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2023-02-12
Il Campidoglio ha censurato gli «Invisibili»
Roberto Gualtieri (Imagoeconomica)
Quando la casa Comune non è di tutti. Vietato l’accesso in Campidoglio per gli invisibili. Dopo il successo in tutta Italia del documentario Invisibili sugli effetti avversi del vaccino anti Covid 19, non c’è spazio sul Monte Capitolino.
Ad annunciarlo è il Comitato Ascoltami, Ali avvocati liberi e Playmastermovie spiegando che, attraverso un escamotage è stata di fatto «vietata la proiezione di Invisibili all’interno di uno spazio istituzionale, creando così un precedente che potrebbe essere adottato da altre giunte comunali per contrastare un documentario che, lungi dal trarre conclusioni dal punto di vista scientifico (il contributo di medici intervistati si basa sulla lettura dei dati Ema e Aifa), altro non fa che dare voce a testimonianze di cittadini che hanno riscontrato gravi patologie in seguito all’inoculazione del vaccino Covid-19 e a cui sono state negate una diagnosi e una cura».
Le tre associazioni avevano intenzione di organizzare in Campidoglio un evento-dibattito sul tema, con l’obiettivo di abbattere quella reticenza delle istituzioni ad accettare un confronto con i cittadini, anche ora che lo stato di emergenza è ormai alle spalle. Il docufilm racconta infatti il dramma delle vittime delle reazioni avverse da vaccino e si propone di tutelare i diritti di chi ha subito conseguenze gravi o addirittura letali.
Italiani invisibili, appunto, che chiedono cure, verità e giustizia. A Roma, con il sostegno di Fabrizio Santori, capogruppo della Lega nella giunta capitolina, era stata richiesta la sala della protomoteca del Campidoglio per la proiezione, domani, come fatto in altri Comuni italiani. Come raccontano i promotori dell’iniziativa, era stata quindi avviata una procedura che non prevedeva, al momento della comunicazione, un consenso da parte della giunta capitolina.
Giunta che ha pensato bene, però, di approvare con una delibera «ad hoc» una nuova disciplina per l’utilizzazione delle sale, attraverso cui è possibile che «la fruizione degli spazi sia negata in caso di tematiche delicate e oggetto di forti contrasti, come si potrebbe verificare per l’evento da noi proposto, che tocca argomenti che sollevano perplessità su recenti interventi legislativi ritenuti legittimi dalla Corte costituzionale». La conferma che dopo due anni, pandemia, obbligo vaccinale e conseguenze avverse, sono questioni ancora non chiuse anzi, molto sensibili al di là della scienza perché sul filo della costituzionalità. Infatti, a proposito delle sentenze con cui la Consulta ha assolto l’obbligo vaccinale, come ha ben spiegato alla Verità il giurista Carlo Iannello, «la Consulta non si è espressa sulla sospensione dei lavoratori e i ricorsi possono ancora essere portati in tribunale». Questo perché la Consulta, in merito ai ricorsi di alcuni medici, «se fosse entrata nel merito sarebbe stata difficilmente difendibile la razionalità della legge sull’obbligo». Inoltre, sulla sentenza firmata da Filippo Patroni Griffi, Iannello nota che «coincide con il contenuto di un documento dell’Oms dedicato alle “Considerazioni etiche sulla vaccinazione obbligatoria”, che al paragrafo 1 sosteneva: la vaccinazione obbligatoria dovrebbe essere considerata solo se necessaria e proporzionata al compimento di uno o più importanti obiettivi sociali o istituzionali, tipicamente ma non esclusivamente, di salute pubblica ma anche obiettivi di carattere economico e sociale come prevenire la crisi del sistema sanitario. Detta così, se però lo scopo è “salvare” il sistema di cura, possiamo imporre qualsiasi trattamento sanitario».
Al di là dei limiti costituzionali, restano le complicanze post vaccino di cui si evita di parlare, anche vietando la proiezione di un docufilm che raccoglie testimonianze dirette, come accade nel Campidoglio a guida Gualtieri.
