2021-09-23
La Camera s’impicca al certificato. Deputati sprovvisti esclusi dall’Aula
L'ufficio di presidenza di Montecitorio approva unanime: dal 15 ottobre gli onorevoli devono avere la card per entrare. Chi non si adegua, è sospeso e perde la diaria. Claudio Borghi (Lega): «Mi rivolgerò alla Consulta». Il green pass diventa a tutti gli effetti uno strumento di compressione della democrazia. L'obbligo per i parlamentari di esibire il certificato verde per accedere alle aule, e quindi per esercitare le loro prerogative di rappresentanti del popolo sovrano, è realtà, una agghiacciante realtà: ieri sera l'ufficio di presidenza della Camera ha approvato all'unanimità la relativa delibera, mentre il prossimo 5 ottobre al Senato accadrà la stessa cosa. Un vulnus democratico senza precedenti incombe sulla Repubblica italiana, mentre è già servito il caos: diversi deputati hanno già fatto sapere che non si adegueranno a questa allucinante decisione. Facile immaginare quello che accadrà: le tv di tutto il mondo trasmetteranno le immagini di parlamentari italiani respinti all'ingresso di Camera e Senato, perché sprovvisti del certificato verde. Si prevedono tumulti, proteste, oltre a inevitabili e già annunciati ricorsi alla Corte costituzionale. Obbligare i parlamentari a mostrare un documento che non sia quello di identità o il tesserino per accedere alle aule significa infatti, comunque la si pensi sul green pass, condizionare il funzionamento delle istituzioni democratiche nazionali. Si crea un precedente pericolosissimo, si sacrifica la sacralità della rappresentanza parlamentare sull'altare di un accanimento che non si riscontra in nessun altro paese del mondo, e quel che è peggio, tutto ciò accade tra gli applausi della stragrande maggioranza degli stessi parlamentari, da sinistra a destra. Innumerevoli gli interrogativi che questa decisione solleva. Che succederà se il pass scadrà nel bel mezzo di una seduta? Il parlamentare sarà obbligato a uscire in anticipo, come accade ai maestri nelle scuole? Immaginiamo poi un voto di fiducia al governo, approvato con tre voti di scarto, e con cinque parlamentari respinti all'ingresso perché sprovvisti del green pass: saremmo di fronte, per certi versi, a un colpo di Stato. Una esagerazione? Tutt'altro: impedire ai rappresentanti del popolo l'ingresso in Parlamento è a tutti gli effetti un atto di eversione, seppure mascherato da provvedimento che difende la salute pubblica. Il pass, in ultima analisi, diventa un certificato che vale più della Costituzione. Ieri alle 17 e 30 precise, l'ufficio di presidenza della Camera, convocato all'uopo dal presidente Roberto Fico, approva all'unanimità la delibera che introduce l'obbligo di green pass per deputati e dipendenti di Montecitorio dal 15 ottobre. Poche ore prima, il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha convocato il Consiglio di presidenza per l'estensione dell'obbligo di certificazione per l'accesso a Palazzo Madama, per il 5 ottobre alle 12 e 30. La delibera prevede che l'accesso alle sedi della Camera sarà subordinato all'esibizione del green pass per tutti: deputati, dipendenti di Montecitorio e dei gruppi parlamentari, collaboratori dei deputati, giornalisti, dipendenti delle imprese appaltatrici, rappresentanti del governo, senatori e ex parlamentari. L'obbligo è inserito nel decreto sull'estensione del green pass varato dal Consiglio dei ministri, ma per entrare in vigore c'era bisogno di una delibera dell'Ufficio di presidenza, poiché l'esecutivo non può violarne l'autodichia di Camera e Senato. Sono previste anche delle sanzioni per chi «forzasse il divieto», già previste ad esempio per chi sta in aula senza mascherina: si tratta della sospensione da due a 15 giorni, con relativa perdita della diaria, che vale 206 euro al giorno. Le sanzioni verranno irrogate dall'Ufficio di presidenza. «C'è un principio», dice Fico, «che rivendico dal primo momento in cui sono stato eletto presidente della Camera: quello che vale per i cittadini vale allo stesso modo per i deputati. Non c'è stato e non ci sarà spazio per nessun trattamento privilegiato». Nel silenzio generale, si leva qualche voce di protesta. «Sono contrario», sottolinea Claudio Borghi, deputato della Lega, «all'estensione dell'obbligo di green pass per accedere in parlamento. Intendo aspettare che il provvedimento arrivi in aula e lì posso adire la Corte costituzionale». «Non solo», annuncia il senatore Gianluigi Paragone, «Forzerò ogni blocco e se mi dovessero mettere le mani addosso, li denuncerò alla Procura». I deputati del gruppo L'Alternativa c'è, fuoriusciti dal M5s, manifestano strappando uno striscione con un green pass disegnato. «Sono a favore dell'obbligo del green pass e mi sono vaccinato, ma attenzione: i parlamentari non sono dipendenti. Quando sono fuori, sono come tutti gli altri cittadini, ma quando sono in Aula rappresentano i cittadini italiani e hanno il diritto di rappresentare tutte le posizioni, anche quelle dei no vax», argomenta Maurizio Lupi di NcI. Nessuno sa, almeno per il momento, come saranno organizzati i controlli. Potrebbe toccare ai commessi l'ingrato compito di controllare il green pass all'ingresso di Camera e Senato, e quello di respingere chi non ne sarà in possesso. Il tricolore, la nostra bandiera, non è più composta da tre bande verticali di uguali dimensioni. Il bianco e il rosso stanno sbiadendo, avanza il verde, il verde del green pass, nel giorno nero della democrazia italiana.