2019-02-14
Cade anche l’ultima «camicia bianca» di Renzi
Il premier spagnolo Pedro Sanchez sconfitto in Parlamento sul bilancio: fatali i voti contrari di popolari e indipendentisti. Ora nuove elezioni Pd e intellighenzia pro Ue lo esaltavano come argine al populismo. Peccato che Madrid ora sia impegnata a chiudere i porti ai migranti.Secondo una regola non scritta ma ferrea, non appena un leader diventa modello ed esempio per la «giuria di qualità» della sinistra italiana, il suo crollo diventa imminente, doloroso, umiliante. La maledizione ha colpito ancora, e la caduta ha riguardato Pedro Sanchez, l'ormai quasi ex primo ministro socialista spagnolo. Descritto per mesi come l'astro nascente della sinistra europea, come la new entry (al traino di Germania e Francia) nel gruppo di testa Ue al posto dell'odiata Italia populista, Sanchez si è schiantato ieri sulla legge di bilancio. E a farlo ruzzolare a terra sono stati gli indipendentisti catalani, che hanno votato contro la finanziaria insieme ai partiti di centrodestra. Il governo si era infatti opposto alle due richieste degli indipendentisti: aprire un negoziato sull'autodeterminazione della Catalogna, e compiere un qualche gesto rispetto alla vicenda giudiziaria dei 12 leader catalani sotto processo (di fatto, prigionieri politici, nel cuore dell'Europa, che rischiano da 7 a 25 anni di carcere). Nei giorni scorsi, l'esecutivo aveva risposto in modo sprezzante per bocca del ministro delle finanze Maria Jesus Montero («il governo non cederà ad alcun ricatto»). E a quel punto l'incidente è stato inevitabile, considerando che Sanchez guidava un esecutivo di minoranza, potendo contare come nocciolo duro solo sugli 84 seggi del suo gruppo parlamentare: e la votazione è risultata un massacro, con 191 voti contro la finanziaria e appena 158 a favore (Psoe e Podemos). Dunque, con Sanchez è capitolato anche Pablo Iglesias, il leader dell'altra formazione di sinistra Podemos. I voti dei catalani hanno finito per convergere con quelli del Partito Popolare e di Ciudadanos, che guidano l'opposizione, nella quale avrà un peso crescente la destra neosovranista di Vox (non ancora presente alle Cortes). Finisce dunque dopo otto mesi un'avventura precaria in Parlamento e ancor più nel paese. Domenica scorsa, a Madrid c'era stata una manifestazione assai partecipata (con le bandiere di Pp, Ciudadanos e Vox) con una pressante richiesta di dimissioni dell'esecutivo. A questo punto, sembra quasi certa l'indizione di nuove elezioni, che potrebbero essere annunciate domani dallo stesso Sanchez per il 14 o il 28 aprile, o direttamente per il 26 maggio in concomitanza con il voto europeo. In teoria Sanchez potrebbe anche tentare di arroccarsi e resistere, prorogando il vecchio bilancio e tirando a campare fino al 2020, ma si tratterebbe di una mossa disperata. Si apre dunque un'opportunità a destra, estendendo a livello nazionale la collaborazione che da pochi mesi è stata sperimentata in Andalusia, dove alle recenti elezioni locali è stata spazzata via la sinistra (e si tratta di una regione più rossa delle nostre Toscana e Emilia-Romagna), con una maggioranza Pp-Ciudadanos-Vox. Si tratta di tre forze interessanti nella loro evoluzione: il Pp è oggi guidato dal 37enne Pablo Casado, che ha impresso una svolta pro mercato in economia e atlantista in politica estera (mantenendo un profilo cristiano sui valori); Ciudadanos ha un'impronta tutto sommato liberale; mentre Vox (ricorderete la bella intervista rilasciata alla Verità da Ivan Espinosa, braccio destro del leader Santiago Abascal) è una formazione descritta dai mainstream media europei in termini mostruosi, ma in realtà ha rappresentato una comprensibile e vigorosa reazione conservatrice ed euroscettica alla malagestione dell'emergenza immigrazione. E sta proprio qui il principale motivo del fallimento di Sanchez, che la scorsa estate scelse di fare il fenomeno, contrapponendosi a Matteo Salvini, indicando la «Spagna buona e accogliente» come contraltare all'«Italia cattiva e dai porti chiusi», e dando ospitalità in modo spettacolare e scenografico alle navi Ong respinte dall'Italia. Morale, il «capolavoro» di Sanchez è ben descritto dalle cifre diffuse dall'Agenzia Onu per i rifugiati: a fronte di un nettissimo calo degli sbarchi nel Mediterraneo e in Europa nel 2018 (114.941 persone arrivate in tutta Europa contro le 172.301 del 2017), la Spagna è diventata un autentico ventre molle per scafisti e trafficanti di uomini. I dati Onu parlano chiaro, con 57.215 persone arrivate nel 2018 sulle coste spagnole, circa la metà degli arrivi totali nel Mediterraneo e in Europa. Si tratta del record (negativo) per Madrid, che ha più che raddoppiato il dato dell'anno precedente. In pratica, un'invasione fuori controllo, alla quale poi Sanchez ha cercato di reagire richiudendo le porte, ma quando il danno si era già materializzato, e quando era già elettoralmente esploso il fenomeno politico di Vox. Così, la corsa di Sanchez è finita. Lo ricorderemo in camicia bianca svolazzante nella terrificante e pacchiana foto alla Festa de l'Unità di Bologna del settembre 2014, accanto (stessa divisa, stessa camicia) al francese Manuel Valls, al tedesco Achim Post, all'olandese Diederik Samson, e al «geniale» organizzatore e costumista della giornata, Matteo Renzi. Renzi pareva esaltato, parlò di «patto del tortellino» tra i nuovi leader della sinistra europea, nelle (loro) intenzioni vincenti e fichissimi: il risultato è che sono spariti dai radar tutti e cinque.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)