necessarie per rendere l’ambiente lavorativo, nell’interesse reciproco di lavoratori e datore di lavoro, pet-friendly», conclude l’avvocato De Menech.Come con lo smartworking, un tempo ritenuto un’utopia e ora tra i benefit più appetibili per chi cerca lavoro, anche la presenza dei propri cani in ufficio può essere sdoganata. Insieme alla possibilità di lavorare da remoto, infatti, scegliere di non lasciare a casa da soli per ore gli animali da compagnia comporta un miglioramento tangibile per il work-life balance. Concetto per lo più estraneo alle vecchie generazioni, ma che sta diventando il mantra dei giovani che si approcciano al mondo del lavoro, in Italia ancora spesso caratterizzato da troppi vincoli e scarsa flessibilità. Elementi che, insieme agli stipendi bassi, hanno provocato la fuga di cervelli e di pezzi di Pil sotto agli occhi di tutti.