2022-12-12
Bruno Vespa: «Manovra, Bankitalia non è stata neutrale Ma il governo durerà»
Il giornalista: «Intervenire sul Rdc non compete a Via Nazionale La premier non ha niente da perdere e questa è la sua vera forza».Bruno Vespa, giornalista, scrittore, e conduttore di Porta a porta: il tuo ultimo libro, La grande tempesta (Mondadori) è il quarto dedicato alla storia del fascismo e alla figura di Mussolini. A distanza di decenni, cosa fatichiamo ad accettare di quel periodo? «Non sappiamo ancora abbastanza di una dittatura durata vent’anni e gettata improvvisamente nella pattumiera. Il 25 luglio 1943, nel giro di una notte, i sostenitori del regime si dissolsero. E da quel giorno, in Italia, nessuno è mai stato fascista». Perché Mussolini doveva morire? Un processo al Duce era da evitare a tutti i costi? «Gli inglesi hanno dato una bella spinta perché venisse eliminato. Un processo pubblico a Mussolini sarebbe stato un terremoto. C’era il rischio che saltassero fuori i dettagli dei suoi rapporti con Churchill e con gli alleati». Mussolini vivo sarebbe stato scomodo anche sul piano interno? «Sì, sarebbe stato devastante, per via delle forti chiamate di correità. Per questo i comunisti, i socialisti e una parte degli azionisti hanno voluto che morisse. In sostanza, con Mussolini sarebbero finiti sotto processo anche gli italiani che lo avevano sostenuto. Basti pensare agli anni del suo impressionante consenso, quando il Duce riceveva straordinarie manifestazioni di stima anche da Roosevelt e da Churchill». Dunque Mussolini fu un capobanda o un uomo di Stato?«Fu certamente un dittatore. Con dei tratti illuminati, e con altri assolutamente tragici». Il fascismo in Italia si ostina a occupare l’attualità, visto che buona parte della campagna elettorale è stata giocata sul rischio di un ritorno autoritario. «E questo è stato uno sbaglio clamoroso. Un errore che, invece di ostacolare Giorgia Meloni, l’ha avvantaggiata. Persino a Sant’Anna di Stazzema, teatro dell’eccidio nazista e luogo simbolo della Resistenza, Fratelli d’Italia si è imposto come primo partito. O sono tutti impazziti, o qualcuno ha sbagliato strategia». Da Roberto Saviano a Michela Murgia, c’è una buona parte del mondo intellettuale e giornalistico che non ha ancora digerito il fatto di avere una donna di destra al potere? «E non lo digeriranno mai. Diciamo che è nata la Resistenza due punto zero». Ha ragione Giorgia Meloni quando accusa i giornalisti di essere stati troppo morbidi con Mario Draghi, rispetto a quanto non lo siano con lei? «Draghi è un personaggio fuori dal comune, che aveva intimidito tutti, per via del suo standing internazionale. Peraltro, non è che lui i giornalisti li trattasse benissimo…». Il governo durerà cinque anni? «In Italia fare previsioni politiche è sempre impossibile. Però, da un punto di vista tecnico, ha la possibilità di durare, se non altro perché c’è un’opposizione molto frammentata. Davvero vogliamo pensare a un Cln che va da Conte a Bonaccini, passando per Calenda e Renzi, prendendosi anche Forza Italia, disgustata dall’idea di restare al governo? Io francamente non riesco a immaginarlo. Senza contare che l’unico sbocco di un’improbabile crisi, allo stato attuale, sarebbero le elezioni anticipate».A volte sembra che la vera opposizione al governo sia dentro la maggioranza. Quelle sulla «cabina di regia» sono solo schermaglie tra alleati, o c’è qualcosa di più?«Forza Italia mi pare la componente più inquieta. Ma sono malumori che tenderei a non sopravvalutare». Nel tuo libro scrivi che il vero vantaggio di Giorgia Meloni è che «non ha niente da perdere».