2022-03-30
Burioni vuole rifarsi la verginità sul Covid
Il virologo si fa intervistare dal «Corriere» e sostiene che da gennaio 2020, ossia prima del caos, il Covid per lui non ha avuto segreti. Peccato solo che abbia fatto avanti e indietro dalla tv cambiando tesi pressoché su ogni punto: dai rischi sanitari alle vaccinazioni. In un’intervista al Corriere della Sera il virologo Roberto Burioni ha decretato che lui medesimo a gennaio del 2020 sul virus aveva già capito tutto. Ma tutto tutto, perché, a dire da quel che ha affermato da lì in avanti, in quel tutto c’era tutto e il contrario di tutto. Ora, quando uno capisce tutto e il contrario di tutto o è Dio o non ha capito una mazza. Ci sembra che, con tutto il rispetto per lo scienziato, a gennaio 2020 il professor Burioni non avesse capito proprio tutto, nel senso comune del termine e non in quello divino.Prendiamo ad esempio cosa disse il 2 febbraio del medesimo 2020 quando, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, a proposito del Covid 19, sentenziò che «in questo momento in Italia il rischio è zero» e, alla domanda di Fazio sul perché si vedessero in giro tante mascherine, Buriotutto fece dell’ironia dicendo: «Sarà per l’inquinamento». Di lì a poco tornò sul luogo del delitto, infatti due giorni dopo, il 4 febbraio 2020, sostenne che «è molto più probabile avere un incidente stradale o essere colpito da un fulmine. Non ha seno preoccuparsi, non ha senso discriminare i cinesi, non ha senso evitare i ristoranti cinesi». Questo a febbraio 2020 avendo un mese prima già capito tutto. Chissà cosa ci avrebbe detto l’irascibile Roberto Burioni se invece di capire tutto avesse capito solo in parte. Forse che il virus veniva da Marte e che dunque si poteva prendere solo dai marziani? Forse che avrebbe interessato solo l’intestino e che quindi si poteva scacciare con dosi abbondanti di Guttalax? Chissà. Vedete, se Burioni fosse uno che avesse avuto accesso a Tele Rocca Cannuccia di Sopra, il problema non sarebbe sussistito, ma questo signore ha pontificato per mesi e mesi su una rete della Rai, cioè sul servizio nazionale e, quindi, come minimo ci si sarebbe aspettati una qualche prudenza in più. Per carità, anche gli altri non hanno scherzato seppure su altre reti e su altre televisioni ma, certamente, almeno all’inizio del contagio Burioni ha dettato legge. Ma il professore ha continuato, ad esempio, a proposito del vaccino AstraZeneca. Infatti, il 13 marzo del 2021 sosteneva la seguente tesi: «Vaccinatevi con AstraZeneca che è sicuro ed efficace». Il 17 aprile 2021, un po’ meno di un mese dopo, sosteneva la tesi opposta dicendo che «purtroppo il vaccino AstraZeneca sembra non essere efficace nell’ostacolare l’infezione». Ahimè, è sempre stato in buona compagnia, se non dei virologi certamente di molti politici e membri del governo, primo fra tutti Giuseppe Conte con il suo famoso «è tutto sotto controllo» probabilmente pronunciato sentendosi forte del «rischio zero» decretato dal virologo. Ancora nel 2021 il professore si è esercitato nelle sue dichiarazioni, questa volta a proposito del vaccino ai bambini. Ad agosto, per l’esattezza il 29, di fronte ai dubbi espressi dall’onorevole Claudio Borghi della Lega sulla somministrazione del vaccino alla fascia d’età che va dai cinque agli 11 anni, Burioni affermò che «gli unici per cui non ha senso il vaccino sono i bambini sotto i dodici anni. Dica questo in Parlamento perché è la verità». Peccato che, in risposta alla notizia che l’Agenzia del farmaco aveva approvato il vaccino, sosteneva in un tweet: «Aifa approva vaccino Covid 19 per bimbi 5-11 anni. Evviva!». Sosteneva Galileo Galilei che la scienza deve procedere per «sensate esperienze e necessarie dimostrazioni». Questo vuol dire che bisogna lasciare alla scienza i tempi adeguati per poter arrivare a dire con certezza qualcosa a proposito di qualcos’altro. Non ci riferiamo naturalmente al professor Burioni, ma vogliamo far notare che scienza e scemenza hanno delle assonanze foniche non indifferenti e questo perché queste assonanze invitano a non proclamare una scemenza quando la scienza non ha ancora fatto il suo cammino. Insomma, ci vuol prudenza per non dire una scemenza che non sia frutto di scienza. Un altro filosofo, questa volta del Novecento, Karl Popper, sosteneva, rivolgendosi anche agli scienziati, la seguente convinzione: «Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere». Per carità, anche in questo caso non ci riferiamo al chiarissimo professor Burioni che certamente ha capito sia teoria che problema, almeno dal gennaio 2020, come lui stesso ha detto. Ma ci riferiamo alla necessità per gli scienziati di essere prudenti perché fino al momento in cui le proprie ipotesi se le tengono per loro, o ne discutono in cerchie ristrette, non vi è problema. Ma quando ne parlano in pubblico possono fare dei danni perché la gente comune pensa di loro che sono scienziati e che quindi si possa fidare. Non c’è da fare chissà che. Solo adoperare l’antica virtù della prudenza, virtù di tutte le virtù, perché prima di fare un passo ti consiglia di vedere e verificare quello che dicono tutti e solo dopo farlo.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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