
Mimmo Lucano è davvero una figura miracolosa e irripetibile, tanto che per lui il Corriere della Sera ha dovuto creare una nuova categoria: la quasi assoluzione. L’articolo che ieri annunciava la sua candidatura alle Europee con Alleanza verdi e sinistra diceva proprio così: quasi assolto in appello.
Sarebbe, questa, la sintesi giornalistica di una vicenda giudiziaria piuttosto articolata e complicata. A Lucano il Tribunale di Locri aveva inflitto una condanna a 13 anni e due mesi di carcere per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio. Tutti reati scaturiti dalla sua gestione diciamo discutibile del «modello Riace» di accoglienza. Poi, lo scorso ottobre, è arrivato il risultato del secondo grado di giudizio: la Corte d’appello di Reggio Calabria ha assolto Lucano dai reati più gravi, condannandolo a un anno e sei mesi per falso e abuso di ufficio, pena sospesa.
Non è dunque una quasi assoluzione, ma una condanna, anche se sicuramente ben più lieve di quella inizialmente comminata. Una sentenza che, per altro, non inficia affatto il nostro giudizio pesantemente negativo sul cosiddetto «modello Riace». Il quale, lo abbiamo sempre scritto, non doveva essere affossato tanto dalle inchieste, quanto da una valutazione politica seria e lucida. Ovviamente quella valutazione a sinistra non l’hanno fatta e anzi sembra che abbiano fatto a gara per contendersi il candidato Mimmo. Del resto qualche voto l’uomo lo porta, e in campagna elettorale potrà giocarsi abbondantemente le stimmate che gli hanno disegnato addosso i giornali e i politici amici.
«Ho detto di no al Pd, non potevo legarmi a un partito che ha accettato la guerra», spiega Lucano al Corriere della Sera. E aggiunge: «Il Pd è anche un partito che ha accettato il neoliberismo e lo spettro che si cela dietro l’odissea dei viaggi della speranza che poi portano a tragedie come quella di Cutro». Quest’ultima valutazione è senz'altro corretta: il Pd - come del resto tutti i media mainstream e la larghissima parte dei movimenti progressisti - accetta pienamente il mortifero meccanismo della migrazione di massa di impronta neoliberista, esattamente quello che produce i morti in mare (che di solito vengono erroneamente caricati sulle spalle di questo o quel politico di destra).
Il problema è che, se i dem sbagliano, di sicuro verdi e sinistra non brillano per lungimiranza e comprensione dei problemi. Anzi, varrebbe la pena di ricordare - come del resto qualcuno ha già fatto - che Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni sono i due geniali talent scout che hanno candidato e fatto eleggere un fenomeno chiamato Aboubakhar Soumahoro. E i risultati li abbiamo visti. Bruciata per ovvi motivi la figurina strappalacrime del sindacalista con gli stivali di gomma, i due strateghi Bonnie&Frat ci riprovano con l’usato quasi sicuro e quasi assolto: Lucano è il nuovo Soumahoro.
Per altro, è interessante approfondire un minimo la storia dei rapporti fra Mimmo e l’ex paladino dei braccianti. Quando per Aboubakar iniziarono i guai, alla fine del 2022, Lucano lo difese a spada tratta sul Manifesto: «Quando qualcuno diventa paladino degli oppressi», disse, «viene subito messo nel tritacarne mediatico e un piccolo neo diventa gigante. Le testimonianze a carico andranno valutate attentamente e gli organi giudiziari sono sicuro che lo faranno. Sull’onestà di Abou comunque metto la mano sul fuoco. Ha la mia solidarietà totale. Come faccio a dire il contrario di uno che ha dedicato la propria esistenza al riscatto di chi viene sfruttato nei campi, ha legato il suo impegno a fianco degli invisibili, sfruttati dai “caporali” e da imprenditori senza scrupoli? Questo è l’Aboubakar che conosco. Vogliono denigrarne il valore morale e l’impegno di una vita. Ti crolla il mondo addosso. Io ci sono passato. So cosa vuol dire».
Qualche tempo dopo, quando cominciarono a emergere le notevoli magagne in cui erano coinvolte le donne di casa Soumahoro, Mimmo abbassò i toni: «Ci conosciamo da tanto, ci siamo visti molti anni fa a Cinisi, poi l’ho incontrato nuovamente nel ghetto dei braccianti di San Ferdinando. In Calabria ci siamo trovati fianco a fianco in diverse lotte», disse. Ma si peritò di precisare che con le parenti di Abou non aveva mai avuto rapporti.
Curiosa anche la lettura politica che, sempre al Manifesto, Lucano offrì della candidatura di Soumahoro con Verdi e Sinistra. Spiegò che aveva deciso di non supportarlo nella campagna elettorale perché «non condividevo la scelta di candidarsi dentro il centrosinistra che un ruolo aveva ahimè giocato nell’affossamento di Riace, nonché nel memorandum Italia-Libia sui rifugiati. Soumahoro è stato pragmatico e ha scelto un campo che gli garantiva l’elezione in Parlamento», punzecchiava Lucano. «Io non ho mai avuto queste aspirazioni di candidarmi e di fare carriera politica. Rifiutando tutte le volte che mi hanno offerto un seggio sicuro». A quanto pare ora ha cambiato idea, e il seggio gli va a genio. Tanti auguri.