Nel frattempo, Comitato Ascoltami, Ali avvocati liberi e Playmastermovie, stanno procedendo legalmente contro «questi fatti gravissimi che tentano una volta di più di silenziare coloro che hanno attraversato, e attraversano tuttora, difficoltà significative» ma nello stesso tempo si rivolgeranno ad «associazioni e gruppi che intendono organizzare una proiezione-dibattito di Invisibili coinvolgendo ovunque possibile le istituzioni». Iniziative che il gruppo ribadirà in una conferenza stampa lunedì 13 febbraio alle ore 19,30 in Piazza Campitelli, vicina al Campidoglio, sottolineando ancora una volta «l’appello di quanti, portatori di verità scomode, stanno rischiando di essere ridotti ad uno status di invisibilità; ma anche della cittadinanza che, a fronte di una presa di coscienza della progressiva e inesorabile cancellazione di diritti connaturati all’essere umano in quanto tale, avverta ancora forte la determinazione a far sentire, in un fronte unito, la propria voce». E sempre su questi temi, da mercoledì 15 febbraio, sul sito della Verità sarà disponibile Covid-19, dodici mesi di pensiero critico, il docufilm che racconta «l’altra storia della pandemia», tra imposizioni, contraddizioni, censure, domande senza risposte e rischi per il futuro.
Pronta a partire la commissione d’inchiesta sulla gestione pandemica
La commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia da Covid in Italia è finalmente realtà: mercoledì prossimo, 15 febbraio, è stato calendarizzato in Commissione Affari Sociali a Montecitorio l’esame della proposta di legge «recante», si legge sul sito della Camera dei Deputati, «l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sull’operato del governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica del Covid-19». La relatrice è Alice Buonguerrieri, di Fratelli d’Italia; le firme alla proposta sono di Galeazzo Bignami (Fdi), Riccardo Molinari (Lega) e Davide Faraone (Terzo polo).
«Sono onorata», dice alla Verità la Buonguerrieri, «del ruolo di relatrice che mi è stato affidato da Fratelli d’Italia nella costituzione di questa commissione che per noi è molto importante. È un organismo che ha l’obiettivo di cercare la verità, a 360 gradi: lo dobbiamo agli italiani». L’istituzione della commissione di inchiesta sulla (mala) gestione della pandemia è una storica battaglia della Verità, e ora finalmente la nascita dell’organismo è prossima.
A quanto apprendiamo da fonti bene informate, la commissione non nasce per «processare» nessuno, ma per fare chiarezza su quanto accaduto in Italia durante gli anni bui della pandemia. L’obiettivo, ci viene spiegato, è di capire fino a che punto i provvedimenti presi durante l’emergenza, a partire da quelli che hanno limitato i diritti costituzionali degli italiani, sono stati varati con cognizione di causa e se ce ne fosse realmente la necessità.
Non solo: a quanto apprendiamo, inoltre, si tenterà di fare chiarezza anche sulle spese sostenute dallo Stato per far fronte alla pandemia, approfondendo ad esempio le forniture di mascherine e di tutto ciò che, durante quella fase, è stato acquistato in fretta e furia.
La proposta di istituire una commissione di inchiesta sulla gestione del Covid è storicamente una battaglia di Fratelli d’Italia, ma anche gli esponenti di Italia viva ne hanno sempre auspicato il varo, e non è un caso se la firma di Davide Faraone sia in calce alla proposta che verrà esaminata mercoledì prossimo.
C’è da scommettere che il percorso della commissione sarà assai accidentato. Dal punto di vista politico, per esempio, la posizione di Forza Italia sulle misure prese durante la pandemia è sempre stata diversa da quella di Lega e Fdi. I partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono sempre dichiarati scettici su molte delle restrizioni introdotte dal governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte e da quello che vedeva a Palazzo Chigi Mario Draghi, anche se quest’ultimo esecutivo aveva il Carroccio in maggioranza e quindi con margini di manovra politica limitati. Il partito di Silvio Berlusconi, invece, ha sempre avuto un atteggiamento più favorevole alle restrizioni. In questo senso, il sostegno del Terzo polo sarà molto importante affinché la navigazione della costituenda commissione possa essere più tranquilla. Fuoco e fiamme farà invece, inevitabilmente, il Pd, che ha avuto in Roberto Speranza, eletto lo scorso settembre con i dem, un punto di riferimento assoluto per tutto ciò che ha riguardato l’emergenza coronavirus.
È inevitabile che i riflettori della commissione si accenderanno anche sull’operato dell’ex ministro della Salute, e dunque prepariamoci a un atteggiamento ostruzionistico da parte della sinistra e pure del M5s, considerato che anche l’operato dell’ex premier Giuseppe Conte e del suo successore Mario Draghi verranno accuratamente analizzati dalla commissione. In ogni caso, ciò che conta davvero è che finalmente i cittadini potranno ricevere le dovute risposte ai tanti interrogativi sollevati dalla gestione della pandemia in Italia.
