2022-02-18
Brunetta dà il bonus ai ministeriali. Alla faccia di inflazione e partite Iva
Sedotti dai bonus, gli italiani si sono sottomessi volontariamente al regime sanitario.Il ministro Renato Brunetta ha firmato il decreto e così su una grossa fetta di lavoratori pubblici, cioè i dipendenti dei ministeri, sta per cadere una pioggia di soldi. Si tratta di una somma di benefici che si sommano l’uno all’altro tra aumenti contrattuali e indennità aggiuntive, già decisi da qualche tempo ma per i quali mancava il via libera formale. È curioso che l’autografo brunettiano sia stato apposto proprio in questo momento, in cui l’inflazione riprende a galoppare, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco invita a non riavviare la spirale della rincorsa tra prezzi e salari e soprattutto la morsa dei contagi si sta allentando. Tutto appare come un bel risarcimento dopo due anni di pandemia e smart working. Peraltro il ministro della Funzione pubblica anche di recente ha tuonato contro il lavoro a distanza degli statali: «Basta far finta di lavorare», ha detto. E il tintinnio di questi soldi suona come un modo per indorare la pillola agli statali che devono tornare in ufficio.Per i 140.000 dipendenti ministeriali sono dunque in arrivo aumenti medi da quasi 1.400 euro lordi annui in base al contratto del triennio 2019/21 firmato lo scorso 5 gennaio, più altri 1.800 euro una tantum di arretrati, più un fondo di ulteriori 430 milioni di euro come adeguamento delle indennità di amministrazione. Questa somma è stata recuperata da voci messe a disposizione dalla legge di bilancio 2020. In alcuni ministeri, fra i quali quello dell’Istruzione, l’aumento medio è sui 2.500 euro lordi l’anno nell’area dei funzionari. Più si sale di categoria più il ristoro è consistente fino a toccare i 10.000 euro l’anno. Tra i ministeri con gli incrementi maggiori ci sono Salute, Istruzione, Esteri e Politiche agricole. Nella fascia intermedia si piazzano Interni, Sviluppo economico e Transizione ecologica, mentre i più bistrattati (si fa per dire) sono Economia, Infrastrutture e Giustizia.Alla fine, par di capire che a pagare il conto della crisi da pandemia saranno i soliti, cioè i lavoratori autonomi, i commercianti, le partite Iva e pochi altri. Per loro pochi ristori, meno lavoro, ridotto giro d’affari e nessun contratto collettivo che garantisca aumenti a scadenza regolare e un potere d’acquisto che regga il ritmo dell’inflazione al galoppo. Sono loro a soffrire di più in questa congiuntura. Non sono tra i lavoratori garantiti da un posto fisso e non si trovano nemmeno tra le schiere di quanti tirano avanti grazie a reddito di cittadinanza, sussidi e altri bonus distribuiti con controlli molto elastici.E forse c’è anche questa mole di aumenti e assegni sociali tra le ragioni che potrebbero spiegare perché molti italiani abbiano accettato senza troppe proteste le pesanti limitazioni di questi due anni culminate nell’imposizione a tappeto del green pass. A parte le manifestazioni di Trieste e poche altre, su cui è stata scaricata la colpa di avere provocato l’intera quarta ondata di contagi, non sono molti gli italiani che sono scesi in piazza contro il certificato verde a differenza di quanto è successo e sta capitando ancora in vari Paesi europei. Gli italiani non si sono mostrati troppo sensibili alla compressione delle loro libertà forse anche perché i massicci aiuti dello Stato hanno anestetizzato lo spirito di ribellione. Di sicuro non sono sfilati in corteo autonomi, artigiani e commercianti, tutti impegnati a leccarsi le ferite e non perdere le poche occasioni di recuperare il calo del fatturato provocato dal Covid e dalle varie limitazioni. Tanti altri se ne sono invece rimasti tranquilli in attesa del bonifico statale, che giunge puntuale a mo’ di premio proprio mentre si ammorbidiscono le restrizioni.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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