2022-10-25
Il caldo spinge giù il prezzo del gas. Ma il problema è solo rimandato
La flessione delle quotazioni non deriva dalla bacchetta magica di Mario Draghi, ma solo alla temperatura mite. Per novembre il costo previsto è 96,5 euro al megawattora, Però già nel primo trimestre 2023 salirà a 141,4.Dopo un’estate torrida, il mese di ottobre prosegue la tendenza e si preannuncia come il secondo più caldo degli ultimi 30 anni, con una temperatura che in Italia, a seconda delle zone, supera da 7 a 10 gradi centigradi la norma. Una situazione che riguarda tutta Europa, in realtà (a Parigi sono attesi 25 gradi dopodomani) e che allontana ancora il momento in cui i riscaldamenti saranno accesi. A dispetto di quanti asseriscono che non esista più, la mezza stagione sembra decisa ad aiutare il contenimento dei consumi di elettricità e di gas. Se il consumo per riscaldamento è pressoché a zero in tutta Europa, il consumo industriale è in grave difficoltà rispetto all’andamento storico. In Germania a settembre i consumi industriali di gas hanno fatto registrare un -15%, in Italia un -22,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. I dati preliminari di ottobre lasciano intravedere un -25% sia in Germania che in Italia.Gli stoccaggi in tutta Europa sono ai massimi della capienza (in media 93.4 %), con circa 95 miliardi di metri cubi di gas complessivamente, pronti ad essere utilizzati durante l’inverno. Con una domanda ferma o in calo, stoccaggi pieni e flussi dai gasdotti e dalle navi metaniere regolari, il sistema gas europeo è in equilibrio. O meglio, in realtà è squilibrato perché c’è molta offerta, al momento, rispetto alla domanda. L’effetto di questo squilibrio, radicale ed evidente, è il calo robusto dei prezzi del gas al Ttf e nei vari hub europei sui prodotti con consegne a breve o a brevissimo (giorno prima, settimana prima, mese prima). Il day ahead al Ttf è sceso ai livelli dell’estate 2021 a 31 euro al megawattora, il mese di novembre è quotato intorno a 96,5 euro al megawattora. Molto meno evidente è la discesa dei prezzi sulle scadenze più lontane, che certo c’è stata ma meno drastica: il primo trimestre 2023 è quotato attorno a 141,4 euro al megawattora, l’anno di calendario 2023 a 139 euro al megawattora.Si sta verificando quanto avevamo anticipato, e cioè la distruzione della domanda industriale di gas a fronte di prezzi proibitivi. Le temperature miti, poi, tengono ferma la domanda civile e si è esaurita la corsa all’oro per riempire gli stoccaggi. Come conseguenza, l’offerta nel breve termine passa in surplus, facendo precipitare il prezzo. Il fatto che le scadenze con consegne più lontane restino invece su quotazioni più alte lascia intendere che dal punto di vista strutturale non tutto è sistemato, anzi, sappiamo bene che non è così. Lascia quindi perplessi, per usare un eufemismo, che nei resoconti del Consiglio europeo della settimana scorsa da parte dei media italiani si siano celebrati i poteri taumaturgici di Mario Draghi. Il quale avrebbe, lui solo, imposto assertivamente ai partner europei, e al riottoso alleato tedesco soprattutto, il meccanismo del price cap, con ciò causando un immediato e benefico calo delle quotazioni del gas (anche retroattivo, verrebbe da dire).L’uomo è senza dubbio dotato di carisma, ma è assai difficile trovare nel fumoso accordo tra i 27 qualcosa di vagamente simile al bazooka che fu sfoderato a suo tempo in altre crisi. Anzi. Il celebre tetto al prezzo del gas in realtà non c’è, perché si parla di un corridoio, che, a detta di Olaf Scholz, deve servire ad evitare i picchi di prezzo. Che il dispositivo sia in realtà un freno alla volatilità e non un massimo ai prezzi lo testimonia il fatto che si parla di corridoio, il che significa che anche un calo troppo marcato dei prezzi può essere bloccato al ribasso da un minimo. O almeno, così si può argomentare. A meno di considerare il minimo come un incentivo per i fornitori ad accettare il corridoio, garantendogli, appunto, che avranno sempre almeno un certo prezzo. Ma se questo calasse molto, come in questi giorni, vorrebbe dire non poter approfittare dei benefici sulle bollette derivanti da prezzi più bassi. Insomma, la misura è ancora tutta da discutere, sia negli obiettivi che nel meccanismo di funzionamento. Gli operatori lo sanno bene e infatti le discussioni in corso a Bruxelles non hanno influenza in questo momento sull’andamento dei prezzi. Tutti gli espedienti che l’Ue sta cercando di imbastire in questo round di negoziazioni, rispetto ai prezzi alti del gas, sono palliativi. Solo un riequilibrio strutturale di domanda e offerta può portare alla fine della crisi. Quanto più il problema si va facendo complicato, tanto più l’Ue crea sovrastrutture che gonfiano a dismisura la creatura sovranazionale, generando organismi, obblighi, strumenti, direttive, regolamenti. Per una istituzione che si vorrebbe liberale è la negazione di sé, ma soprattutto è la dimostrazione che di liberale nell’Ue c’è ben poco. Al contrario, essa inizia a mostrare tutte le caratteristiche di un potere centralizzato, burocratico, pianificatore e onnisciente, che forse ricorda qualcosa. Le variabili da tenere sott’occhio quest’inverno sono le temperature, eventuali interruzioni o diminuzioni dei flussi di gas nei vari gasdotti, continuità dei rigassificatori, rispetto del piano di abbassamento dei consumi e uso degli stoccaggi. In più, attenzione al settore elettrico, dove eventuali problemi al nucleare francese o all’eolico tedesco potrebbero rendere necessario l’uso integrativo di centrali elettriche a gas. Oggi nuova ripresa a Bruxelles: si incontrano i ministri dell’Energia europei per proseguire la discussione su solidarietà gas, acquisti congiunti e nuovo benchmark di prezzo, che sono in realtà le tre cose più concrete e fattibili di tutto il pacchetto. Presente il nuovo ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, con Roberto Cingolani in qualità di advisor.
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