2022-09-17
Bruxelles fischietta quando i «buoni» fanno come Orbán
Viktor Orban (Getty Images)
L’Ue rinfaccia agli ungheresi peccati commessi da tutti gli Stati, mentre gli editori la accusano: «Minaccia la libertà di stampa».Il diavolo non è brutto come lo si dipinge? O sono gli angeli a non essere immacolati come vogliono far credere? Il Parlamento europeo ha escluso dal novero delle democrazie l’Ungheria, promuovendo il ritiro dei fondi del Next generation Eu a essa destinati. Il lungo report che ha votato giovedì dovrebbe inchiodare Budapest a dodici peccati capitali, commessi nei confronti dei valori fondamentali dell’Ue. Solo che, a essere pignoli, su molte di quelle materie zoppicano anche altri Stati membri. Italia inclusa.Gli eurodeputati, ad esempio, si lamentano perché «il governo dell’Ungheria ignora il principio del primato del diritto Ue». Il perfido Orbán è in ottima compagnia: a sottoporre ogni virgola della legislazione comunitaria al vaglio della propria Corte costituzionale, infatti, è in primis la Germania. Il quantitative easing di Mario Draghi rimase appeso per mesi al verdetto di Karlsruhe. Ma nessuno si permise di evocare l’«opzione nucleare» del Trattato sul funzionamento dell’Unione. Nella fattoria degli animali europei, alcuni animali sono più uguali degli altri. Ascoltate, poi, le censure di Bruxelles sulla norma che, prolungando «lo stato d’emergenza in modo indefinito», autorizza l’esecutivo di Budapest a «governare per decreto senza limite di tempo», indebolendo «la sorveglianza sull’emergenza da parte del Parlamento». Vi ricorda qualcosa? Dov’erano gli zelanti deputati europei, quando Giuseppe Conte affastellava dpcm sul Covid, ci rinchiudeva in casa, imponeva il coprifuoco, riduceva le Camere a vidimatrici dei provvedimenti varati nei cdm notturni? Con Mario Draghi a Palazzo Chigi, dai dpcm si è passati ai decreti legge, ma la sostanza non è cambiata granché. Oltre alle mascherine, i paladini della democrazia s’erano messi i paraocchi? L’Europarlamento si dice angosciato per «la chiara tendenza alla ricentralizzazione» che si è manifestata in Ungheria, con la «carenza di risorse finanziarie disponibili alle autorità locali». Toh, pare di risentire dieci anni di doglianze dei sindaci italiani: non possiamo comprare nemmeno gli spazzaneve, se no scatta la tagliola del Patto di stabilità. Che non ci aveva imposto Orbán…Suona familiare anche la critica ai «cambiamenti alla legge elettorale perpetrati negli anni, mediante il ridisegnamento dei collegi» e i premi di maggioranza. Noi siamo passati da una legge definita, dal suo stesso autore, «una porcata», a un’altra, che oggi viene contestata dal leader del partito che ne fu promotore. E a dirla tutta, benché non sia stato ritoccato, anche il sistema francese non è pensato per favorire l’alternanza. Il doppio turno, anzi, è congegnato appositamente per evitare sbandate a destra e compattare le forze di sistema. La quinta Repubblica di monsieur le président è forse per questo un’autocrazia? Sorvoliamo, per pietà, sui «rischi di clientelismo, favoritismi e nepotismo agli alti livelli della pubblica amministrazione», che non sono un’esclusiva magiara. Tra i capitoli dolenti, per Budapest, figura ovviamente quello dell’indipendenza del potere giudiziario. Ora, non ci sono dubbi che le riforme attuate da Fidesz, il partito di Orbán, abbiano alterato delicati equilibri istituzionali. È strano, però, che a Bruxelles dormissero, allorché membri del Csm italiano si mettevano a spingere per sentenze politiche contro leader eletti, o comparivano talpe nelle Procure a beneficio del Pd.Se è incredibile che in Europa si possa mandare alla sbarra un Paese, facendo passare per discriminazione degli omosessuali il rifiuto della propaganda gender sui minori, due parole andrebbero spese altresì sul nodo del trattamento inumano dei migranti. Ci sarebbe da domandarsi, almeno, se fossero umane le ronde della gendarmerie francese al confine con l’Italia; i voli preparati dai tedeschi, con i migranti sedati da rispedire nel nostro Paese; gli hotspot siciliani traboccanti; i respingimenti degli spagnoli a Ceuta; i 6 miliardi di euro consegnati a Recep Erdogan - lui sì, un autocrate - affinché la Turchia facesse con gli stranieri la stessa cosa che ha fatto l’Ungheria. I confini si possono sigillare solamente quando lo stabilisce Berlino?Nella relazione dell’Europarlamento, le ipocrisie e i doppi standard abbondano. Chiudiamo la parziale disamina con la querelle sulla libertà di stampa. Gli onorevoli Ue, infatti, rimproverano a Orbán di aver fatto spiare attivisti, politici e giornalisti mediante il software Pegasus. Un atto gravissimo. Peccato solo che, tra i clienti di Intellexa, la società cipriota che commercializza il sistema di sorveglianza ideato in Israele, ci siano pure Grecia e Spagna. Togliamo i soldi del Recovery fund anche a loro? Ma il controcanto più comico al peana dell’Ue proviene dalla protesta degli editori europei, che contestano alla Commissione il regolamento sui media presentato ieri. «Mina i principi fondamentali della libertà di stampa», è il loro allarme, poiché istituisce un Consiglio per i servizi dei media, che accentra le funzioni delle authority nazionali, infischiandosene delle specificità dei singoli Paesi. L’Euroleviatano «solleva forti preoccupazioni di “cattura politica” dei media a scapito della libertà di stampa e della sua importanza per la democrazia». Un capolavoro. Nel giro di due giorni, mentre puntava il dito sul «regime ibrido» magiaro, Bruxelles s’è beccata il rimbrotto dei sindacati, che temono per le sorti della libertà di sciopero, e quello dei proprietari dei giornali, in ansia per la libertà di stampa. Al Parlamento Ue, però, nessuno si straccia le vesti per l’imbarazzante filotto della Commissione. E nessuno s’accorge che le pagliuzze nell’occhio di Orbán, spesso, sono travi negli occhi dei Paesi «rispettabili». Quando di mezzo non c’è il babau sovranista, è più facile voltarsi dall’altra parte. Se guardi troppo dentro l’abisso, poi l’abisso guarderà dentro di te.