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Il Comune di Roma cancella la proiezione del documentario sugli effetti avversi con una modifica al regolamento che consente di negare la sala in caso di «temi delicati e oggetto di contrasti». I promotori annunciano provvedimenti legali: «Grave precedente».Pronta a partire la commissione d’inchiesta sulla gestione pandemica.La proposta di legge di Fdi, Lega e Terzo polo in esame mercoledì a Montecitorio.Lo speciale contiene due articoli.Quando la casa Comune non è di tutti. Vietato l’accesso in Campidoglio per gli invisibili. Dopo il successo in tutta Italia del documentario Invisibili sugli effetti avversi del vaccino anti Covid 19, non c’è spazio sul Monte Capitolino. Ad annunciarlo è il Comitato Ascoltami, Ali avvocati liberi e Playmastermovie spiegando che, attraverso un escamotage è stata di fatto «vietata la proiezione di Invisibili all’interno di uno spazio istituzionale, creando così un precedente che potrebbe essere adottato da altre giunte comunali per contrastare un documentario che, lungi dal trarre conclusioni dal punto di vista scientifico (il contributo di medici intervistati si basa sulla lettura dei dati Ema e Aifa), altro non fa che dare voce a testimonianze di cittadini che hanno riscontrato gravi patologie in seguito all’inoculazione del vaccino Covid-19 e a cui sono state negate una diagnosi e una cura». Le tre associazioni avevano intenzione di organizzare in Campidoglio un evento-dibattito sul tema, con l’obiettivo di abbattere quella reticenza delle istituzioni ad accettare un confronto con i cittadini, anche ora che lo stato di emergenza è ormai alle spalle. Il docufilm racconta infatti il dramma delle vittime delle reazioni avverse da vaccino e si propone di tutelare i diritti di chi ha subito conseguenze gravi o addirittura letali. Italiani invisibili, appunto, che chiedono cure, verità e giustizia. A Roma, con il sostegno di Fabrizio Santori, capogruppo della Lega nella giunta capitolina, era stata richiesta la sala della protomoteca del Campidoglio per la proiezione, domani, come fatto in altri Comuni italiani. Come raccontano i promotori dell’iniziativa, era stata quindi avviata una procedura che non prevedeva, al momento della comunicazione, un consenso da parte della giunta capitolina. Giunta che ha pensato bene, però, di approvare con una delibera «ad hoc» una nuova disciplina per l’utilizzazione delle sale, attraverso cui è possibile che «la fruizione degli spazi sia negata in caso di tematiche delicate e oggetto di forti contrasti, come si potrebbe verificare per l’evento da noi proposto, che tocca argomenti che sollevano perplessità su recenti interventi legislativi ritenuti legittimi dalla Corte costituzionale». La conferma che dopo due anni, pandemia, obbligo vaccinale e conseguenze avverse, sono questioni ancora non chiuse anzi, molto sensibili al di là della scienza perché sul filo della costituzionalità. Infatti, a proposito delle sentenze con cui la Consulta ha assolto l’obbligo vaccinale, come ha ben spiegato alla Verità il giurista Carlo Iannello, «la Consulta non si è espressa sulla sospensione dei lavoratori e i ricorsi possono ancora essere portati in tribunale». Questo perché la Consulta, in merito ai ricorsi di alcuni medici, «se fosse entrata nel merito sarebbe stata difficilmente difendibile la razionalità della legge sull’obbligo». Inoltre, sulla sentenza firmata da Filippo Patroni Griffi, Iannello nota che «coincide con il contenuto di un documento dell’Oms dedicato alle “Considerazioni etiche sulla vaccinazione obbligatoria”, che al paragrafo 1 sosteneva: la vaccinazione obbligatoria dovrebbe essere considerata solo se necessaria e proporzionata al compimento di uno o più importanti obiettivi sociali o istituzionali, tipicamente ma non esclusivamente, di salute pubblica ma anche obiettivi di carattere economico e sociale come prevenire la crisi del sistema sanitario. Detta così, se però lo scopo è “salvare” il sistema di cura, possiamo imporre qualsiasi trattamento sanitario». Al di là dei limiti costituzionali, restano le complicanze post vaccino di cui si evita di parlare, anche vietando la proiezione di un docufilm che raccoglie testimonianze dirette, come accade nel Campidoglio a guida Gualtieri. Nel frattempo, Comitato Ascoltami, Ali avvocati liberi e Playmastermovie, stanno procedendo legalmente contro «questi fatti gravissimi che tentano una volta di più di silenziare coloro che hanno attraversato, e attraversano tuttora, difficoltà significative» ma nello stesso tempo si rivolgeranno ad «associazioni e gruppi che intendono organizzare una proiezione-dibattito di Invisibili coinvolgendo ovunque possibile le istituzioni». Iniziative che il gruppo ribadirà in una conferenza stampa lunedì 13 febbraio alle ore 19,30 in Piazza Campitelli, vicina al Campidoglio, sottolineando ancora una volta «l’appello di quanti, portatori di verità scomode, stanno rischiando di essere ridotti ad uno status di invisibilità; ma anche della cittadinanza che, a fronte di una presa di coscienza della progressiva e inesorabile cancellazione di diritti connaturati all’essere umano in quanto tale, avverta ancora forte la determinazione a far sentire, in un fronte unito, la propria voce». E sempre su questi temi, da mercoledì 15 febbraio, sul sito della Verità sarà disponibile Covid-19, dodici mesi di pensiero critico, il docufilm che racconta «l’altra storia della pandemia», tra imposizioni, contraddizioni, censure, domande senza risposte e rischi per il futuro.