
Tappeto rosso dell’Europa al ministro Al-Shaibani, che torna in patria con 5,8 miliardi di aiuti. Premiati i «passi in avanti» a livello democratico di un governo «inclusivo».L’Unione europea ha spalancato, per la prima volta, le proprie porte al governo ad interim siriano, nonostante il massacro dei civili alawiti e cristiani. Ieri infatti è stato accolto a Bruxelles il ministro degli Esteri, Asaad Al-Shaibani, in occasione della nona conferenza dei donatori sulla Siria per discutere sulla «transizione inclusiva e pacifica», nonché «la ripresa socioeconomica» del Paese. È l’ulteriore conferma che la visione di Bruxelles non è stata scalfita dall’ondata di violenza, riconoscendo l’autorità della nuova leadership siriana. Basti pensare che nell’evento dell’Ue dedicato alla Siria, che si tiene dal 2017, non era mai stata invitata una rappresentanza ufficiale di Damasco. E il governo di Al Jolani non tornerà nella Capitale siriana con le mani vuote: su X il commissario europeao per il Mediterraneo, Dubravka Suica, al termine della conferenza, ha annunciato: «Il totale degli impegni ha raggiunto 5,8 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti per la popolazione siriana e la regione, mentre l’Unione europea si è impegnata per 2,5 miliardi di euro». Concludendo: «L’Unione e gli Stati membri rimangono i principali donatori con un impegno congiunto dell’80 per cento delle sovvenzioni». Nella giornata di ieri il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha spiegato: «Per la prima volta la speranza dei siriani non è in pausa. La situazione resta fragile, ma abbiamo visto l’impegno dei siriani a un governo inclusivo. I siriani hanno bisogno di maggiore sostegno, sia che si trovino ancora all’estero, sia che decidano di tornare a casa». E non è stata l’unica decisionedi Bruxelles annunciata ieri: l’Alto rappresentante dell’Unione europea, Kaja Kallas, ha dichiarato che l’ Europa procederà a rimuovere le sanzioni contro Damasco, ritenendo pure che sulla costituzione siriana siano stati fatti «buoni» passi avanti. Prima dell’annuncio di Suica, alcuni Paesi europei, sempre ieri, hanno promesso lo stanziamento di fondi destinati alla Siria: 300 milioni da parte di Berlino, quasi 10 milioni da parte di Madrid sempre «in aiuti umanitari al popolo siriano e per i rifugiati nei Paesi vicini», come ha dichiarato il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, che ha sottolineato: «La Siria non deve diventare un nuovo Afghanistan». Ma è anche il Regno Unito, dopo aver alleggerito le sanzioni contro Damasco, ad annunciare l’aumento degli aiuti umanitari ed economici fino a 200 milioni di euro.Rispetto allo scorso anno, si tratta di un calo importante di fondi a livello complessivo: nel 2024 la conferenza si era conclusa con lo stanziamento di 7,5 miliardi in totale, con l’Unione europea che aveva provveduto a fornire 2,12 miliardi per il 2024 e il 2025. Il motivo è da ricercare nella posizione statunitense, che oltre ad aver tagliato gli aiuti umanitari, è anche fortemente critica verso l’ex leader di Hts, al contrario di un’Europa che prosegue imperterrita nel sostenere il governo di transizione siriano. La spaccatura tra Usa e Ue è evidente anche nella reazione all’uccisione di 1.450 persone di cui oltre 900 civili in Siria, durante gli scontri tra gli alawiti fedeli all’ex regime di Assad e le forze di sicurezza governative, con queste ultime che sono passate casa per casa per scovare i civili alawiti. Immediata era stata la risposta di Washington con il segretario di Stato americano, Marco Rubio, che aveva condannato le aggressioni del governo siriano contro le minoranze, mentre la risposta dell’Ue è arrivata con qualche giorno di ritardo. Quindi sul divario tra Washington e Bruxelles in tema di fondi, ieri, prima della conferenza, il commissario europeo per la gestione delle crisi, Hadja Lahbib, ha riferito: «Stiamo facendo il nostro lavoro ma non possiamo colmare il vuoto causato dagli Stati Uniti. Dovremo condividere l’onere. Abbiamo bisogno di una risposta internazionale», concludendo: «Daremo di più, ma non possiamo colmare il gap guidato dagli Stati Uniti». A tale riguardo l’inviato speciale Onu per la Siria, Geir Pedersen, interpellato da Reuters, ha riconosciuto che l’ondata di violenze di quest’ultimo mese in Siria può inevitabilmente influenzare le posizioni di altri Paesi e di conseguenza anche lo stanziamento di fondi. E ha concluso: «Mentre i bisogni aumentano, il sostegno sta diminuendo. E questo è certamente tragico perché sappiamo che i prossimi mesi saranno critici».E dopo Bruxelles, oggi il siriano Al-Shaibani farà tappa a Roma per incontrare il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, con l’auspicio italiano di «lavorare a un processo politico pacifico e inclusivo che tuteli la sicurezza di tutte le comunità siriane», ha scritto il vicepremier su X, concludendo: «Solo così potremo rafforzare la stabilità economica e sociale del Paese».Spostandoci sul teatro mediorientale, cresce la tensione tra Damasco e Beirut, dove continuano gli scontri lungo la frontiera nel Nordest del Libano. Il presidente libanese, Joseph Aoun, avrebbe ordinato all’esercito di rispondere al fuoco siriano e sarebbe stato chiesto al ministro degli Esteri, Joe Rajji, di incontrare al più presto proprio l’omologo siriano, Al-Shaibani, a Bruxelles ai margini della conferenza.
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