2025-01-21
Canfora sgretola le balle dei dem sul latino a scuola: «Non è di destra»
L’intellettuale, dichiaratamente lontano dal governo Meloni, promuove la linea di Valditara e apre pure alla Bibbia in classe.«Intanto mi pare giusto ricordare un motto, un pensierino affidato alla prosa da Leopardi, il quale dice: “Io so quello che so a memoria”. La memoria è lo strumento che ci dà tutto quel che sappiamo, mentre ciò che abbiamo dimenticato non è più nella nostra mente. Quindi la memoria va valorizzata al massimo, esercitata. Davvero mi pare un po’ fuori da ogni logica questa insurrezione contro l’esercizio della memoria, fa ridere. Il latino poi non si è mai capito perché debba essere considerato di destra: è patetico come modo di ragionare». È difficile sospettare di simpatie meloniane o comunque destrorse Luciano Canfora, uno dei più illustri intellettuali italiani ed europei, che da Giorgia Meloni è stato pure querelato in tempi non sospetti. Eppure il professore - dimostrando d’avere una mente libera e lucida come poche altre - non si unisce al coro di quanti debbono per forza attaccare il ministro Giuseppe Valditara e le linee guida sui programmi scolastici che ha sommariamente anticipato nei giorni scorsi. La gran parte dei commentatori di sinistra ha voluto presentare la visione del ministro come biecamente conservatrice e reazionaria: si torna indietro, dicono, si ha nostalgia del passato. Ebbene, Canfora - pur non diventando all’improvviso un fan di questo governo - ha una visione diversa. Ribadisce, per esempio, che non vi è nulla di reazionario nello studio del latino: «Non voglio citare Concetto Marchesi, grande latinista, esponente di primo piano del comunismo italiano... Credo che sia molto più serio ricordare che lo studio della lingua italiana o della lingua spagnola o del francese presuppongono una vicinanza molto stretta con la conoscenza del latino», prosegue Canfora. «Gramsci diceva che si studia il latino non per imparare a parlare latino, ma per imparare a studiare. Poi aggiungeva una cosa molto seria: che vivisezionare lo studio storico di una lingua significa partire dalle sue origini. È anticulturale protestare in modo generico contro la conoscenza del latino: nessuno è morto di latino finora». Mandare a memoria le poesie e spremersi le meningi sui classici, dunque, non può che fare bene. Intervenendo ieri a Calibro 8 su Radio Cusano Campus, il grande grecista ha una opinione eterodossa anche sullo studio della Bibbia, altro tema sollevato da Valditara che ha provocato grandi turbamenti. «Mi pare un po’ approssimativo parlare di Bibbia, perché si tratta di testi di enorme rilievo storico che sono stati accorpati nel corso del tempo, mettendo insieme, con qualche fatica, una tradizione ebraica e quella cristiana», dice Canfora. «Ricordo a questo proposito quel che diceva una persona molto intelligente e spregiudicata come Beniamino Placido, che scriveva spesso sul quotidiano La Repubblica. Era un ottimo conoscitore della cultura inglese, ed era molto curioso dello studio storico delle lingue, era un gran difensore di entrambe le lingue antiche, greco e latino. Si chiedeva perché per studiare il greco non si cominciasse dal Vangelo di Marco, che è un testo breve, relativamente semplice, con un lessico non troppo vasto, diciamo pure abbastanza limitato. Poiché il Vangelo di Marco tratta vicende mitico-storiche o comunque semistoriche note, il fanciullo che è messo davanti a questo testo non è totalmente ignaro di ciò che vi è scritto dentro, e viene molto aiutato da queste conoscenze generiche. Inoltre entra in contatto con una lingua la cui perdita sarebbe un vero danno culturale. Placido scriveva questo anni e anni addietro, su un quotidiano considerato molto di sinistra». Insomma, Canfora non soltanto gradisce l’idea che si possa potenziare lo studio del latino, ma fornisce anche spunti interessanti: «La conoscenza delle lingue greca e latina, partendo da un testo semplice e molto (si spera) conosciuto come il Vangelo di Marco è un’idea tutt’altro che da buttare via, non è né retriva né sovversiva», spiega. «Lo studio delle lingue è sempre uno studio storico, il latino delle Dodici tavole, o di Plauto o di Cicerone o di Tacito o di Ammiano Marcellino è già un’operazione storica che ci porta a capire l’evoluzione del latino medesimo verso gli sbocchi successivi nelle lingue romanze. Attaccare tutto questo sulla base di un pregiudizio generico a me sembra assolutamente inaccettabile». A chi obietta che sarebbe meglio approfondire lo studio dell’inglese, Canfora risponde che questo «è un banale di sottrarsi a una discussione seria, perché le due cose (conoscere le lingue parlate e viventi e conoscere la storia pregressa dei vari idiomi) non sono in contraddizione tra loro; quindi, è una pseudo obiezione che non ha nessun valore da un punto di vista concettuale. Il fatto che, per esempio, leggere Machiavelli oggi non sia facilissimo per chi non conosca la storia della lingua italiana a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento, dovrebbe aiutarci a capire che la stessa lingua italiana ha una storia complicata. Queste è la prova provata del fatto che inalberarsi contro lo studio del latino è comico, perché esso rappresenta una fase ancora precedente. Qualcuno vuole l’inglese? Va benissimo per carità, ma è chiaro che chi conosce la lingua corrente non riesce a decifrare Shakespeare; quindi, anche lì c’è un problema di storia della lingua. Oserei dire che continuare a proferire questi concetti senza un minimo di riflessione è controproducente, esaspera e spinge a essere ancora più radicali coloro che in certe posizioni non si riconoscono».Canfora, forse il pensatore più titolato a discutere di cultura classica, scombina di nuovo le carte in tavola. «Quanto al carattere reazionario delle lingue antiche», aggiunge, «mi permetto di dire che in latino il manifesto del materialismo più radicale è proprio Lucrezio. Per quel che riguarda il greco, potremmo dire che testi come La verità di Antifonte o quelli di Diogene di Enoanda sono i più radicali a proposito di cosmopolitismo, eliminazione del concetto di patria... Allora si vadano a informare prima, e poi ci diranno chi è reazionario e chi è conservatore, chi è progressista». Già, lo studio del latino permette anche di venire in contatto con il pensiero radicale, il che dimostra quanto certe contrapposizioni forzate tra destra e sinistra siano prive di senso. Nella tradizione europea c’è spazio per tutto, per ogni pensiero e per ogni visione. Ma forse è proprio questo che spaventa chi oggi critica per partito preso. Semplicemente, non vogliono che il pensiero faccia irruzione sulla scena. Molto meglio promuovere l’educazione affettiva o la lotta alle fake news, così non si rischia che qualche ragazzino inizi a fare funzionare il cervello.
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