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/campidoglio-censurato-invisibili-2659403794.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="pronta-a-partire-la-commissione-dinchiesta-sulla-gestione-pandemica" data-post-id="2659403794" data-published-at="1676142546" data-use-pagination="False"> Pronta a partire la commissione d’inchiesta sulla gestione pandemica La commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia da Covid in Italia è finalmente realtà: mercoledì prossimo, 15 febbraio, è stato calendarizzato in Commissione Affari Sociali a Montecitorio l’esame della proposta di legge «recante», si legge sul sito della Camera dei Deputati, «l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sull’operato del governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica del Covid-19». La relatrice è Alice Buonguerrieri, di Fratelli d’Italia; le firme alla proposta sono di Galeazzo Bignami (Fdi), Riccardo Molinari (Lega) e Davide Faraone (Terzo polo). «Sono onorata», dice alla Verità la Buonguerrieri, «del ruolo di relatrice che mi è stato affidato da Fratelli d’Italia nella costituzione di questa commissione che per noi è molto importante. È un organismo che ha l’obiettivo di cercare la verità, a 360 gradi: lo dobbiamo agli italiani». L’istituzione della commissione di inchiesta sulla (mala) gestione della pandemia è una storica battaglia della Verità, e ora finalmente la nascita dell’organismo è prossima. A quanto apprendiamo da fonti bene informate, la commissione non nasce per «processare» nessuno, ma per fare chiarezza su quanto accaduto in Italia durante gli anni bui della pandemia. L’obiettivo, ci viene spiegato, è di capire fino a che punto i provvedimenti presi durante l’emergenza, a partire da quelli che hanno limitato i diritti costituzionali degli italiani, sono stati varati con cognizione di causa e se ce ne fosse realmente la necessità. Non solo: a quanto apprendiamo, inoltre, si tenterà di fare chiarezza anche sulle spese sostenute dallo Stato per far fronte alla pandemia, approfondendo ad esempio le forniture di mascherine e di tutto ciò che, durante quella fase, è stato acquistato in fretta e furia. La proposta di istituire una commissione di inchiesta sulla gestione del Covid è storicamente una battaglia di Fratelli d’Italia, ma anche gli esponenti di Italia viva ne hanno sempre auspicato il varo, e non è un caso se la firma di Davide Faraone sia in calce alla proposta che verrà esaminata mercoledì prossimo. C’è da scommettere che il percorso della commissione sarà assai accidentato. Dal punto di vista politico, per esempio, la posizione di Forza Italia sulle misure prese durante la pandemia è sempre stata diversa da quella di Lega e Fdi. I partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono sempre dichiarati scettici su molte delle restrizioni introdotte dal governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte e da quello che vedeva a Palazzo Chigi Mario Draghi, anche se quest’ultimo esecutivo aveva il Carroccio in maggioranza e quindi con margini di manovra politica limitati. Il partito di Silvio Berlusconi, invece, ha sempre avuto un atteggiamento più favorevole alle restrizioni. In questo senso, il sostegno del Terzo polo sarà molto importante affinché la navigazione della costituenda commissione possa essere più tranquilla. Fuoco e fiamme farà invece, inevitabilmente, il Pd, che ha avuto in Roberto Speranza, eletto lo scorso settembre con i dem, un punto di riferimento assoluto per tutto ciò che ha riguardato l’emergenza coronavirus. È inevitabile che i riflettori della commissione si accenderanno anche sull’operato dell’ex ministro della Salute, e dunque prepariamoci a un atteggiamento ostruzionistico da parte della sinistra e pure del M5s, considerato che anche l’operato dell’ex premier Giuseppe Conte e del suo successore Mario Draghi verranno accuratamente analizzati dalla commissione. In ogni caso, ciò che conta davvero è che finalmente i cittadini potranno ricevere le dovute risposte ai tanti interrogativi sollevati dalla gestione della pandemia in Italia.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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