Roberto Speranza brinda all'accordo sulle vaccinazioni con Assofarm e Federfarma. In realtà, però, non solo siamo in ritardo, ma restano ancora molti nodi da sciogliere: dalla scarsità del personale abilitato alla mancanza di aree di attesa adeguate e di accordi sindacali.
Roberto Speranza brinda all'accordo sulle vaccinazioni con Assofarm e Federfarma. In realtà, però, non solo siamo in ritardo, ma restano ancora molti nodi da sciogliere: dalla scarsità del personale abilitato alla mancanza di aree di attesa adeguate e di accordi sindacali.«Ho appena firmato il protocollo con Regioni e farmacisti per far partire in sicurezza le vaccinazioni Covid nelle farmacie del nostro Paese. La campagna di vaccinazione è la vera chiave per chiudere questa stagione così difficile». Inutilmente enfatico come sempre, alla prova dei fatti il ministro della Salute, Roberto Speranza, conferma di viaggiare su un altro emisfero. Il via libera alle vaccinazioni nelle farmacie non solo arriva con enorme ritardo rispetto all'inizio della campagna dello scorso 27 dicembre, ma suona come l'ennesima falsa partenza. L'accordo annunciato e previsto nel decreto Sostegno tra governo, Regioni, Assofarm e Federfarma non è cosa fatta, manca infatti la «stipulazione di precisi accordi» con le organizzazioni sindacali «rappresentative delle farmacie, sentito il competente Ordine professionale». Il «pronti si parte» non è dunque scontato, al momento abbiamo solo la «cornice nazionale» di un'intesa. E intanto? Siamo ad aprile, eppure il ministro ancora scrive che «con l'aumentare della disponibilità dei vaccini è fondamentale aumentare il numero delle sedi vaccinali» e che l'emergenza rende urgente «l'implementazione delle attività assicurate dalla rete territoriale delle farmacie». Alla buon'ora, si potrebbe dire, mentre ci viene ricordato che «siamo in guerra. Servono norme da guerra», come tuona il capo della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio.Invece l'impiego delle farmacie nella campagna che si vuole accelerare non sarà immediato ovunque, l'arruolamento iniziato in Liguria faticherà a estendersi nelle altre Regioni. Innanzitutto perché l'adesione dei farmacisti è su base volontaria, poi nel modulo da sottoscrivere devono dichiarare che la somministrazione del vaccino avviene «in ambiente dedicato o separato dal locale di vendita o, in alternativa, a farmacia chiusa». Considerato che la remunerazione, per ogni persona vaccinata, è di 6 euro, facciamo fatica a credere che i titolari che non hanno strutture abbastanza grandi decidano di abbassare le serrande per il resto della clientela. Come verranno risarciti delle perdite? Nemmeno potranno vaccinare in uno sgabuzzino, visto che i locali dovranno essere opportunamente arieggiati in modo da garantire un costante ricircolo d'aria. Il vero ostacolo, però, è dovuto all'obbligo di frequentare il corso online di 16 ore, impostato dall'Istituto superiore della sanità. Si dovranno anche seguire tutti i successivi aggiornamenti. «Oggi sono già 5.174» i farmacisti abilitati, «mentre altri 2.800 stanno ultimando il corso», ha dichiarato Andrea Mandelli, presidente della Federazione ordini farmacisti italiani. Troppo pochi, su un potenziale di 73.000 «operativi in oltre 19.000 presidi», tra farmacie private (17.656) e pubbliche (1.675). Infatti, se non si è abilitati attraverso il suddetto corso, bisogna ricorrere a un medico, quindi le farmacie dovranno andare a cercare un dottore disposto a inoculare il farmaco nei loro locali. Già mancano medici nei centri vaccinali, immaginate l'assurdità? Poi servono tempo e personale dedicato per misurare la temperatura del cittadino prima dell'esecuzione del vaccino, per acquisire il consenso informato e compilare la scheda per la valutazione dell'idoneità o inidoneità del soggetto a sottoporsi all'immunizzazione. Il tutto sempre in apposito locale, prevedendo pure un'area monitoraggio della farmacia per sorvegliare il paziente nei 15 minuti successivi alla somministrazione. Può essere anche esterna, questa zona, secondo l'accordo quadro, e questo tranquillizza ben poco. Immaginiamoci l'anziano fuori dalla farmacia, speriamo su una sedia (sotto un gazebo? un ombrellone?), mentre aspetta che trascorra l'intervallo di tempo necessario prima di tornare a casa, sapendo che in caso di reazione anafilattica, comparsa di orticaria, problema respiratorio o emodinamico il farmacista avviserà immediatamente il 118. Nel frattempo lo riporterà all'interno, per metterlo «nella posizione più confortevole», ovvero semi seduto, oppure sdraiato sul dorso con le gambe sollevate o in posizione laterale di sicurezza. Se necessario, in caso di grave anafilassi con pericolo di vita, il farmacista somministrerà adrenalina intramuscolo. Insomma, un bel daffare per 6 euro a vaccinazione, ma non è finita per l'odierno speziale che dovrà provvedere a inserire nel sistema informatico (sempre che funzioni in ogni Regione) i dati e l'attestazione dell'avvenuta vaccinazione. Tutta questa organizzazione non poteva essere messa in piedi prima? Nel Regno Unito i farmacisti sono stati reclutati dallo scorso 14 gennaio e avevano presentato domanda già a dicembre. Secondo i dati pubblicati dal Pharmaceutical Journal, rivista ufficiale della Royal pharmaceutical society, l'organizzazione professionale britannica dei farmacisti, per ogni vaccinazione in Inghilterra, Galles e Scozia le farmacie ricevono 12,58 sterline (14,72 euro), cifra che viene corrisposta dopo la somministrazione della seconda dose, per un totale di 25,16 sterline (29,43 euro). A gennaio il ministro Speranza si limitava ad assicurare: «L'Italia è pronta a mettere in campo una squadra forte, si aggiungeranno 40.000 medici ed entreranno anche le farmacie in campo». Siamo ad aprile e per la guerra al Covid continuano a mancare truppe che vaccinano.
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