«Me lo ha detto lei. Non vuole essere rieletta a tutti i costi. E credo dica il vero. Questo atteggiamento rappresenta effettivamente la sua forza». Parliamo dell’opposizione «d’oltralpe». L’Eliseo dice che sul tema migranti il nodo con l’Italia non è ancora sciolto. «Quando la prima nave Ong è sbarcata in Francia, Macron si è trovato stretto tra Le Pen e Mélenchon. I contraccolpi interni preoccupano molto il presidente francese. L’Italia è disposta a ricevere 100.000 migranti all’anno, ma l’importante è redistribuirli: non possiamo semplicemente concedere un porto sicuro a chiunque arrivi. Senza contare che la Francia ha applicato gli accessi selettivi, distinguendo tra profughi veri e migranti economici, che poi è la stessa cosa che vorremmo fare noi». Hai scritto nei giorni scorsi che «la posizione francese è insostenibile», perché non possiamo diventare il «terminal passivo di traffici oscuri», rinunciando alla sovranità nazionale. «Il tema dei migranti non è tanto problema umanitario, ma geopolitico. Ogni Paese persegue i suoi interessi, a cominciare dai francesi, che in Libia hanno combinato un disastro con la morte di Gheddafi. Tutti i problemi sono nati da lì». A proposito di migranti, che idea ti sei fatto dell’inchiesta Soumahoro?«Se mia moglie circolasse griffata con i marchi più prestigiosi dalla mattina alla sera, forse a un certo punto le chiederei: cara, dove hai trovato i soldi? Allo stesso modo, se davvero uno si compra una casa dopo aver venduto 9.000 copie di un libro, allora forse dovrò chiedere un chiarimento a Mondadori…».Soumahoro non è forse un simbolo? «Per carità, il riscatto è bellissimo. È sicuramente un uomo intelligente che si è fatto da solo. Il problema è che avrebbe dovuto guardarsi dai rischi del successo. Mi meraviglia che non sapesse nulla di quanto accadeva in casa sua: ma io, che sono un garantista fottuto, debbo credergli». I politici che lo hanno scelto, i giornalisti che lo hanno glorificato, hanno peccato di mancato controllo?«Questo però mi meraviglia meno. Un bracciante di colore era un personaggio perfetto per fare rumore. E molti ne hanno approfittato». Il botta e risposta di questi giorni tra governo e Bankitalia testimonia che, tra governo e alte burocrazie, non c’è ancora equilibrio?«Più che burocrazia, la Banca d’Italia è un’istituzione, peraltro neutra fino a un certo punto. Spesso è stata contestata. Ricordiamoci che Matteo Renzi, da premier, aveva chiesto la testa di Ignazio Visco». L’uscita della banca centrale in difesa del reddito di cittadinanza ti ha sorpreso? Un’invasione di campo?«Sì, poteva starci tutto il resto, ma il reddito non è materia di sua competenza, essendo una decisione politico-sociale». Questa è inevitabilmente una manovra economica con il «pilota automatico»?«Non posso giudicare un governo dopo un mese e mezzo, con una manovra sostanzialmente già scritta prima. Gran parte dei soldi devono andare a contrastare il caro-bollette, per il resto sono stati dati dei segnali politico-identitari, che un governo ha il diritto di lanciare al suo elettorato». Insomma, in questa avventura governativa siamo ancora all’antipasto?«Direi persino prima dell’antipasto. Siamo appena all’aperitivo, devono ancora arrivare le tartine». Hai scritto che la sinistra «ha perso senza combattere». Adesso il Pd deve scegliersi un segretario. Addirittura un cattolico come Dario Franceschini decide di schierarsi con Elly Schlein, paladina dei diritti civili. Bizzarro? «Mi ha molto sorpreso, ma anche divertito. Ci sarà molto da raccontare. Se Franceschini perdesse la scommessa, finirebbe in minoranza per la prima volta nella sua vita. Quindi aspettiamo di vedere come finisce». Il centrosinistra diventerà sinistra tout court? «La scelta è netta. Stefano Bonaccini si candida nel segno della continuità riformista, mentre la Schlein virerebbe a sinistra, e con lei il patto con i 5 stelle diventerà naturale. Magari con Bonaccini ci arriveranno lo stesso, ma attraverso una strada molto più tortuosa». Il partito democratico è ancora il punto di riferimento dell’establishment, oppure dopo le ultime elezioni qualcosa è cambiato?«Certamente adesso è molto più indebolito: manca la base elettorale. Mi colpisce il fatto che, dopo aver perso gli operai, il Pd non sia più il primo partito tra gli insegnanti, categoria fino a ieri blindata, al quale il partito evidentemente non è più riuscito a dare garanzie». Questo a vantaggio di un terzo polo che con Matteo Renzi e Carlo Calenda sta facendo le prove generali per l’ingresso nella maggioranza?«Su questo sarei prudente. Voterà senz’altro alcuni provvedimenti del centrodestra, a cominciare da quelli sulla giustizia. Ma prima di considerarli maggioranza, andiamoci pianissimo».
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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