2023-10-03
Il Canada allarga la censura. Il governo controllerà pure i contenuti dello streaming
Justin Trudeau (Getty Images)
Il premier Justin Trudeau fissa le condizioni a cui le aziende digitali dovranno sottostare per poter trasmettere i loro programmi. E Elon Musk lo inchioda: «Agisce da dittatore». Iron Musk contro il Canada, con l’elmetto ancora una volta. «Vuole controllare le piattaforme streaming come in una dittatura», ha tuonato il patron di Tesla e XSpace riferendosi al premier Justin Trudeau, destinatario di freccette e frecciate. Il tema è l’entrata in vigore del registro delle aziende digitali che «offrono contenuti di trasmissione streaming e hanno 10 milioni di dollari o più di entrate annuali», le quali dovranno completare un modulo di registrazione entro il 28 novembre e attenersi alle indicazioni del Crtc (Canadian Radio Television and telecomunications Commission), diretta emanazione del governo di Ottawa.Di fatto il Grande Occhio si accende in modo ufficiale sull’informazione digitale nel Paese occidentale da sempre banco di prova delle novità statunitensi. La nuova legge prevede due pilastri: 1) l’identificazione e la catalogazione dei player di streaming online presenti in Canada; 2) le condizioni a cui le suddette aziende devono sottostare per operare sul territorio. Nel protocollo spiegato sul sito ufficiale del broadcast pubblico si parla di «informazioni relative ai contenuti e al loro abbonamento». La norma richiede inoltre che tali aziende «rendano disponibili i contenuti in modo non legato a uno specifico servizio mobile o Internet».Quando si parla di contenuti da controllare, il livello di attenzione si alza. Se il primo punto può essere assimilato a un semplice registro delle imprese, il secondo sta suscitando parecchie perplessità per il suo impatto sulla libertà di circolazione delle idee. Quello che la Radio Televisione Canadese definisce con i violini «un piano normativo per modernizzare il quadro televisivo e garantire che i servizi di streaming online diano un contributo significativo ai contenuti canadesi e indigeni», ha tutte le sembianze di una griglia di controllo e condizionamento governativi. E vigilare per decreto su ciò che veicolano le piattaforme - per tutto ciò che è illegale ci sono i tribunali - è il primo, decisivo passo per controllare, condizionare, edulcorare le idee dei cittadini. Per decidere quali notizie sono vere o sono fake, quali temi debbano scalare le homepage e quali debbano essere relegati in cantina, quali opinion leader hanno la patente e quali no, quali interpretazioni siano più o meno commestibili per un’opinione pubblica di polli d’allevamento.L’escamotage per rassicurare gli utenti è labile. Sottolinea il protocollo: «Le aziende di social media devono registrarsi, gli utenti no. Le aziende online che offrono podcast devono registrarsi, le persone che utilizzano i social media per condividere i podcast no. I servizi online che forniscono solo servizi di videogiochi o audiolibri non devono registrarsi. Un elenco dei servizi registrati sarà pubblicato sul sito web della Crtc». Di fatto è un espediente, perché le società che vogliono operare in Canada saranno costrette a uniformarsi a monte e controllare a loro volta che i contenuti postati dai privati siano «clean» nell’accezione del termine del governo di turno. Tutto ciò per non incorrere in sanzioni o espulsioni dal club. Da big tech non allineato al pensiero unico progressista, Elon Musk ha colto il pericolo e lanciato l’allarme. Non ha avuto dubbi nel definire il progetto governativo di registrazione delle società «uno degli esempi di censura online più repressivi del mondo», con un impatto potenziale enorme sulla capacità degli individui e delle organizzazioni di esprimersi liberamente sul web. Dall’attenzione per stroncare l’illegalità alla formalizzazione di regimi di emergenza il passo è breve. E il punto di equilibrio è sempre più oscuro.Il proprietario dei satelliti Starlink ne ha sempre uno acceso sui comportamenti di Trudeau, da lui definito l’anno scorso «simile a Hitler» per i suoi interventi a limitare le libertà individuali durante le manifestazioni contro le restrizioni da Covid. Tutti ricorderanno come il premier non abbia avuto remore nel ricorrere allo stato d’emergenza, con le repressioni dei camionisti e il blocco dei bancomat di chi andava in piazza. L’apparentemente mite Trudeau, che spesso fa passerella nei consessi internazionali autoproclamandosi paladino di ogni libertà (accusò anche Giorgia Meloni sui migranti), in realtà è un rigido teorico del controllo sociale e attraverso l’apparato televisivo di Stato intende mettere all’angolo le piattaforme streaming. L’offensiva non è finita. Il presidente di Crtc, Vicky Eatrides, ha spiegato che il protocollo dovrà essere ampliato con un terzo pilastro. «La terza consultazione è in corso, non vediamo l’ora di ascoltare una varietà di prospettive durante i nostri contributi che procederanno a novembre». Traduzione dal burocratese: sono previsti 129 interventi «in rappresentanza di una vasta gamma di interessi», utili per decidere quali saranno i contenuti delle aziende digitali compatibili con il piano del governo. È l’ultima fase, quella più preoccupante.
(Ansa)
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